Recensione Gespenster (2005)

Una pellicola piatta e poco interessante sia nei temi che sul versante tecnico.

I fantasmi dell'esistenza

Nina è una ragazza in affidamento all'assistenza sociale. E' costretta a lavorare come operatrice ecologica in un parco di Berlino ed è proprio lì che incontra Toni, una giovane donna affascinante e libera, che vive di piccoli furti e senza alcuna regola. Tra le due ragazze nascerà presto un'amicizia che si trasformerà anche in qualcosa di più. Pierre e Françoise sono invece una coppia infelice, nel loro passato c'è la scomparsa della loro bambina rapita diversi anni prima. Ma se Françoise non ha mai perso la speranza ed è alla continua ricerca della figlia, Pierre non può che limitarsi ad assecondare i desideri della moglie e a prendersi cura di lei.
Le storie di queste due coppie si incroceranno per le strade di Berlino quando Françoise riconoscerà in Nina la figlia perduta, dimostrandole attraverso una cicatrice che non sta mentendo.

Il titolo del nuovo film di Christian Petzold, Gespenster, potrebbe essere tradotto come Fantasmi, non quelli con lenzuola e catene che infestano castelli e palazzi abbandonati, ma i fantasmi dell'esistenza, che popolano il passato di ognuno di noi, o anche i fantasmi della società, i ragazzi e le ragazze che come Nina e Toni vivono al limite della comunità, invisibili ai più. Petzold tenta di farci vivere entrambi i punti di vista e di parlarci dell'impossibilità di riabilitazione, proponendo un finale amaro senza speranza e senza vincitori: è questa la parte migliore del film, ma anche questa, appunto, non riesce a riabilitare il resto della pellicola, per la gran parte della durata troppo piatta e poco interessante sia nei temi che sul versante tecnico.

Movieplayer.it

2.0/5