Il giorno e la notte, Daniele Vicari: “Fare cinema in pandemia, l’unico modo serio per reagire all’isolamento"

Intervista a Daniele Vicari, il regista di Diaz, che realizza un film interamente girato a distanza su un set virtuale durante il lockdown dello scorso anno tra marzo e maggio 2020.

Daniele Vicari presenta al Festival di Roma 2008 il suo 'Il passato è una terra straniera'.
Daniele Vicari presenta al Festival di Roma 2008 il suo 'Il passato è una terra straniera'.

Cosa è successo al mondo del cinema durante i primi mesi del lockdown tra marzo e maggio 2020? Come tutto il resto del comparto artistico si è fermato: sale chiuse, set bloccati, un lungo fermo immagine a cui Daniele Vicari ha provato a rispondere a modo suo. Come? Con un film, Il giorno e la notte su Raiplay dal 17 giugno, girato interamente a distanza su un set virtuale "con il direttore della fotografia a Torino, il fonico a L'Aquila, gli attori sparsi per tuta Italia". Ogni interprete, seguito da remoto da un'equipe di tecnici sempre pronta a intervenire, ha trasformato la propria casa nello spazio delle riprese, ha preparato i costumi, ha pensato al trucco e provveduto all'illuminazione. Un'esperienza collettiva, "abbiamo creato un'unità sentimentale" e di condivisione che in questa intervista Vicari prova a spiegarci così.

La video intervista a Daniele Vicari

La genesi

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Il giorno e la notte: un'immagine

"Fare cinema in quella situazione ci sembrava un modo sano di reagire all'imprigionamento che stavamo vivendo. Non abbiamo preso bene il concetto di distanziamento sociale, mentre abbiamo accettato diligentemente quello di distanziamento sanitario. Improvvisamente siamo diventati dei pazienti in attesa che qualcuno ci curasse", esordisce il regista di Diaz, mentre spiega l'urgenza da cui parte Il giorno e la notte.
Poi ci tiene a precisare che "rinunciare alle proprie idee e al proprio modo di esprimersi è un errore catastrofico da non commettere mai nemmeno se si è prigionieri in un carcere o in un campo di concentramento. Rinunciare a se stessi è sempre sbagliato", ed è questo uno dei motivi per cui è nato il film. Il cinema come atto di resistenza dunque, perché "concepire un'opera cinematografica che doveva fare i conti con questo imprigionamento, ma libera e legata solo al nostro desiderio di esprimerci, ci sembrava l'unica cosa seria da fare".

Il giorno e la notte, la recensione: Vite sospese

L'isolamento

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Il giorno e la notte: una scena del film

La storia non racconta direttamente la pandemia, ma mette in scena le vicende di nove personaggi sorpresi nell'isolamento delle proprie abitazioni, dopo la minaccia di un attentato terroristico nella città di Roma che ha portato le autorità a obbligare i cittadini a rimanere chiusi nei luoghi in cui si trovano. L'idea della minaccia terroristica viene da una riflessione: "Ho avuto la sensazione che fossimo già abituati a stare chiusi in casa. Nell'ultimo ventennio a partire dalle Torri Gemelle o addirittura da Genova 2001 in poi, gli attentati che si sono susseguiti nelle nostre città ci hanno consigliato di rimanere fermi, di non muoverci e restare ognuno nelle proprie case." - racconta - "I social ci hanno dato la sensazione di una libertà del tutto falsa. Quindi quando durante la pandemia ci è stato chiesto di rimaner in casa, eravamo cotti a puntino e ancora oggi facciamo fatica a vivere nostra socialità in maniera limpida e chiara".

Cinema come ricerca della verità

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Il giorno e la notte: una sequenza del film

Il giorno e la notte risponde perfettamente ad una visione del cinema come sguardo sul reale e ricerca della verità, un imperativo a cui Vicari non ha mai rinunciato: "Se il cinema non ci aiuta a guardare dentro e intorno a noi e a capire ciò che stiamo vivendo, allora diventa una cosa qualunque e serve a ben poco. È giusto fare spettacolo puro, ma anche nell'entertainment c'è un'intenzione, un racconto e una interpretazione del mondo". Diversamente conclude, "il pubblico lo abbandona".