Human Factors: parla il regista Ronny Trocker, unico italiano al Sundance 2021

Ronny Trocker, in concorso al Sundance con la sua opera seconda Human Factors, ci racconta cosa si prova a essere l'unico italiano in competizione con un film che racconta la crisi della famiglia e della società.

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Human Factors: una scena del film sul mare

Dopo Gli eremiti, lodato dalla critica alla Mostra di Venezia 2016, Ronny Trocker festeggia il passaggio in concorso al Sundance Film Festival 2021 del suo secondo lungometraggio di finzione, Human Factors. Quello del regista altoatesino è un cinema dal respiro nordeuropeo, fatto di silenzi e sospensioni. Nel caso di Human Factors, il regista racconta la storia di una famiglia tedesca che si divide tra il lavoro in città e i weekend nella casa di famiglia sulla costa del Belgio. La crisi familiare viene affrontata da più punti di vista, quasi un omaggio a Rashomon. "Quando ho scritto la storia ero focalizzato sulla figura del padre" ci racconta Ronny Trocker "ma mi sembrava una scelta troppo facile, così ho deciso di sperimentare. Ho cercato un modo per analizzare i conflitti familiari in profondità e al tempo stesso liberarmi di una cronologia troppo rigida. Questo gioco mi intrigava, ma ho cercato di non cadere nel formalismo".

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Human Factors: i protagonisti in una scena

Le radici nordiche di Ronny Trocker e il suo trasferimento a Bruxelles, dove vive da dieci anni, si riflettono nella rappresentazione della famiglia al centro di Human Factors e dei comportamenti dei suoi membri: "Il soggetto del film è nato attorno all'idea della percezione, come percepiamo il mondo intorno a noi. Questa è l'epoca dei social media che hanno cambiato il nostro rapporto col mondo. Ho scelto il microcosmo familiare per capire come questo flusso di informazioni influenzi le relazioni tra genitori e figli. Possibile che questa iper comunicazione si rifletta nel nostro modo di comunicare nell'intimità? Parlando troppo fuori, abbiamo smesso di ascoltarci".

La tecnica registica al servizio della storia

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Human Factors: i protagonisti in una scena

Il piano sequenza che apre Human Factors cattura subito lo spettatore all'interno della storia e della casa al mare della famiglia che è uno dei luoghi chiave della vicenda. Riguardo alla sua realizzazione, Ronny Trocker ci confessa: "Nella scelta delle location sono molto pignolo, cerco sempre il luogo ideale e mi preparo molto bene con gli operatori di macchina. Per me la camera è un attore, è l'occhio che offriamo allo spettatore. A volte passo più tempo col cameraman che con gli attori. Il piano sequenza era chiaro già in sceneggiatura, mentre cercavamo la casa sapevamo che ci serviva un posto dove fosse possibile questo tipo di riprese". Pur amando lavorare in esterni, la storia di Human Factors ha richiesto una predominanza degli interni che, in questa occasione, acquistano una fondamentale valenza simbolica. "Ogni spazio interno corrisponde a uno stato d'animo della famiglia" conferma il regista. "La casa in Germania è bella, ma la quiete è turbata dai treni che passano davanti di continuo, la casa in Belgio rappresenta il passato della moglie, la sua storia. In realtà per me è più facile girare fuori. Durante le riprese mi sentivo oppresso, soprattutto nella casa in Belgio dove ripetevamo di continuo le stesse scene. Quando finivo era una liberazione".

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Il pubblico chiamato a riempire gli spazi vuoti

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Human Factors: Sabine Timoteo abbraccia la figlia Jule Hermann

Adesso Ronny Trocker si gode onori - e oneri - dell'anteprima mondiale al Sundance Film Festival in un'annata atipica in cui il festival si svolge interamente in streaming. "Sono molto contento di essere stato selezionato, anche se c'è il rammarico di non poter essere lì. Il senso di un festival è l'esperienza collettiva, l'incontro col pubblico. D'altro canto andare al Sundance è molto costoso, quest'anno molte più persone potranno godere delle anteprime e mi auguro che il mio film venga visto dal maggior numero possibile di spettatori". Per quanto riguarda i vuoti e i silenzi insiti nella storia, in questo stile ellittico che già lo hanno fatto apprezzare con la sua opera prima, il regista specifica: "Credo che una storia non debba dare tutte le risposte. Mi piace l'idea che il pubblico abbia uno spazio da riempire dentro la narrazione da riempire. L'idea è quella di avere uno spettatore attivo. È terribile vedere un film e dopo dieci minuti capire già come andrà a finire. Ho cercato di evitare questo effetto, giocando con le aspettative dello spettatore".

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Human Factors: Sabine Timoteo e Mark Waschke in una scena familiare

Dopo anni di "nomadismo", pur continuando a vivere all'estero Ronny Trocker ha deciso di fare ritorno a casa per fondare la sua casa di produzione, Bagarrefilm, in Alto Agire grazie alla vitalità della Film Commission locale che ha sostenuto Human Factors a livello produttivo: "La Film Commission altoatesina ci ha aiutato molto. Anche se non abbiamo girato in Alto Adige abbiamo attori e tecnici altoatesini. Avevo bisogno di una base per sviluppare progetti personali in autonomia. Adesso sto sviluppando un progetto che forse mi aiuterà a tornare a girare in Italia molto presto".