Il Mondo Secondo Garp: Robin Williams e i 40 anni di un film ancora attuale

Il romanzo di John Irving, l'attualità, il femminismo, l'avanguardia di Glenn Close, una canzone dei Beatles e il diritto all'uguaglianza: Il mondo secondo Garp, il film di George Roy Hill con Robin Williams, compie 40 anni senza dimostrarli.

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Il mondo secondo Garp: una scena

I tempi sono profondamente cambiati e chissà, oggi, un film come Il Mondo Secondo Garp sarebbe diventato direttamente una miniserie. Del resto, i temi in questone (oltre gli stessi tempi...) sono quanto mai riconoscibili e vividi. Nonostante siano passati quarant'anni dall'uscita in sala (era il 23 luglio 1982, con la prima tenutasi a New York City), e ben quarantaquattro dall'omonimo libro da cui è tratto, scritto da John Irving, il film diretto e prodotto da George Roy Hill è infatti spaventosamente attuale. Lo si potrebbe definire dramedy, ma riguardandolo ci accorgiamo invece quanto il fattore comedy sia sbilanciato a favore di un approccio marcatamente drammatico che enfatizza una spaccatura sociale e umana, schiacciata dall'evoluzione di un protagonista irregolare e, a tratti, indefinibile. Un protagonista - dal nome decisamente strano - interpretato da un grande ma ancora grezzo Robin Williams, al suo primo ruolo impegnato dopo il bislacco Popeye - Braccio di Ferro. Con lui Glenn Close, nella parte della complessa mamma Jenny Fields, un incredibile John Lithgow nei panni della transessuale Roberta Muldoon (sia la Close che Lithgow ricevettero la nomination agli Oscar) e Mary Beth Hurt in quelli di Helen Holm, moglie di Garp.

ANTICONFORMISMO, FEMMINISMO E... LUSSURIA

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Il mondo secondo Garp: una scena

Ma perché Il mondo secondo Garp è ancora così attuale? Per capirlo fino in fondo bisogna far riferimento al suo autore, John Irving, che in un certo senso si è auto-trasportato in uno dei suoi romanzi cardine, poi diventato un film su intuizione della Warner Bros. e della Pan Arts, che affidò la regia a George Roy Hill, dopo che il regista de La stangata portò sul grande schermo Una piccola storia d'amore, anch'esso tratto da un libro. L'epopea di Garp, essenzialmente, rispecchia in parte quella di Irving. A cominciare da un elemento cruciale, che tornerà prepotentemente per tutto il film: Garp, come Irving, non ha mai conosciuto suo padre. Il fulcro dell'opera e le sue svolte sono tutte concentrate sul concetto di paternità, amalgamate con uno straripante ed estremo femminismo, aggrovigliato attorno alla figura di mamma Jenny. Una mamma libera, anticonformista, coraggiosa nella scelta di concepire un figlio con un soldato morente, costruendo di conseguenza una sorta di leggenda attorno ad un gesto che somiglia tanto ad un elefante nella stanza. Tutto vero? Tutto inventato? L'importante è sottolineare quanto sia fondamentale compiere scelte libere, come concepire un bambino senza sentire la necessità di unirsi in matrimonio. Da qui, la sfida personale di Jenny, personaggio sfaccettato e avanguardista, in lotta con una lussuria che influenzerebbe negativamente il mondo, creando solchi e diseguaglianze.

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Il mondo secondo Garp: una scena

JOHN IRVING E GARP

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Il mondo secondo Garp: una scena

Una cosa è certa: il viaggio di Garp, tra il 1944 e il 1978, è lastricato dall'idealizzazione paterna, mentre la figura materna resta la certezza, l'abbraccio in cui tornare, la luce perpetua. Innamorato delle parole e (s)fortunato autore - altro rimando alla vita di Irving -, Garp seguirà l'ascesa letteraria di sua madre femminista, autrice di un libro che esamina e rielabora, appunto, il concetto di lussuria e sessualità umana. Dal canto suo avrà tre figli da sua moglie Helen, affronterà innumerevoli difficoltà e innumerevoli soddisfazioni e noi, insieme a lui, ci ritroveremo al centro di un flusso incostante di immaginazioni, contraddizioni, storture umane, sorprese e svolte. Sopra, una fitta coltre di estremismo, di pregiudizi, di imparità di genere, di intolleranza sociale che fotografa perfettamente l'altro lato degli Stati Uniti, e che tutt'ora non è stata minimamente superata.

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ROBIN WILLIAMS, GLENN CLOSE E I BEATLES

Il film di George Roy Hill, oltre a mantenere una certa modernità, anticipando di molto il frutto dei nostri inconsueti tempi, è anche un'ottimo esempio di cinema narrativo. Il racconto resta al centro, non viene mai perso di vista e la regia così come gli interpreti sono funzionali alla sceneggiatura. Tutto resta lieve, sfumato, misurato: Robin Williams nella sua rigogliosa epifania da attore leggendario è un Garp perfetto, ed essere stato scelto quando ancora era agli inizi dona alla parte una naturalezza e un'istintività unica. Dall'altra parte, Glenn Close mette in scena una mamma anticonformista, a modo suo rivoluzionaria, e lo fa con una precisione che sole le grandi attrici sanno maneggiare. Una storia miscelata da concetti senza tempo - e attenzione alla disamina sulla morte - intervallata da tre brani iconici (When I'm Sixty-Four dei Beatles, There Will Never Be Another You del 1942 e Long Way To Go di Alice Cooper), per un film che non sembra essere invecchiato di un minuto.

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Il mondo secondo Garp: una scena