È Gattopardo mania, signori! La serie Netflix con protagonista Kim Rossi Stuart ha risvegliato la passione per il romanzo di Tomasi di Lampedusa e spinto le persone a rivedere il film di Luchino Visconti, uscito nel 1963, in cui a interpretare il Principe di Salina è Burt Lancaster. In streaming dal 5 marzo, quest'ultima versione della storia dei nobili siciliani presenta diversi cambiamenti rispetto ai suoi predecessori.

Pubblicato nel 1958, il libro è diventato presto un classico della letteratura italiana, entrando a tal punto nella cultura popolare da meritare la creazione di un termine, "gattopardismo", ispirato alla sua frase più celebre, pronunciata da Tancredi, nipote del Principe: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi".
In maniera perfettamente coerente a se stessa, questa storia, a 67 anni dalla pubblicazione e a 62 dall'uscita della pellicola, ha cambiato effettivamente la sua forma, così da poter mantenere la propria essenza anche nella versione televisiva. Scopriamo quindi quali sono le differenze tra libro, film e serie de Il Gattopardo.
Il Gattopardo: dal romanzo al film, fino alla serie tv
Il libro di Tomasi di Lampedusa è stato scritto dall'autore nei suoi ultimi anni di vita, tra il 1954 e il 1957, e ha rischiato di non essere mai letto da nessuno. Fu infatti rifiutato da diversi editori, per poi essere stampato da Feltrinelli nel 1958, grazie a Giorgio Bassani. L'anno dopo vinse il Premio Strega, di cui però l'autore siciliano non seppe mai nulla, perché morì il 23 luglio 1957. Aristocratico, per la storia lo scrittore si è ispirato alla sua famiglia: il Principe di Salina è infatti basato sul suo bisnonno.

Visto il grande successo editoriale, il produttore Goffredo Lombardo, fondatore della Titanus, comprò i diritti del romanzo nel novembre del 1958. Lombardo produsse Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti e nel 1960 affidò al regista il progetto. Il regista si innamorò del romanzo e, a causa della sua proverbiale mania per i dettagli e l'accuratezza storica (pretese che arrivassero ogni giorno sul set in Sicilia fiori freschi direttamente da Sanremo), i costi del film furono di 3 miliardi di lire. La prima di Il gattopardo si tenne al Cinema Barberini di Roma il 27 marzo 1963 e il film vinse la Palma d'Oro al Festival di Cannes. Nonostante il successo e i premi però, la pellicola, insieme a Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, provocò il fallimento della Titanus.
Un grande impiego di mezzi c'è stato anche per realizzare la serie Netflix: i sei episodi hanno avuto un budget di 50 milioni di euro, diverse location in Sicilia, 5mila comparse e anche l'impiego sul set di 100 animali (compreso lo splendido levriero irlandese, Bosco, il cane di Don Fabrizio).
Angelica e Tancredi
Come abbiamo detto, nel film di Visconti a interpretare il Principe di Salina è Burt Lancaster, mentre nella serie è Kim Rossi Stuart. Per quanto riguarda i personaggi di Angelica e Tancredi, invece, nella pellicola sono Claudia Cardinale e Alain Delon, mentre oggi sono Deva Cassel e Saul Nanni, che, dopo essersi conosciuti sul set, sono diventati una coppia anche nella vita. L'immagine di Cardinale che balla è diventata iconica. E sebbene oggi non si possa fare a meno di pensare a lei quando ci immaginiamo Angelica, in realtà Cassel è più vicina alla descrizione del personaggio che si può leggere nel libro. La prima aveva infatti 25 anni quando ha girato, mentre la seconda 19: proprio come Angelica. Nel testo si legge: "Bellissima ragazza dagli occhi verdi, la bocca a forma di cuore, l'incarnato lucente e la chioma corvina".

Anche Saul Nanni è vicino alla descrizione del personaggio nel libro: "Tancredi è un giovane sul cui viso magro e triangolare spicca un'espressione beffarda che tanto attrae. Gli occhi di un azzurro torbido, spuntano a fatica, ma pur sempre ridenti, dalle fessure delle palpebre".
Il vestito di Angelica
Un elemento differente in ognuna delle tre versioni di Il Gattopardo è il vestito di Angelica al ballo. Nel libro Tomasi di Lampedusa dice che la ragazza ha un abito rosa, con dei guanti lunghi. Nel film di Visconti, invece, il costumista Pietro Tosi, dopo accurati studi dell'epoca, scelse il bianco. Confezionato dalla sartoria Tirelli, era in étamine bianco grezzo, con un'applicazione di un soutache a disegno geometrico (ornamento tipico del Secondo Impero).

I costumi della serie Netflix sono invece di Carlo Poggioli, che ha conosciuto Tosi, scomparso nel 2019. Ha lavorato con il professore Raffaello Piraino, esperto di storia del costume siciliano. Il colore scelto questa volta è il rosso.
Concetta

La più grande differenza della serie rispetto al libro e al film è l'aver reso il personaggio di Concetta, figlia del Principe, protagonista. Nel testo è sottomessa e ubbidiente: il padre la ama proprio per questo suo carattere rispettoso.
Nell'adattamento televisivo invece è molto più forte, confronta a viso aperto sia Tancredi che il padre, contestandone l'autorità. Il suo punto di vista diventa fondamentale: è un po' come se Concetta fosse lo sguardo di noi spettatori. Uno sguardo moderno su un mondo ormai lontanissimo da noi. A interpretarla è Benedetta Porcaroli, mentre nel film del '63 è Lucilla Morlacchi.
Gli sceneggiatori della serie, Richard Warlow e Benji Walters, hanno preso spunto da uno degli ultimi capitoli del romanzo, che è raccontato proprio dal punto di vista di Concetta, inasprita dal vedere sfumato un amore, quello per Tancredi, che le ha preferito Angelica, forse mai davvero esistito. Ampliando questa idea, hanno dato una vita tutta nuova al personaggio.
Il finale di Il Gattopardo

Il Principe muore nel 1883. Nella serie Don Fabrizio chiama la figlia a sé e le lascia in eredità la sua tenuta, che lei mantiene con tutta la famiglia. Mentre nel romanzo Concetta detesta Angelica, ritenendola responsabile della propria infelicità, nella serie la figlia di Don Calogero Sedara contribuisce alla gestione della tenuta dei Salina con i suoi investimenti. Nel libro il finale è più amaro: si conclude nel 1910 e i figli del Gattopardo si litigano le spoglie di ciò che è rimasto dei beni del padre.