Rimandato più volte per la situazione che ben conosciamo, I Mitchell contro le macchine ha finalmente trovato la via per arrivare sui nostri schermi grazie a Netflix. Il film di Mike Rianda è disponibile, infatti, sulla popolare piattaforma streaming dal 30 aprile e può quindi avere la visibilità che merita. Del suo valore abbiamo parlato nella nostra recensione del film, ma abbiamo avuto modo di farci raccontare qualcosa della realizzazione e delle scelte fatte dal suo regista in una video intervista in cui siamo stati colpiti dalla sua simpatia e passione, oltre che dal meraviglioso peluche di Monchi che lo accompagnava.
Chi è Monchi? Uno dei Mitchell, ovviamente, il buffo cane di famiglia che va a completare il quadro di un nucleo familiare particolare e sui generis, composto dal padre Rick amante della natura, la madre Linda, i figli Katie e Aaron. Un insieme eterogeneo di individui che si trovano a viaggiare insieme per accompagnare Katie, un'amante dei film e aspirante regista, al college, ma si troveranno a dover affrontare i robot che minacciano la Terra e stanno causando l'apocalisse.
La video intervista a Mike Rianda
L'importanza dei dettagli
Uno degli aspetti su cui ci siamo voluti soffermare nella nostra chiacchierata con Mike Rianda è stato il character design dei protagonisti de I Mitchell contro le macchine. Un merito che il regista attribuisce a Lindsey Olivares, responsabile sia dei personaggi che di tutto l'aspetto visivo del film, per un lavoro accorto sui dettagli che ha dato personalità e profondità ai personaggi. "Per esempio adoro che Katie disegni sulle sue scarpe" ci ha detto Rianda, "Che fa quelle facce sulle ginocchia o che scrive sulle mani. Lindsey ha cercato di definire l'identità dei personaggi, di prendere la loro interiorità e renderla esteriore. Li guardi e in un attimo capisci chi sono."
Ed è verissimo per ognuno dei membri della famiglia, cane Monchi compreso, un adorabile Carlino doppiato in originale da Doug the Pug, per una scelta di casting perfetta. Di lui abbiamo amato tutto, compresi i folli corti di cui Katie lo ha reso protagonista nella finzione del film, l'elemento del film che non abbiamo potuto non citare in apertura della nostra intervista, facendoci raccontare se fosse qualcosa che lui stesso faceva da ragazzino.
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Questioni di equilibrio
Quello di Rianda è un lavoro brillante, vivace, frenetico, in cui commedia, azione e avventura si fondono alla perfezione. Ma è stato difficile ottenere l'equilibrio tra questi elementi? "Sì" ci ha risposto convinto, "Una delle cose meravigliose dell'animazione è il poter fare prove molto rapidamente" e già lavorando sugli storyboard ci si rende conto se ci sia troppa azione, per esempio, o se ci sia "bisogno di un momento emozionante, per far sì che quello che si guarda significhi qualcosa per lo spettatore." Non molto diverso il lavoro fatto sulla musica: "La mia filosofia è che se metti le cose che ti piacciono nel film, la gente lo capisce" ci ha spiegato, facendo riferimento a quanto fa Quentin Tarantino. "Non si tratta solo dell'apprezzare o meno quelle canzoni, ma il sentire che qualcuno le ama. Riesco a sentire l'energia che deriva dall'aver scelto quella canzone e non quell'altra. Volevo fare la stessa cosa."