Hood, Gyllenhaal e Witherspoon con Rendition a Roma

Il regista e i bravi interpreti del film presentano la pellicola, un riuscito ed emozionante thriller politico.

Rendition di Gavin Hood, che illustra una vicenda legata ad una procedura di estradizione straordinaria attuata negli anni post- 9/11 nei confronti dei sospetti di terrorismo, è uno dei film più solidi presentati nella sezione Première di questa seconda edizione della Festa del cinema di Roma. Il regista, premio Oscar lo scorso anno con il suo Il suo nome è Tstotsi, affronta la conferenza stampa affiancato da due membri dell'eccelente cast, Reese Witherspoon e Jake Gyllenhaal e dallo sceneggiatore Kelley Sane.

Come siete venuti a conoscenza dei sistemi utilizzati dei servizi segreti americani descritti nel film?

Gavin Hood: Io lessi un articolo su una rivista qualche tempo prima di leggere òa sceneggiatura. In realtà la parola rendition in inglese può indicare anche l'intepretazione di una canzone, di una composizione. Quando lessi lo script la prima volta trovai la storia molto forte ed emozionante, e per prima cosa cercai su Google informazioni su questa estradizione straordinaria, che praticamente significa sequestro autorizzato dal governo. Solo in seguito abbiamo parlato con alcuni esponenti della CIA.

Reese Witherspoon: Avevo letto di un caso ma senza approfondire; quando lessi lo script parlai subito della cosa con Gavin e lui mi aiutò a partire con la mia ricerca personale sull'argomento.

Jake Gyllenhaal: Anche per me è andata più o meno così, avevo avuto sentore della cosa attraverso i media, ho approfondito grazie al film e tuttora continuo ad allargare le mie conoscenze su questi fatti, perché dopo l'uscita del film sono stato contattato dagli avvocati di diverse associazioni che proteggono il primo emendamento. Ho investito molto umanamente nella cosa.

Mr. Hood, come vi siete documentati? Avete parlato con qualcuna delle vittime?

Gavin Hood: Non ho parlato direttamente con le vittime ma sono comunque ricorso a fonti di prima mano grazie a i casi, divenuti di pubblico dominio, di persone che tentavano di rivalersi per essere state incarcerate illegalmente. La storia alla base del film è frutto del collage tra vari elementi di vicende realmente accadute.

Jake Gyllenhaal: Uno degli avvocati mi ha detto di aver trovato i dettagli precisissimi, come il numero dell'aeromobile utilizzato per l'estradizione.

Gavin Hood: Sì, abbiamo tenuto il numero ma modificato le lettere per non finire nei guai. Le lettere nel film sono AIC, ovvero CIA al contrario.

Kelley Sane, la sceneggiatura è molto forte e il film è molto imperniato su di essa. Ci sono diversi personaggi in diverse parti del mondo che non si incontrano mai e anche l'azione si svolge in diversi momenti. In che sequenza ha scritto la storia?

Kelley Sane: Io ho scritto ogni storia individualmente e inseguito le ho amalgamate e sovrapposte; qui Gavin è stato molto d'aiuto appena è salito a bordo del progetto.

Come pensate che il film verrà accolto il film, cambierà la visione dell'opinione pubblica?

Kelley Sane: So che film controversi come questo non si fanno molto spesso, e se si fanno arrivano per lo più tempo dopo i fatti, invece qui si parla di cose che stanno avvenendo ora. Credo che il film possa portare a discussioni utili.

Gavin Hood: Noi speriamo che il film dia un volto a queste vicende che altrimenti la gente trova astratte.

Gyllenhaal, lei è da anni impegnato in attività umanitarie, cosa ha significato per lei questo film?

Jake Gyllenhaal: Io ho semplicemente imparato, sono stato educato a credere, che sia sempre giusto evitare la violenza, ma so anche che a volte ci sono situazioni politiche molto complesse e si dreano situazioni in cui le altrenative sono difficili. Nel film ci sono tutte e due i punti di vista: è vero che ci si può trovare a torturare torturare un innocente, ma è anche vero che fare parlare qualcuno che è efettivamente coinvolto può salvare delle vite, come dice il personaggio di Meryl Streep. Nel complesso, credo che il film sia stimolante e funzioni bene a livello umano.

Come mai ha scelto Meryl Streep, un'attrice capace di convincente emotività, in un ruolo così freddo?

Gavin Hood: Credo che nel film siano importanti tutti i punti di vista: io non vorrei mai il lavoro che fa il personaggio di Meryl nel film. Per riuscire a fare un lavoro del genere devi saperti chiudere all'emotività, e credo che Meryl mostri quanto deve tratternersi nella scena in cui affronta il personaggio di Reese. Non è facile per un attore. Anche a Jake era richiesto un atteggiamento simile, nelle scene di tortura deve far trasparire isuoi dubbi e le sue emozioni senza trasmetterle alle altre persone nella stamnza. difficile.
Abbiamo bisogno di regole non solo per proteggere gli eventuali sospetti innocenti, ma anche per aiutare e guidare coloro il cui compito è di proteggere gli abitanti degli Stati Uniti e del mondo occidentale. Perché la loro paura è enorme.