Evil doesn't rest. Evil doesn't retire. So why should we?
È incredibile come, complice la pandemia che ha ritardato le produzioni e complice la nuova direzione editoriale che sta prendendo Prime Video chiudendo le sue produzioni originali di genere alla sola seconda stagione, siano passati ben tre anni dall'arrivo di Hunters. Una serie che aveva colpito per il gusto fortemente tarantiniano e pulp della sua narrazione e un'idea di fondo accattivante e sorprendente, rovinata purtroppo da un finale che ribaltava fin troppo le carte in tavola. Ora ci ritroviamo tre anni dopo alla recensione di Hunters 2, disponibile dal 13 gennaio sulla piattaforma, per capire se gli autori siano riusciti a chiudere in bellezza e a tamponare i danni fatti con quel finale.
Hunters Assembled
Sono passati un paio d'anni dagli ultimi avvenimenti e dalla scoperta che Meyer Offerman (Al Pacino) era in realtà The Wolf, il nazista a cui puntavano i nostri Hunters. Li ritroviamo sparsi per il globo che provano ad andare avanti con la propria vita ma, come ogni spy story che si rispetti, un evento li porterà a ritrovarsi e a valutare se rimettere insieme la squadra. Ognuno con le proprie capacità e caratteristiche, come nella prima stagione (forse Josh Radnor un po' troppo macchiettistico) ma con un nuovo "leader", ovvero Jonah (Logan Lerman), che ora si fa chiamare Sam ed è in procinto di sposarsi con una ragazza che non sa nulla della sua vera identità e del suo passato. Anche l'agente dell'FBI Millie (Jerrika Hinton) deve vedersela con gli ostacoli che la burocrazia sta portando nell'arrestare i nazisti che stanno provando a creare il Quarto Reich e vivono sotto mentite spoglie. La legge sarà un elemento ricorrente per tutta la stagione, arrivando ad impreziosire il passato distopico alternativo dello show con un evento di portata mondiale, purtroppo mai accaduto nella realtà e che darà un senso ad uno dei plot twist del precedente finale.
Hunters, la recensione: Al Pacino a caccia di nazisti
Contro la legge
Scontrarsi con la legalità è il pane quotidiano per i nostri Hunters e il creatore David Weil continua sulla scia della stagione inaugurale mettendo in scena uno spettacolo di azione e reazione dal sapore sempre squisitamente pulp e tarantiniano, citazionista (addirittura Tutti insieme appassionatamente), sanguinolento e ingegnoso nell'architettare le morti sempre più creative e scenografiche dei personaggi, utilizzando al meglio gli oggetti e l'architettura degli edifici in cui si trovano al momento dello scontro. New entry dell'allega brigata è Jennifer Jason Leigh, che si inserisce bene nel contesto avendo già lavorato in progetti simili, nei panni di un personaggio che colpisce fin dalle prime battute. La posta in gioco in questi nuovi otto episodi si fa ancora più alta, dopo il plot twist di fine prima stagione che si rifaceva ad alcuni rumor che negli anni hanno circondato la figura di Hitler.
Ovvero che non si fosse suicidato ma fosse scappato, fingendo la propria morte, insieme alla sua amante e poi moglie Eva Braun (che abbiamo scoperto essere Lena Olin). In Hunters lo ha fatto, in Sud America, dove si trova con lei e il suo pupillo (Greg Austin) e Joe (Louis Ozawa Changchien), l'hunter rimasto intrappolato mentre li braccava. La nuova grande minaccia non è più quindi The Wolf ma Adolf Hitler in persona e sarà compito degli ebrei cacciatori di nazisti protagonisti scovarlo e portarlo di fronte alla giustizia mondiale. Un evento che non è mai potuto accadere nella nostra realtà storica.
Meyer 'The Wolf' Offerman
David Weil gioca ancora di più con il passato distopico e alza l'asticella della narrazione. Inoltre riesce ad aggiustare abbastanza il tiro dopo il mezzo disastro fatto con il finale della prima stagione. Pensavamo che il plot twist legato all'identità di The Wolf fosse stata anche una strategia per legare un nome come quello di Al Pacino a una serie per un'unica annata e invece, complice la chiusura repentina alla seconda stagione, il suo nome figurava fin da poster e trailer rilasciati. Questo perché parallelamente alla narrazione nel presente-passato di Jonah e degli altri, assistiamo alla backstory di Meyer Offerman e degli eventi che hanno portato alla creazione degli Hunters. Un modo per farci comprendere meglio le sue azioni e per incastrarle con la storyline di Jonah e di sua nonna, che aveva dato il via allo show. Per contraltare, Logan Lerman si conferma uno dei più promettenti attori della sua generazione.
Tutti i vari personaggi - incluse le sopravvissute Tiffany Boone, Carol Kane, Kate Mulvany - avranno il loro momento di gloria e il proprio epilogo, spesso agrodolce come la vita stessa. Soprattutto se parliamo di nazisti ed ebrei. Quello di Hunters 2 è insomma un finale che riesce a chiudere tutte le storie lasciate in sospeso, a correggere il tiro del precedente finale utilizzando come strumenti narrativi i due plot twist principali, che ci sembravano inizialmente fuori luogo ed esagerati anche per una serie pulp come questa, e a donare agli ebrei e a tutti gli spettatori un possibile epilogo diverso, della Storia con la S maiuscola. Almeno sullo schermo.
Conclusioni
Siamo arrivati alla fine della recensione di Hunters 2 soddisfatti del percorso intrapreso dalla serie dopo il deludente finale della prima stagione. Nel bene e nel male, David Weil è riuscito ad aggiustare il tiro e a dare un epilogo per tutti i personaggi a una storia che forse sarebbe potuta durare più stagioni ma, alla luce dei colpi di scena, è stata gestita meglio in questo modo. Così come la Storia alternativa raccontata e l'interpretazione di Al Pacino, la cui assenza si sarebbe fatta sentire non poco se non fosse potuto rimanere in più annate.
Perché ci piace
- Riprende lo stile pulp e tarantiniano della prima stagione e alza il tiro.
- Chiude le storyline di tutti i personaggi.
- Al Pacino impreziosisce con la sua interpretazione i flashback dedicati al suo personaggio, insieme alla new entry Jennifer Jason Leigh.
- Weil riesce a dare un minimo di senso ai colpi di scena del precedente finale…
Cosa non va
- … che rimangono però scolpiti nella memoria degli spettatori.
- Tra tutti, Josh Radnor risulta un po’ troppo macchiettistico.