Nickel Boys, recensione: il Black Lives Matter in POV per un film da Oscar

Un capolavoro di tecnica e narrazione (nonché un'accusa alle contraddizioni americane) per la pellicola di RaMell Ross tratta dal romanzo Pulitzer di Colson Whitehead. Prossimamente su Prime Video.

Ethan Cole Sharp e Brandon Wilson
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Vecchie Chevy e vetri rotti, foglie gialle e latte rancido. Di Nickel Boys - o per meglio dire I ragazzi della Nickel - riusciamo a sentire ogni particolare: odori, colori, addirittura percepiamo la consistenza delle superfici. Un vecchio tavolo di legno, le lenzuola ruvide, le spesse crine di un cavallo. Quello di diretto da RaMell Ross, e tratto direttamente dal romanzo del premio Pulitzer Colson Whitehead (e scusate se è poco), non solo potrebbe essere il film definitivo sullo spirito ideologico e sociale del Black Lives Matter, ma anche un impulso cinematografico di forte attinenza al contemporaneo, e per questo folgorante nell'intuizione e nel risultato.

Nickel Boys: il 1962, le leggi Jim Crow e un lager razziale

Nickel Boys Scena
Ethan Cole Sharp è Elwood

Siamo nel 1962, a Tallahassee, Florida. Imperversano le leggi Jim Crow, nonostante il reverendo King, in televisione, profetizzi pace ed uguaglianza. La strada però è ancora lunga, e impervia. Per gli afroamericani l'ideale stesso di America è un concetto abbastanza distante. Il protagonista di Nickel Boys è il giovane Elwood Curtis (Ethan Cole Sharp). Testa bassa, riga dritto, vuole andare all'università, praticando il credo del Reverendo. Tuttavia, viene falsamente accusato di essere complice di un furto d'auto. Non c'è scampo, viene buttato in un riformatorio, la Nickel Academy.

Un riformatorio che, però, assomiglia tanto ad un lager. Simile ad uno di quei campi di concentramento liberati dagli Stati Uniti, vent'anni prima, in Europa. Qui, incontra Turner (Brandon Wilson), giovanotto disilluso che, costi quel che costi, tenta di sopravvivere. Tra i due nasce un rapporto profondo, nonostante le differenze caratteriali. Più avanti, il film ci porta nel 2010, frammentando la vicenda da un'altra prospettiva ancora: sembra che le autorità abbiano scoperto i crimini perpetrati alla Nickel, e allora Elwood prova a ritrovare il coraggio per testimoniare l'orrore vissuto.

Il point-of-view del Black Lives Matter

Attenzione, però, perché Nickel Boys, presentando al Telluride Film Festival, a New York e poi ad Alice nella Città (grande colpo, non c'è che dire), e in uscita su Prime Video (avrebbe meritato il grande schermo), non è solo tutti qui. Anzi, chi ha letto il romanzo sa di cosa parliamo, per chi invece è novizio, beh, non ci teniamo a rovinarvi uno dei finali più forti visti di recente. La peculiarità, in questo caso, arriva dal metro stilistico del regista, in quanto la pellicola è tutta girata seguendo un punto di vista in prima persona, racchiuso in un formato 1,33:1 avallato dalla fotografia di Jomo Fray. Il regista ha spiegato di aver girato tutto "in one-ers", filmando prima la prospettiva di Elwood e poi da quella di Turner.

Nickel Boys Brandon Wilson Ethan Herisse Foto
Ethan Cole Sharp e Brandon Wilson

Una visione in qualche modo totalizzante, rendendo Nickel Boys un'esperienza immersiva, e assolutamente credibile nell'estetica dominante ma, comunque, al servizio del cuore narrativo del racconto. In questo senso, il POV alternato enfatizza una lucida e sincera sensibilità, portando il pubblico al centro del film. Per questo, tra l'antinomia di due personaggi scritti alla perfezione (ripetiamo, dietro c'è uno scrittore due volte premio Pulitzer), la voluta alternanza risulta fondamentale, e innovatrice rispetto ad una storia che potrebbe risultare classica nella conversazione sociale prefissata dall'autore. Invece, c'è una novità tale da renderlo in qualche modo avanguardista.

Il risvolto politico di una vera storia inventata

Una conversazione straordinaria e rivelatrice, tanto da sembrare una storia vera benché la Nickel sia solo l'ispirazione letteraria della Dozier School for Boys di Marianna, Florida. Ed è qui che I ragazzi della Nickel si fa lettura anche politica, prendendo di petto le contraddizioni degli Stati Uniti: come può, un uomo, legittimato dallo Stato, segregare, umiliare e annichilire, un altro uomo solo per il colore diverso della pelle? Allora, tra le pieghe del film, sbirciamo un acuto atto d'accusa verso l'accondiscendenza e la polarizzazione dell'America, portatrice d'odio e mai di libertà. Malgrado, nello stesso periodo, gli States siano arrivati sulla Luna (e attenzione al montaggio attrattivo di Nicholas Monsour, che sfrutta materiale di repertorio e filmati d'epoca in contrasto con l'impossibilità di un ragazzo nero di vivere normalmente).

Nickel Boys Brandon Wilson Ethan Herisse Immagine
Il POV di Nickel Boys

C'è un'urgenza narrativa tale, nel film di RaMell Ross (praticamente all'esordio, dopo un corto e un documentario), da rendere l'opera prospettica tanto nel linguaggio quanto nel suo senso compiuto. Una compiutezza che si definirà, probabilmente, solo a fine visione, riecheggiando a lungo. Sedimentando sensazioni e percezioni di una storia capace di lasciare impressa una traccia profonda, spigolosa, addirittura controversa. E, oggi, più che mai necessaria. Intanto che in testa risuona la dolcissima tromba di Mulatu Astatke con la sua Tezeta. Melodia soffice, accogliente, calda. Ideale conclusione sonora (e visiva) di un film strepitoso.

Conclusioni

I ragazzi della Nickel, o se volete Nickel Boys, di RaMell Ross è, senza dubbio, uno dei migliori film del 2024. Innovativo nello sguardo - l'utilizzo del point-of-view lo rende esperienza immersiva - contemporaneo nel linguaggio, risulta potente nello stile visivo e narrativo, nonché politico nella sua essenza finale. Proprio il finale, che ribalta di nuovo la prospettiva, lo eleva ad un significato ancora più profondo, e per questo riuscito in tutte le sue forme.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Il finale.
  • Lo sguardo in POV, decisamente originale.
  • La rilevanza politica.
  • Lo stile visivo e narrativo.

Cosa non va

  • Forse dura qualche minuto di troppo (quasi due ore e mezza).