Il disturbo della personalità multipla, o disturbo dissociativo dell'identità, è una delle patologie più discusse e controverse riconosciute dalla psicoterapia. Per decenni, infatti, non si è creduto nella sua esistenza e la si assimilava alla schizofrenia. A partire dagli anni Settanta, negli Stati Uniti, alcuni casi di pazienti con personalità multiple divennero molto conosciuti (anche con il grande pubblico, dopo la pubblicazione di saggi e romanzi dedicati proprio a queste figure) per questo il dibattito sulla reale esistenza di questo disturbo si accese definitivamente proprio in quel periodo. Uno tra questi individui, quello in assoluto più conosciuto, è Billy Milligan: accusato di stupro ai danni di diverse studentesse, l'allora diciassettenne venne scagionato in sede di processo perché fu stabilito che in lui convivevano diverse personalità (24 in totale), alcune delle quali particolarmente aggressive e quindi responsabili dei crimini da lui compiuti. Come scopriremo in questa recensione de I 24 volti di Billy Milligan, l'arresto e la successiva assoluzione del giovane furono solo un piccolo tassello di una vita ricchissima di eventi e di situazioni al limite dell'impossibile, che attirò addirittura l'attenzione dell'attore Leonardo DiCaprio (che avrebbe dovuto interpretarlo in un film) e da cui il regista M. Night Shyamalan attinse a piene mani per la sua pellicola Split.
La docuserie distribuita su Netflix e diretta Olivier Megaton riporta l'attenzione del pubblico su questo particolarissimo personaggio, di cui ancora non si è certi se soffrisse realmente di disturbo della personalità, di qualche altra patologia, o semplicemente avesse sfruttato la sua vivissima intelligenza per cavalcarsela in tutte le situazioni in cui si cacciava. La vita di Billy Milling è un ottimo materiale di partenza per un documentario che possa attrarre sia spettatori appassionati di questo tipo di storie sia chi di solito non vi si approccia: peccato solo per il montaggio un po' sincopato che potrebbe confondere lo spettatore e il ritmo a tratti un po' altalenante. La mole enorme di documenti d'archivio e di interviste (parenti, amici, poliziotti, avvocati, psichiatri...) ne fa comunque un prodotto di pregio che va a arricchire il catalogo true crime della piattaforma.
La vita di Billy Milligan
Nel 1977 Billy Milligan viene accusato di violenze sessuali ai danni di quattro studentesse della Ohio University: dopo il suo arresto però diventa subito chiaro alle autorità che il ragazzo non è un criminale qualunque. Dopo alcune prime valutazioni psichiatriche, infatti, sorge con prepotenza l'ipotesi che Milligan soffra di un disturbo dissociativo della personalità, patologia di cui si stava parlando molto nella comunità scientifica dell'epoca dopo il clamore scaturito dallo studio di alcuni casi (in particolare quello di una paziente della dottoressa Cornelia Wilbur, Sybil, dalla cui storia erano stati tratti un romanzo e un film). Billy viene fatto analizzare da una serie di psichiatri specializzati in questo disturbo, tra cui la stessa Wilbur: la loro conclusione è semplice, in lui convivono 24 personalità diverse, non si può quindi condannarlo per un crimine che non è consapevole di aver commesso. Quando una delle sue personalità prende il sopravvento, infatti, Billy perde completamente cognizione del tempo e dello spazio, senza aver coscienza di dove si trova e di cosa stia facendo.
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Inoltre le terapie dei diversi psichiatri che lo prendono in cura riportano alla luce i terribili traumi della sua infanzia che è plausibile abbiano portato allo sviluppo del suo disturbo: da bambino Billy è infatti stato vittima di terribili abusi da parte del suo patrigno, ed è proprio in quel momento del suo passato che probabilmente sono "nate" le altre sue personalità.
Anche dopo l'assoluzione, però, la vita di Billy non sarà mai veramente normale: spostato da un'ospedale psichiatrico all'altro, curato da dottori che condividevano la diagnosi di disturbo dissociativo dell'identità ma anche da altri che nemmeno credevano nella patologia (e gli cambiarono a più riprese i medicinali curandolo per schizofrenia), Billy diventerà sempre più famoso agli occhi del grande pubblico, sia grazie alle diverse apparizioni televisive dei suoi medici che al libro dedicatogli che viene pubblicato. Nei decenni successivi alla prima scampata condanna il ragazzo avrà ancora svariati problemi con la legge, vivendo addirittura per un periodo come fuggitivo, dopo essere scappato dall'ennesimo istituto in cui lo avevano rinchiuso.
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Voci contro e a favore
Ma Billy soffriva davvero di disturbo della personalità multipla? Non è stato mai veramente chiarito, il documentario cerca di mantenere la maggiore obiettività possibile dando spazio a voci sia contro che a favore della diagnosi fatta al ragazzo da giovane. L'opinione di Olivier Megaton sembra a tratti trasparire, soprattutto sul finale, e lo spettatore è lasciato libero di scegliere se credere o meno che in Billy Milligan - come in tutti gli altri pazienti che si suppone soffrissero della medesima patologia - convivessero diverse personalità, "nate" dal forte trauma subito durante l'infanzia. La psichiatria è, come tutte le altre, una scienza in continuo divenire: enormi passi avanti sono stati fatti dagli anni Settanta, ma per comprendere ed eventualmente curare i disturbi più complessi - come, appunto, quello dissociativo dell'identità - c'è ancora molta strada da fare.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di I 24 volti di Billy Milligan sottolineando come si tratti di un interessante documentario di genere true crime, dedicato al caso unico e particolare di un ragazzo che venne accusato di un grave crimine ma poi fu scagionato per soffrire di disturbo della personalità multipla. La vicenda viene raccontata nel dettaglio ed in profondità anche grazie una grande mole di interviste e filmati di repertorio. Peccato per il montaggio un po’ confuso e per il ritmo a tratti un po’ altalenante.
Perché ci piace
- La storia unica ed interessate su cui il documentario si basa.
- L’enorme mole di interviste e di filmati di repertorio utilizzati.
Cosa non va
- Il montaggio è un po’ confuso.
- Il ritmo è un po’ altalenante: la narrazione poteva essere accorciata.