Il tema del bullismo e cyberbullismo è qualcosa che andrebbe affrontato prima di tutto nelle scuole, ed è da lì che parte il tour de Il ragazzo dai pantaloni rosa di Margherita Ferri, appena uscito al cinema. Abbiamo incontrato la regista e i due interpreti, fondamentali per l'evoluzione della storia del protagonista Andrea (Samuele Carrino): la migliore amica Sara, interpretata da Sara Ciocca, e il bullo della scuola che lo prende di mira, ovvero Christian, con il volto di Andrea Arru.
Video intervista a Margherita Ferri, Sara Ciocca e Andrea Arru
Siamo partiti chiedendo alla regista e agli interpreti da quale scintilla sono partiti per raccontare il bullismo. Dice Sara Ciocca: "Innanzitutto il bullismo è tante cose, sono tanti atti. Può essere un momento di invidia, un attimo di gelosia, un atto di debolezza e fragilità, una richiesta di aiuto. È vivo e vegeto nel nostro tessuto sociale in ogni tipo di situazione: in famiglia, a scuola, sul lavoro. Purtroppo oggi la maggior espressione del bullismo avviene sui social".
E continua: "Come mi racconta mia nonna il bullismo c'è sempre stato solo che vi era un bisogno fisico, di interfacciarsi, di affrontarsi. Oggi invece i social sono ovunque, dovunque e sempre ed è questa la problematica. Si è perseguitati da quest'ansia, da questa voce, da questo tormento, che ti attacca in qualsiasi momento della tua vita oppure della giornata ed è per questo che siamo aperti a tutto. È un mondo in cui tutti sanno tutto, sempre. Questo è il più grande rischio, la mia più grande paura sono proprio i social. Bisogna stare molto attenti e questo il film lo trasmette in maniera molto nitida".
Andrea Arru, che aveva una grande responsabilità nel portare sullo schermo il bullo della storia, si collega a ciò che ha detto la collega: "Se nel 2012 era stato creato il gruppo Facebook per prendere in giro Andrea, nel 2024 è qualcosa che purtroppo accade tutti i santi giorni. E lo si fa con una così facilità disarmante, da parte di persone che sembrano prive di emozioni, perché da uno schermo non possono trapelare. Quindi si insulta, si denigra la persona con estrema facilità: se prima era solo fisico, oggi è anche digitale, e quest'ultimo viene fin troppo sottovalutato. Quando invece può creare tanti e più disagi di quelli che uno affronta nella vita reale".
Gli effetti di una piaga drammatica
Prende la parola Margherita Ferri che rivela: "Al montaggio mi sono accorta che risultava più forte emotivamente la sequenza de Il ragazzo dai pantaloni rosa in cui abbiamo girato i dettagli dei commenti, che comprendevano anche veri post della pagina Facebook creata a suo tempo. Faceva molto più effetto della scena della rissa tra Andrea e Christian, anche se si trattava di un confronto fisico. Colpiva di più quella frase fortissima detta da uno sconosciuto dall'altra parte di uno schermo, quindi anche in modo 'protetto' e vile, perché non c'è un vero e proprio confronto. L'altro lancia dei proiettili che poi possono anche fare danni come in questa storia vera".
Ciocca sottolinea il circolo vizioso della società: "Quest'infelice accanimento nel dover primeggiare sugli altri, 'devo essere migliore di te perché devo essere il primo' è un concetto che ci opprime tanto e chi non è in questo circolo ricade nelle frustrazioni, da cui scaturiscono violenza e quindi bullismo. Parte tutto da lì: da un contesto che ci impone tante cose, e sta a noi decidere per noi stessi, capire cosa è meglio, cosa è giusto e cosa è sbagliato".
Il ragazzo dai pantaloni rosa: il bullismo nasce dal dolore
Il titolo della pellicola non è casuale. Forse un modo per riappropriarsi di ciò che è stato portato via ad Andrea: la vita. E di rivendicare il diritto di indossare quei pantaloni che hanno creato tanto scompiglio, a suo tempo. Una dichiarazione d'intenti visiva prima ancora che narrativa. Come dice la regista, parlando dei bulli come bullizzati irrisolti e quindi del personaggio di Christian: "Noi abbiamo lavorato molto sulle sue motivazioni. Non si tratta di un mostro alieno che incarna il Male ma di un personaggio umano che vive il proprio quotidiano, che è presente in tutti noi".
Riguardo i motivi che lo spingono a comportarsi in questo modo aggiunge: "C'è un senso di inadeguatezza nei confronti di Andrea e secondo me anche nei confronti della libertà che lui ha di vivere ed esprimersi come un ragazzo al di fuori dei canoni sociali. I pantaloni rosa sono esemplificativi del fatto che chi cresce, in questo caso maschio, con delle aspettative sociali di come devono essere i ragazzi, finisce per esserne ingabbiato. Christian non ha alcuno strumento per canalizzare la propria identità e quindi cerca con la violenza di uniformarsi e uniformare gli altri ad un canone che è totalmente arbitrario, assurdo e violento".