Non è stata facile la transizione di Homeland dalla quarta stagione, che l'anno scorso aveva rilanciato alla grande la serie scritta da Alex Gansa e Howard Gordon, all'attuale quinta stagione, con gli autori costretti ad applicare un ennesimo reset pressoché totale: a partire dal nuovo ruolo della sua protagonista, Carrie Mathison, da sempre il cuore pulsante di Homeland e quest'anno, per la prima volta, non più fra i membri della CIA.
Una trasformazione radicale, per quest'atipica eroina che proprio alla homeland security aveva dedicato la propria esistenza, non esitando a mettere a repentaglio la sua stessa vita in più occasioni. Una trasformazione giustificata, almeno in parte, con un'ellissi narrativa nel corso della quale si sarebbe consumata la definitiva rottura fra Carrie e il suo amico e mentore Saul Berenson, determinato a diventare direttore della CIA, perfino a costo di scendere a torbidi compromessi (come scoprivamo nel finale della quarta stagione, Il funerale).
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Carrie e Saul: alleati, nemici e poi ancora alleati
Sono loro, i due personaggi interpretati da Claire Danes e Mandy Patinkin, a costituire il nucleo della premiatissima serie targata Showtime. Mentore e allieva, ma anche due colleghi legati da stima, rispetto e lealtà: in tutte le occasioni in cui Carrie era stata biasimata ed emarginata a causa dei suoi squilibri psichici, Saul aveva sempre riposto un'intima fiducia nella buona fede e nelle intuizioni (talvolta geniali) della giovane agente. I drammatici sviluppi della quarta stagione, con il sequestro di Saul in territorio pakistano, hanno portato a una situazione ben diversa, con Carrie braccata dalla stessa CIA fra Berlino e i dintorni della città tedesca. A rappresentare il McGuffin della stagione 5 è un misterioso file (ovviamente riservatissimo) trafugato dagli archivi informatici dell'Agenzia in seguito a un'azione di hackeraggio nel corso della prima puntata, Ansia da separazione: una fuga di notizie attorno alla quale, all'improvviso, si era scatenato un furioso "tutti contro tutti".
Già nei precedenti episodi era emerso con evidenza il rancore di Saul nei confronti di Carrie; ma è stato esattamente nella sesta puntata, intitolata Parabiosis, che i due ex colleghi sono tornati a collaborare l'uno con l'altra, benché a distanza. In Parabiosis Saul, sapendo che Carrie era in grave pericolo, aveva acconsentito alla richiesta della donna, fidandosi ancora una volta del suo intuito e facendole pervenire, in maniera piuttosto fortunosa, una copia dei documenti della CIA oggetto del leak, usando come tramite il magnate Otto Düring (Sebastian Koch). E non a caso è stato proprio con Parabiosis, in cui Saul diventava di colpo per la CIA un whistleblower da bloccare a tutti i costi, che la quinta stagione di Homeland è ripartita sul serio, dopo una prima manciata di episodi che ci avevano lasciato più di una perplessità: perplessità dovute principalmente ad un plot che, quantomeno all'inizio, appariva confuso e poco incisivo, tra la fulminea trasferta in Siria (durata lo spazio di una puntata) e le sequenze in cui Carrie si trasformava in una fuggitiva in preda alla paranoia.
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All about Allison
Ed è stato appunto attorno a metà stagione che Homeland ha fugato dubbi e incertezze, mostrando una ritrovata coesione narrativa e tornando a regalare livelli di suspense degni dei suoi precedenti "capitoli": precisamente, dal momento in cui la serie ha diretto l'attenzione del pubblico verso il nuovo personaggio più intrigante di quest'anno, Allison Carr, il capo della divisione della CIA di stanza a Berlino. Magnificamente impersonata dall'attrice australiana Miranda Otto, vista al cinema ne La sottile linea rossa, La guerra dei mondi e nei panni della Principessa Eowyn nella saga de Il Signore degli Anelli, Allison è una perfetta "eminenza grigia" della CIA: una figura ambigua, sfuggente, dotata di una notevole capacità di persuasione, nonché di un enorme ascendente su Saul, al quale è legata anche da una relazione sentimentale. E naturalmente, Allison nasconde un inquietante segreto...
Nel settimo episodio, Oriole, in una delle sequenze di maggior impatto dell'intera stagione, Saul, confinato in una camera d'hotel in attesa di essere espulso dalla Germania, confessava ad Allison di aver passato a Carrie i documenti riservati della CIA; la donna si chiudeva nella toilette della camera e, dopo pochi istanti, la sua composta eleganza veniva frantumata da un incontenibile attacco di panico. La puntata successiva, All About Allison, è stata costruita invece come una sorta di lungo flashback: l'episodio ripercorre infatti il primo incontro, nel 2005, fra Carrie Mathison, all'epoca appena ingaggiata dalla CIA e ancora non del tutto 'svezzata', ed Allison, dirigente dell'Agenzia a Baghdad, legata a un informatore iracheno, l'avvocato Ahmed Nazari (Darwin Shaw). Allison, in procinto di lasciare l'incarico a Baghdad, era stata però incastrata da Nazari, che aveva messo la sua carriera e la sua vita nelle mani dei Servizi Segreti russi: da allora, la donna aveva accettato di diventare una spia per i russi all'interno della CIA.
Una trappola per talpe
Arriviamo così a quello che, attualmente, si attesta forse come il miglior episodio della quinta stagione di Homeland: The Litvinov Ruse, andato in onda il 29 novembre negli Stati Uniti. Dopo un'improvvisa folgorazione (forse non troppo realistica, ma siamo disposti a passarci sopra) da parte di Carrie, generata da un dettaglio dello screen saver del computer trafugato ad Ahmed Nazari, la nostra eroina e Saul Berenson sono tornati a fare squadra nel tentativo smascherare la talpa tra le file della CIA. Un'impresa molto dolorosa per Saul, costretto a prendere atto di essersi innamorato di una doppiogiochista (Allison, infatti, tradisce la CIA così come tradisce il suo partner). Per la prima volta in condizioni di essere lei stessa a "condurre la partita", Carrie architetta un piano per indurre Allison a rivelare la sua vera natura, con la collaborazione di Saul e dell'agente dei Servizi Segreti tedeschi Astrid (l'attrice Nina Hoss).
E The Litvinov Ruse, una puntata incentrata quasi del tutto sulla suddetta storyline, è scandita da una tensione crescente, con un formidabile gioco fra il gatto e il topo in cui lo spettatore si trova di volta in volta ad adottare il punto di vista di entrambe le fazioni in campo. Allison, di cui ora conosciamo tutti i segreti, non è una banale villainess, ma una donna in lotta per la propria sopravvivenza: un'agente dotata di un'ammirevole freddezza e abilissima nel dissimulare i suoi reali stati d'animo, ma ben consapevole del rischio che grava sulla propria testa, e pertanto non immune all'angoscia e alla paura derivanti da questa precaria condizione. La sua 'fuga' nel nono episodio, sotto gli sguardi attenti di Carrie e di Saul, sembra portare all'inevitabile condanna per la donna, che corre a rifugiarsi nel quartier generale dell'agente russo Ivan Krupin (Mark Ivanir): ma non tutto è perduto, e nel finale, con un "colpo da maestro", Allison convince Dar Adal (F. Murray Abraham) che è Krupin il vero informatore, con un formidabile twist che rovescia ancora una volta gli equilibri tra le forze in campo.
Verso il finale, fra riprese e punti deboli
Quando mancano ormai tre episodi dal gran finale di stagione (in programma negli USA per il 20 dicembre), Homeland sembra insomma aver aggiustato il tiro, rimediando ad alcuni errori delle passate settimane (la temporanea crisi di Carrie, che rinunciava volontariamente agli psicofarmaci, aveva sfiorato purtroppo il ridicolo involontario). La storyline dedicata ad Allison e allo spionaggio russo ha un grande potenziale, e la speranza è che, per le ultime puntate, possa spingere la serie verso nuovi picchi di suspense, chiudendo la stagione su un bilancio pienamente positivo. Rimane ancora un po' di scetticismo, invece, a proposito di due "punti deboli" della stagione 5. Il primo è il personaggio di Jonas Hollander (Alexander Fehling), compagno di Carrie, messo frettolosamente da parte dagli autori e al momento relegato ai margini della storia (ma potrebbe riguadagnare spazio in prossimità dell'epilogo).
Il secondo è invece uno dei volti noti della serie: Peter Quinn (Rupert Friend), braccio armato della CIA, il cui ruolo, nell'economia complessiva del racconto, resta ancora da definire. Per un brevissimo tratto, in questa stagione, Quinn e Carrie avevano incrociato le rispettive strade, ma da allora la vicenda di Quinn è proseguita lungo un subplot autonomo, completamente slegato dal resto della trama (e, di conseguenza, di interesse molto relativo). La sensazione è che gli showrunner non abbiano ancora deciso come servirsi di Quinn in questa stagione, e la sua presenza forzata in ogni episodio è una nota dolente che, ci si augura, possa essere risolta entro la fine della stagione, riportando il personaggio di Rupert Friend a interagire direttamente con gli altri volti storici di Homeland, anziché essere una "costola" della serie.