In questa recensione dei Il commissario Ricciardi cercheremo di mettere in luce aspetti positivi e negativi di una serie che seppur segua i canoni classici del racconto giallo, risulta essere più complessa di quanto ci si aspetti sia nella narrazione che nella realizzazione. Tratta dall'omonima serie di romanzi ad opera dello scrittore Maurizio de Giovanni, editi da Giulio Einaudi Editore, la fiction è diretta da Alessandro D'Alatri per la sceneggiatura dello stesso De Giovanni insieme a Salvatore Basile, Viola Rispoli e Doriana Leonfedd. In onda dal 25 gennaio 2021 su Rai1 per sei prime serate, il commissario Ricciardi si pone il preciso obiettivo di intrigare lo spettatore proponendo una commistione di generi - poliziesco, mistery e melò - non di certo inedita ma di sicuro successo, trasponendo le vicende nei suggestivi e complessi anni '30, in una Napoli misteriosa, affascinante e talvolta oscura, in un'Italia che avrebbe conosciuto presto gli orrori della guerra dei quali si percepiscono già gli inquietati presagi.
Una trama divisa tra il giallo e il melò
Nella Napoli del 1932 Luigi Alfredo Ricciardi ha trent'anni ed è il commissario della Mobile. Il suo lavoro è per lui vocazione e ossessione, gli dedica le sue giornate indagando sui casi più delicati e complicati. Le sue spiccate abilità deduttive non sono, però, l'unico suo talento: Ricciardi porta dentro un inquietante segreto, una maledizione ereditata da sua madre, che lo porta spesso lontano dalle persone: può vedere i fantasmi di coloro che sono morti in modo violento ascoltandone l'ultimo pensiero. A causa della difficoltà nel gestire una tale capacità, l'uomo si è sempre tenuto lontano dalle relazioni sentimentali anche se l'amore arriverà, prepotente e inesorabile, con la persona della timida ma determinata Enrica, una giovane maestra che gli abita davanti e che è solito guardare dalla finestra prima di addormentarsi, ritrovando quel senso di calore e familiarità che per pochi istanti è in grado di strapparlo dalla solitudine. A stravolgere la vita del commissario ci sarà anche Livia, donna indipendente e sensuale che tenterà di fare breccia nel cuore dell'integerrimo Ricciardi. Nella prima puntata vedremo il protagonista alle prese con l'omicidio di un noto tenore avvenuto durante uno spettacolo al teatro San Carlo, il caso appare da subito intricato ma la verità potrebbe essere ben diversa da come la vicenda appare.
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Le ambientazioni suggestive
Suggestiva, intrigante, affascinante, la Napoli degli anni trenta è di sicuro l'elemento che maggiormente impreziosisce questa serie. Ne scopriamo i monumenti e i luoghi storici, ci addentriamo per i vicoli bui ed oscuri fino a giungere nei quartieri più popolari dove le case si fanno più vicine e la gente si ritrova spesso in strada. È in questa ambientazione che la storia prende vita e i personaggi si muovono come su un palcoscenico; la messa in scena, che risulta molto teatrale, si sposa abbastanza bene con lo stile del racconto, richiamando in alcuni momenti i classici del cinema noir americano, contaminati dalle atmosfere di un'Italia che si appresta a vivere il difficile periodo del fascismo e della guerra. L'aderenza storica sembra, infatti, essere stata una delle priorità: la serie ci tiene a trasportare nel modo più fedele possibile, lo spettatore in quell'epoca e lo fa tramite i costumi, le immagini e i dettagli di scena, piccole particolarità in cui l'occhio più attento può perdersi con curiosità.
Tanti elementi da bilanciare
Una delle insidie più grandi a cui è andata incontro questa fiction è stata sicuramente il dover bilanciare i tanti generi di cui è composta in modo armonico e credibile. Purtroppo dobbiamo riconoscere che la serie non sempre riesce nell'intento, fallendo più volte proprio sulla componente mistery che la distingue dalle altre dello stesso genere: i fantasmi, che tormentano la vita e le indagini del commissario, risultano troppo spesso grotteschi, quasi delle macchiette se rapportati alla sobrietà della messa in scena che li circonda; avremmo, forse, preferito vederli meno ma in modo più incisivo, poiché spesso ciò che percepiamo ma non vediamo in modo chiaro racconta molto più di qualcosa che viene mostrato in modo esplicito. È chiaro fin da subito l'influsso negativo che hanno sulla vita del protagonista, il tormento a cui viene sottoposto ad ogni apparizione e ci sarebbe piaciuto vedere esplorato maggiormente questo aspetto.
Il commissario Ricciardi è un uomo di poche parole e ci auguriamo che i suoi tormenti vengano indagati ed esplorati con maggiore enfasi nelle prossime puntate. Un augurio per le prossime serate è anche quello di vedere approfonditi i tanti personaggi secondari che circondano il protagonista, potenzialmente molto interessanti: Enrica (Maria Vera Ratti) e Livia (Livia Lucani), due donne tanto diverse ma entrambe determinate che, nella prima puntata, ci vengono mostrate quasi esclusivamente sotto la luce degli stereotipi dell'epoca ma che, ne siamo certi, avranno molto ancora da raccontare, così come il Brigadiere Maioni (Antonio Milo), un uomo generoso e capace che in famiglia vive un grande lutto.
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Conclusioni
Come affermato nelle nostra recensione de Il Commissario Ricciardi, questa fiction in onda su Rai 1 ha il pregio di mostrarci una Napoli inedita e suggestiva, quella degli anni trenta, che non può far altro se non affascinare lo spettatore. Interessante la commistione di generi anche se non sempre ben bilanciata, specialmente per quanto riguarda la componente mistery. Ci riserviamo di guardare le prossime puntate per esprimere un giudizio più completo sui personaggi che nella prima serata sembrano rimanere un po' troppo prigionieri dei cliché di genere.
Perché ci piace
- La messa in scena, suggestiva e interessante.
- La commistione di generi: poliziesco, mistery e melò.
Cosa non va
- La componente mistery, mal bilanciata e a volte macchiettistica.
- I personaggi sembrano essere troppo prigionieri degli stereotipi di genere.