Il drago dei desideri, la recensione: la fiaba di Aladdin, dal deserto alla metropoli

La nostra recensione de Il drago dei desideri, il nuovo film animato disponibile su Netflix che rivisita in chiave moderna la celebre fiaba di Aladdin.

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Il Drago dei desideri: una sequenza del film animato

In questa recensione de Il drago dei desideri parleremo di una storia di sicuro non originale, ma che parlerà al cuore di molti. Disponibile dal 13 giugno 2021 su Netflix, vanta come produttore esecutivo l'attore ed esperto di arti marziali Jackie Chan per la scrittura e la regia dell'ex-illustratore Chris Appelhans, qui al suo non semplice esordio come regista di un lungometraggio. Il drago dei desideri è, infatti, una rivisitazione della celebre fiaba di Aladdin presente ne Le mille e una notte e già affrontata ampiamente da un colosso come DIsney. Non è comunque possibile, né corretto, proporre paragoni tra i prodotti della casa di topolino e questo della Sony Picture Animation in quanto è proprio il differente adattamento e la trasposizione delle vicende ai giorni nostri a renderla di nuovo fruibile ad un pubblico vasto e di tutte le età.

La lampada si fa teiera nella trama

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Il Drago dei desideri: un'immagine del film d'animazione

La storia ha inizio con la tenera e vivace amicizia tra due bambini abitanti della vivace e colorata periferia di Shanghai, un luogo lontano dagli sfarzi della metropoli, ma ricco di persone umili e socievoli, un posto in cui il vicinato ha ancora un valore e dove è difficile sentirsi soli nonostante le difficoltà economiche e il duro lavoro che ciascuno affronta quotidianamente. Din e Li Na sono cresciuti qui, sempre insieme ad inventare nuovi giochi e a combinare qualche guaio, questo fino a che il padre della bambina non riceve una buona offerta di lavoro e si trasferisce in città separando i due amici. Dopo il triste evento, gli anni passano, ma Din non si è ancora dato per vinto: impossibilitato a dimenticare l'amica, lavora come un pazzo per poterla incontrare di nuovo, rischiando persino di tralasciare i suoi studi. Un giorno, mentre effettua una consegna a domicilio, incontra uno strano vecchietto in mutandoni colorati che gli rivela di essere un dio e che gli affida un oggetto misterioso: una teiera all'apparenza insignificante che, però, nasconde un segreto. La sera, infatti, dopo essersela ritrovata nello zaino, il ragazzo inavvertitamente si ritrova ad esprimere un desiderio ed è in quel momento che davanti a lui appare un drago (interpretato in originale da John Cho), rosa e morbidissimo, pronto ad esaudire ben tre desideri.

Le ambientazioni e i colori

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Il Drago dei desideri: una scena del film

Seppur ci sia parso di cogliere più di qualche piccola citazione, specialmente nella mimica facciale e nelle movenze, al genio della Disney, quello proposto ne Il drago dei desideri è qualcosa che riesce a mantenere un certo grado di originalità. Ambientato nella Shanghai dei giorni nostri ci trasporta, invece che nelle sabbie del deserto, in una metropoli caotica e colorata, piena di persone che cercano di rendere migliore la propria vita. Se la periferia ci ricorda ed incarna l'immaginario della Cina tradizionale, la città è assimilabile ad una qualsiasi delle nostre metropoli, sormontata da grattacieli grigi e giganteschi dove la ricerca del lusso sembra essere la priorità. Risiede proprio in questa estrema ed opposta caratterizzazione dei due mondi il primo aspetto positivo di questo film. Quelle che vengono rappresentate sono le due anime non solo di un paese in rapida via di sviluppo, ma caratterizzano le due più grandi fazioni contrapposte che troveremo nella storia: l'autenticità dei sentimenti che prevale sulla, spesso, troppo artificiosa ricerca dello sfarzo, sull'ostentazione di una vita che se rispecchia il nostro conto in banca non ci definisce come persone.

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Una morale contemporanea

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Il Drago dei desideri: un momento del film animato

La morale, in effetti, risiede proprio nel semplice ma veritiero assunto che I soldi non fanno la felicità: la vera gioia è negli affetti, nei piccoli gesti e nelle relazioni umane più autentiche e sincere. Si può possedere tutto e continuare ad ever bisogno di tutto, si può possedere l'indispensabile ed essere soddisfatti di una vita piena e ricca di beni non materiali ma indispensabili. La parabola raccontata celebra quello che altro non è che il trionfo dell'equilibrio, tra tradizione e modernità, tra sfarzo e semplicità, tra ostentazione e autenticità; l'equilibrio è alla base di ogni cosa e come tale ci riporta alla mente il fulcro di molte filosofie orientali caratterizzando ulteriormente la pellicola.

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Il Drago dei desideri: un'immagine del film

Se le basi culturali costituiscono l'impronta principale de Il drago dei desideri, non possiamo parlare con lo stesso entusiasmo del character design che, fatta eccezione per il drago, risulta estremamente semplice e a tratti un po' troppo stereotipato per una produzione che punta tutto sui colori e sul contrasto delle atmosfere. Il film è comunque un prodotto godibile, adatto un po' a tutti ma rivolto principalmente a spettatori preadolescenti che iniziano ad affacciarsi con maggiore consapevolezza ad un mondo dove il consumismo sembra ormai possedere il ruolo di divinità.

Conclusioni

Come affermato nella nostra recensione de Il drago dei desideri, questa produzione di Sony Picture Animation reinterpreta in chiave moderna la fiaba di Aladdin. È, infatti, nell’adattamento la sua forza: abbandonando le sabbie del deserto per la metropoli e sostituendo il celebre genio con un soffice drago, il film si apre ad un pubblico più vasto attualizzando persino la morale stessa della fiaba. Qualcosa in più, forse, poteva essere fatto sul lato del character design.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • L’ambientazione, moderna e colorata.
  • Il contrasto ben caratterizzato tra la Cina tradizionale e quella moderna.
  • La morale resa più attuale.

Cosa non va

  • Il character design in alcuni casi troppo stereotipato.