Recensione Lupin III: Il castello di Cagliostro (1979)

Per il suo lungometraggio d'esordio, datato 1979, Hayao Miyazaki riprende i personaggi di una delle più note serie televisive dell'animazione giapponese, serie a cui lui stesso collaborò.

Il ladro e la fanciulla

Per il suo lungometraggio d'esordio, datato 1979, Hayao Miyazaki riprende i personaggi di una delle più note serie televisive dell'animazione giapponese, serie a cui lui stesso collaborò: parliamo ovviamente di Lupin III, forse il più longevo anime della storia, con un gran numero di serie televisive e di film per un personaggio il cui successo, a oltre trent'anni dalla sua prima apparizione televisiva, non accenna tutt'oggi a diminuire. Più precisamente, il regista rielabora qui alcuni spunti contenuti in tre degli episodi da lui diretti della prima, storica serie del 1971, costruendo loro intorno una storia di spionaggio che vede coinvolti tutti i personaggi originariamente creati dalla fantasia del fumettista Monkey Punch.

La personalissima concezione che Miyazaki ha del cinema di animazione si nota già con chiarezza, pur trovandosi il regista a lavorare su un soggetto non suo: lo storyboard disegnato meticolosamente, l'attenta scelta delle "inquadrature", l'importanza della fotografia e della musica come parte integrante del tutto: è una regia assolutamente e squisitamente "cinematografica", quella di Miyazaki, che si ritrova già anni luce avanti a quella della sua controparte americana (la Disney, nella fattispecie) e anticipa di anni le tendenze del cinema di animazione giapponese a venire. La sfrenata, surreale fantasia del regista, e nel contempo la sua eccezionale, rigorosa abilità tecnica, si esaltano soprattutto nelle scene d'azione: da ricordare in particolar modo quella, mozzafiato, dell'inseguimento in macchina all'inizio del film, sequenza che attirò addirittura l'attenzione di Steven Spielberg che la definì una delle migliori scene d'azione mai viste al cinema. In più, Miyazaki da' un taglio molto personale alla vicenda, che la fa differenziare dalla sua controparte televisiva pur mantendendone sostanzialmente invariato lo spirito e le caratteristiche di base.

Quella che ci viene presentata è in definitiva una fiaba, ben mascherata sotto un intreccio di spionaggio: gli archetipi della fiaba ci sono tutti, dalla fanciulla imprigionata in un castello, al suo crudele carceriere, al cavaliere che deve liberarla, per finire con il tesoro nascosto. L'abilità di Miyazaki è stata quella di aver trasportato questi elementi in un contesto contemporaneo, integrandoli alla perfezione con l'intreccio di base e mantenendo un'unità di tono assolutamente invidiabile. Fondamentale e coinvolgente è la storia d'amore contenuta nel film, un amore che affonda le radici in un lontano, dimenticato passato, e che vede coinvolti due personaggi estremamente diversi (una nobile fanciulla e un fuorilegge dal cuore d'oro): un motivo che il regista dimostra di padroneggiare perfettamente, e con il quale riesce a coinvolgere immediatamente lo spettatore. Da ricordare a questo proposito la bella sequenza del primo incontro tra Lupin e Clarisse, con la luce soffusa, l'atmosfera estremamente dolce (ben sottolineata dal tema musicale di Yuji Ono), e il primo, magnetico contatto di due universi all'apparenza distanti che si attraggono tuttavia vicendevolmente: oggetti dell'attrazione sono ciò che a ciascuno dei due manca, ovvero l'innocenza da una parte, e la libertà assoluta dall'altra. Un altro motivo che nel film acquista uno spessore drammatico inedito è quello del dualismo, mutuato dalla serie, tra Lupin e il suo acerrimo rivale, l'ispettore Zenigata: a quest'ultimo in particolare, la sceneggiatura da' uno spessore tutto nuovo, presentandolo come un irreprensibile difensore della legalità e della giustizia che finisce per scontrarsi con i suoi superiori, complici degli intrallazzi politico-economici che permettono al Conte di Cagliostro i suoi loschi traffici. Così, l'uomo si troverà incredibilmente dalla stessa parte del suo rivale storico: i due arriveranno a lottare fianco a fianco e mostreranno alla fine un rispetto reciproco che travalica i rispettivi, antitetici ruoli. E' un tema, questo del rispetto tra due antagonisti "naturali", mutuato da tanta cinematografia noir americana ed europea, che qui va a rinnovare uno dei motivi portanti del soggetto originale, infondendogli nuovo interesse.

La sceneggiatura, scritta da Miyazaki insieme al suo co-sceneggiatore Tadashi Yamazaki, si traduce quindi in un intreccio strutturato in modo perfetto, e i personaggi sono delineati in modo che possa facilmente affezionarvisi sia chi ha conosciuto e amato la serie televisiva, sia chi ne è completamente digiuno. Ma il punto di forza principle di questo film è proprio la regia, che con il suo carattere cinematografico e il suo perfetto equilbrio tra romanticismo, azione, suspence e commedia, fa già capire che ci si trova senza ombra di dubbio di fronte a un vero autore: un autore che era evidentemente insofferente dei vincoli imposti dal mercato delle serie televisive e cercava nel lungometraggio un mezzo per poter esprimere più liberamente quella che era già la sua poetica (la formazione dello Studio Ghibli, infatti, verrà dopo pochi anni).
Un film da recuperare e guardare con attenzione, quindi, qualcosa di più rispetto a un semplice esordio e qualcosa di più, anche, rispetto a uno dei tanti episodi che compongono la cosmopolita galassia di uno dei personaggi più amati del mondo dell'animazione, di tutte le latitudini.

Movieplayer.it

4.0/5