Il cinema di Franco Cristaldi
Ideale lancio del nuovo accordo tra Dolmen e Cristaldi Film, il documentario Franco Cristaldi e il suo cinema Paradiso è un lungo ed esaustivo cammino nel percorso artistico e produttivo di una delle figure più importanti nel cinema italiano, correlato anche da un interessante booklet di approfondimento. Dai suoi esordi, in tutti i ruoli del cinema, alla sua affermazione come produttore di livello assoluto, capace, come pochi in Italia, di coniugare l'aspetto artistico e quello commerciale del cinema.
Il film è costruito con un ampissimo uso di materiale fotografico, cinegiornali, estratti dai film e interviste di repertorio, ma anche numerosi contributi girati per l'occasione. A fornire il primo quadro d'insieme su Cristaldi sono Alfieri Canavero (direttore della fotografia dell'avveniristico La pattuglia sperduta del 1953), il produttore Pietro Notarianni, il regista Francesco Maselli e la sceneggiatrice Susi Cecchi D'Amico che lo introdusse alla Lux Film, dove produsse decine di film, tra cui Le notti bianchi di Luchino Visconti che era lo spauracchio assoluto dei produttori. Molto significativa la testimonianza di Francesco Rosi con cui Cristaldi fece ben sette film per la Vides, holding di grande valore garantita da una strutturazione contrattuale complessa e brillante.
Intervistato anche Mario Monicelli che rievoca i dubbi sulla scelta di Vittorio Gassman per I soliti ignoti e che ricorda la grande correttezza e pragmaticità di Cristaldi, rarissima nell'ambiente. Gino Pontecorvo invece si sofferma su Kapo, mentre la testimonianza di Nanny Loy su Un giorno da leoni è un'intervista di repertorio filmata insieme a Cristaldi stesso. Grande spazio dedicato ovviamente a Divorzio all'italiana e Salvatore Giuliano film a cui fu negata la sovvenzione del Ministero dello Spettacolo, come La tenda rossa, prima coproduzione italo-russa della storia, ma anche una serie di titoli che mostrano il coraggio di Cristaldi nelle scelte scomode, specie per le prime opere di Marco Bellocchio. Infine viene messo in risalto il rapporto con Federico Fellini, che con Amarcord vinse un Oscar, come il celeberrimo Nuovo cinema Paradiso a cui è dedicata tutta la parte conclusiva del documentario, come sorta di testamento artistico.
Emerge con grande rilievo l'unicità di una figura professionale di grande intelligenza, spirito imprenditoriale e passione, capace di sapersi imporre nel complesso mondo del cinema, soprattutto per un piemontese, nel periodo del massimo splendore di Cinecittà e a parlare sono d'altronde il valore delle pellicole prodotte, molte delle quali destinate all'immortalità.