Il calendario delle uscite cinematografiche italiane estive vanta anche Hurricane - Allerta uragano (in originale The Hurricane Heist), il nuovo lungometraggio di Rob Cohen (Dragonheart, The Fast and the Furious). Un prodotto adrenalinico e ambizioso, dove una storia più piccola - il rapporto teso fra due fratelli (Ryan Kwanten e Toby Kebbell) - si incrocia sia con una rapina che con l'imminente arrivo di un uragano particolarmente potente. Quello che negli anni Ottanta si chiamava high concept, ma che oggi fatica a trovare il suo pubblico se le circostanze non sono ottimali: nel caso specifico di Hurricane, il film è sparito dai cinema americani dopo appena 63 giorni, con un incasso misero di 6 milioni di dollari. Di questo e molto altro abbiamo parlato con il regista, intervistato via Skype.
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Una rapina fuori dal comune
Qual è stata la tua prima reazione quando ti è stato proposto il progetto?
Mi è sempre piaciuto mescolare i generi. Se pensi a un mio film precedente, Dragon: la storia di Bruce Lee, è una biografia, ma ci sono anche le arti marziali, i demoni, una storia d'amore. In questo caso mi intrigava l'ibridazione di heist movie e disaster movie.
Un disaster movie anomalo, poiché il genere solitamente prevede situazioni e gruppi di persone piuttosto grandi. Qui invece siamo in una zona ristretta, con un numero di personaggi alquanto limitato.
Sì, esatto, è innanzitutto un heist movie, ma la componente disaster non è da sottovalutare. Una delle cose più divertenti è stata l'aggiunta di una scena, che nella prima stesura del copione non c'era, dove i protagonisti usano l'uragano per salvarsi.
Ti interessava anche il rapporto tra i due fratelli? Altri tuoi film sono incentrati sull'amicizia virile...
Sì, hai ragione. Per me quello è un rapporto molto più interessante di una love story, che spesso risulta gratuita e poco interessante. Qui ci si potrebbe aspettare che inizi una storia tra l'agente del Tesoro e il meteorologo, ma a me interessava di più il rapporto tra questi due fratelli che praticamente non si parlano.
Tornando alla questione del genere heist movie, anche il franchise di Fast & Furious, che tu hai lanciato nel 2001, ha preso quella piega negli ultimi anni. Con questo film hai, per certi versi, fatto la tua versione di un sequel?
Non direi, perché quella è una direzione in cui io non avrei portato la saga di Fast & Furious. È stata una decisione della Universal e dei produttori. E a giudicare dagli incassi è difficile dargli torto.
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Sfide produttive
Volevo chiederti del titolo. Inizialmente il film si chiamava Category 5 [riferimento alla potenza dell'uragano, n.d.r.]. Quando è stato deciso di cambiarlo?
Appena il film è stato acquistato. Io avrei preferito continuare a chiamarlo Category 5, è un titolo più elegante.
Qual è stata la sfida maggiore durante le riprese?
Riuscire a rappresentare l'uragano senza ricorrere alla CGI, e nel complesso ci sono riuscito: due terzi delle scene in questione sono state girate in modo pratico, un terzo con l'aiuto nel computer, soprattutto nella parte finale.
Il film fa parte di un genere molto americano, ma i due fratelli sono interpretati da un inglese e un australiano.
[Ride, n.d.r.] Benvenuto nell'era di Netflix! Oggi il concetto di identità è molto fluido, in termini di etnia, origine, sesso, eccetera. Mi piace che gli attori possano interpretare dei personaggi a prescindere da presunti limiti geografici o di altro tipo. Tra l'altro, se fai caso ad altri film che ho fatto, come Fast & Furious per esempio, mi sono sempre piaciuti i cast multietnici.
Cosa ti ha spinto a scegliere Ralph Ineson per la parte del cattivo? È noto soprattutto come attore comico.
L'ho visto in The Witch, e mi sono detto che aveva il necessario per essere un antagonista temibile, ma anche uno il cui mondo inizia a crollare quando qualcosa va storto. Per certi versi mi ricordava Alan Rickman.
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Questioni di distribuzione
Film come questo ultimamente escono direttamente in home video o VOD. Per Hurricane è stata contemplata questa ipotesi?
No, è stato acquistato praticamente subito, e l'intenzione era sempre di farlo uscire in sala.
Prima hai menzionato Netflix. Ti interesserebbe girare un film per loro?
Assolutamente sì. Gli accordi con Netflix sono meno lucrativi, ma in compenso ti danno la libertà creativa necessaria. Con gli studios ormai si ragiona solo in un certo modo, in termini di film che vengono realizzati, e se sei fuori da quel giro ti tocca lavorare nel sistema indipendente.
Pensi che il tuo film possa trovare il suo pubblico su una piattaforma come Netflix? In America non è andato bene in sala...
È vero, non è andato bene per niente, perché il distributore americano l'ha gestito malissimo a livello di marketing e strategia di uscita: è arrivato in sala poche settimane dopo Black Panther, e in contemporanea con Nelle pieghe del tempo, un film per cui la Disney ha speso 100 milioni di dollari per la campagna promozionale. Per Hurricane il budget del marketing era di 7 milioni! Non ho visto neanche un annuncio pubblicitario per il film, persino i miei amici mi hanno dovuto chiedere quando usciva, e ho spiegato che era già uscito e scomparso dalle sale dopo due mesi. Per tutti i miei film precedenti la cosiddetta audience awareness era al 100%, mentre in questo caso solo il 40% degli spettatori sapeva dell'esistenza di Hurricane. In compenso, coloro che hanno visto il film l'hanno apprezzato, i sondaggi presso il pubblico hanno avuto esiti positivi. Sono anche abbastanza soddisfatto dell'accoglienza della stampa, critici che secondo me avrebbero odiato il film l'hanno recensito positivamente.