Recensione The Blues: Dal Mali al Mississippi (2002)

Dalle rive del Niger a quelle del Mississipi, le voci che hanno rivoluzionato la storia della musica.

Il cuore nero dell'America

Eccoci al secondo atto del progetto in sette capitoli dedicato alla storia del Blues di Martin Scorsese, che firma il documentario Dal Mali al Mississipi, dopo The Blues: l'anima di un uomo di Wim Wenders.
Si tratta di un progetto molto ambizioso che ripercorre attraverso le pellicole, le fotografie, le registrazioni ancora conservate dei pionieri della musica, la storia dei Bluesmen d'America, dell'America delle piantagioni di cotone, degli schiavi e della sofferenza, che hanno dato vita alla musica per eccellenza.
Una serie di documentari per non dimenticare le origini di quest'arte, per raccogliere le testimonianze, le voci di questi mostri sacri.
In questa circostanza Scorsese ricostruisce la storia del blues nato sulle rive del Mississipi, coinvolgendo un bluesman dei nostri giorni, Corey Haris (un musicista del Colorado) che accompagna lo spettatore in questo viaggio alla ricerca dei pionieri.

Verremo letteralmente sopraffatti da una moltitudine di immagini, fotografie, interviste, apparentemente senza un reale ordine, che ci doneranno l'atmosfera di un tempo lontano, degli anni '30, '40 e '50 per esempio, quando nascevano queste voci incredibili che cantavano la propria sofferenza, la propria schiavitù.
Conosceremo nel giro di un'ora un'intera generazione, che ha girato il mondo e ha conquistato il successo, raccontando le proprie origini, la propria vita: nomi importanti come Robert Johnson, Muddy "Mississipi" Waters, Son House e Otha Turner che ancora oggi ci incanta con il suo piffero costruito a mano.

In un vortice di voci e visi che solo i più attenti riconosceranno, emerge quel mondo che tutti conoscono per fama ma che pochi hanno realmente "ascoltato" in tutte le sue sfumature.
Una rara opportunità per immergersi in una realtà così affascinante e viva, in cui emergono tanti nomi che ancora riecheggiano nei concerti di tutto il mondo, come dimostra il giovane protagonista di questo viaggio nel passato, proponendo tutte le canzoni che hanno fatto la storia, come "I can't Be Satisfied" e "I feel like Going Home" di Muddy Waters.

Capiamo come il blues sia il frutto di un'esigenza vitale, per non sprofondare di fronte alla fatica e all'ingiustizia, tanto che nei visi consumati dal tempo e dal dolore dei pionieri ancora vivi, leggiamo tutta la loro sofferenza e al contempo la loro forza, che li ha portati ad essere considerati dei mostri della musica.
La seconda parte del documentario è dedicata all'Africa, la vera sorgente del blues, che infatti ritorna nel titolo The Blues: Dal Mali al Mississippi, ed è concentrata sulle immagini moderne del viaggio questa volta sulle rive di un altro fiume, il Niger, del giovane bluesman che incontra cantanti famosi di musica africana contemporanea, come Salif Keta, Habib Koité e Alì Farka Touré, che illustrano le origini degli strumenti tradizionali e della musica africana degli antenati del blues, che i neri d'Africa hanno composto una volta raggiunte le sponde americane.
Si tratta della stessa gente che ha deciso di emigrare ma non di rinnegare le proprie origini, ed è per questo che le canzoni hanno lo stesso sapore e parlano delle stesse sofferenze.

Se la prima parte del documentario è affascinante perchè è composta quasi unicamente dal materiale d'archivio, in un collage frenetico che ripercorre le tappe della storia del blues sulle rive del Mississipi, con il commento dello stesso regista Martin Scorsese che introduce agli spettatori questo viaggio, la seconda lo è perché ci mostra delle immagini contemporanee della terra che è all'origine di questo grande movimento musicale, di cui chiaramente non si custodiscono immagini di repertorio.
Un excursus dunque dalle immagini in pellicola datate di un passato abbastanza recente alle immagini digitali di un mondo che sopravvive grazie alle tradizioni tramandate di famiglia in famiglia, che i musicisti intervistati contribuiscono a farci conoscere.
Un'occasione da non perdere soprattutto per chi non conosce approfonditamente il Blues, per poter respirare un'ora e mezza di veri sentimenti e anime sofferenti, L'anima di un Uomo come ci suggerisce Wim Wenders, l'anima dei bluesmen del delta del Mississipi.