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Se il cinema fosse una cosa semplice, se una banale divisione tra film belli e film brutti potesse essere esaustiva, sarebbe troppo complicato capire dove incasellare Hotel Artemis: troppo fiacco e a tratti grossolano per essere definito un bel film, ma con un'idea interessante alla base e un cast che funziona, che non lo rende mai inconfutabilmente brutto. In questa recensione di Hotel Artemis, l'opera prima di Drew Pearce che uscirà nelle sale italiane il 1° agosto, cercheremo di capire dove pende maggiormente l'ago della bilancia, se Jodie Foster e gli altri ottimi attori siano riusciti a salvare questo thriller fantascientifico o se si siano dovuti arrendere ai passi falsi della sceneggiatura.
Una trama ambientata in un mondo distopico
La trama di Hotel Artemis si apre nel 2028, l'anno in cui Los Angeles e la California conoscono la più grande ribellione mai vista da quelle parti: il popolo reclama acqua pulita, e lo fa incendiando le strade, uccidendo poliziotti e devastando tutto quello che trova. In questo clima da vale-tutto, con lo Stato che di notte toglie la corrente per il coprifuoco e i poliziotti che sono considerati i maggiori conniventi dello scempio dell'acqua, c'è un posto dove i criminali possono andare a nascondersi e a curarsi, previo pagamento di un'assicurazione esclusiva e illecita: l'Hotel Artemis. Qui ad accoglierli li attendono Infermiera (Jodie Foster) ed Everest (Dave Bautista).
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La promessa della struttura, che una volta era un albergo di lusso e che ora è un ospedale iper tecnologico, è di rimetterli in piedi il prima possibile, ma vanno rispettate certe regole: niente armi, niente poliziotti e non si uccidono gli altri pazienti. Si dia il caso che nel "mercoledì qualsiasi" in cui la storia è ambientata, tutto questo accadrà. Ogni paziente all'interno dell'Hotel Artemis viene chiamato col soprannome che ha scelto al momento dell'iscrizione, e così succede che Waikiki (Sterling K. Brown) e suo fratello Honolulu (Brian Tyree Henry) dopo una rapina finita male si trovino sanguinanti a dividere la struttura con l'insopportabile trafficante d'armi Acapulco (Charlie Day), la poliziotta Morgan (Jenny Slate), il boss supremo Niagara (Jeff Goldblum) e la sicaria Nizza (Sofia Boutella), che uccide solo pezzi grossi.
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Poca tensione e personaggi approssimativi
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Il personaggio di Jodie Foster è il passe-partout, l'unico che per sua natura si interfaccia liberamente con tutti gli altri (d'altro canto è li per curarli), mentre i vari criminali, doloranti e diffidenti, tendono a isolarsi o a creare piccoli accordi. Questa situazione porta automaticamente la narrazione a scandagliarsi, ed è proprio qui che nasce il grande problema di Hotel Artemis. È vero, il film ha dei buchi di sceneggiatura piuttosto invalidanti, i personaggi sono tratteggiati troppo approssimativamente, e i rapporti pregressi sono abbozzati senza concedergli il grado di approfondimento che invece sarebbe necessario. Il reale problema però è la totale assenza di suspense, nemmeno per un momento Hotel Artemis ti incolla alla poltrona, e non ci riesce a causa del montaggio, che è fiacco e malfatto.
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In parole povere, da un film come questo ci si aspetterebbe un progressivo aumento di tensione in ogni scena, un'alternanza serrata, con il pathos interno a ogni situazione che viene portato al limite, per poi cambiare ambientazione, fino a quando tutte, necessariamente, convoglieranno nella soluzione finale. E invece così non è mai, visto che si perde tempo in ramificazioni della storia del tutto pleonastiche (il personaggio di Charlie Day è inutile) e non si bada fornire alcuni elementi che sarebbero uno strumento necessario per lo spettatore, che si troverà più tardi a intuire delle dinamiche senza mai aver avuto una base per decifrarle.
Quello che stupisce però è che sì, non si è mai rapiti dal film, ma al netto di tutto nemmeno ci si annoia, e questo essenzialmente perché l'idea alla base, questa sorta di spazio franco per criminali che possono contare su un'accoglienza professionale e sicura, non è niente male, e il cast se la cava davvero bene, con una Jodie Foster piuttosto debole per niente aiutata dalla sceneggiatura, ma che pure porta a casa dignitosamente la sufficienza, e soprattutto con Sterling K. Brown e un Dave Bautista misurato e persino tenero.
Conclusioni
Quello che abbiamo cercato di capire in questa recensione di Hotel Artemis è se gli aspetti positivi di questo film, come il cast di levatura eccezionale e un’idea alla base interessantissima, siano riusciti a sopperire degli evidenti problemi di sceneggiatura e montaggio. La risposta sta nel mezzo: Hotel Artemis non annoia, ma i personaggi non hanno profondità, perché una serie di informazioni che sarebbero state fondamentali quando vengono date sono approssimative e sbrigative. A risentirne è il pathos, che è praticamente assente, e non è una mancanza da poco in un film del genere. Ciò detto, il cast, straordinariamente vario e centrato, riesce a ben figurare e, tutto sommato, a salvare la baracca.
Perché ci piace
- L’idea alla base è molto interessante.
- La scelta del cast è impeccabile, con Sterling K. Brown, Bautista e Boutella che spiccano tra tutti.
Cosa non va
- I personaggi sono mal tratteggiati, allo spettatore mancano troppe informazioni fondamentali per conoscerli.
- Il pessimo montaggio azzera la tensione.
- Spesso i tempi sono sbagliati: alcune situazioni accessorie sono troppo dilatate, mentre i momenti salienti sembrano essere stati girati di corsa.