Hit Man, la recensione: recita e colpisci al cuore

La recensione di Hit Man, la nuova commedia firmata da Richard Linklater e presentata alla 80.esima edizione della Mostra del cinema di Venezia, dove la professione del sicario si fa apripista di un saggio esilarante sulla concezione di sé e dell'arte della recitazione.

Hit Man, la recensione: recita e colpisci al cuore

"Essere o non essere? Questo è il dilemma". Oppure decidere di complicare il quesito, elevarlo all'ennesima potenza, divenendo semplicemente molteplici maschere, creature diverse, esistenze destinate a svanire nello stesso attimo della loro comparsa sulla scena. C'è un gioco di coesistenze divergenti nello spazio (il)limitato di una stessa identità in Gary Johnson. Una fucina creativa di individualità molteplici che vanno a colmare l'assenza di un ruolo che loro stesse sono chiamate a creare come quello del sicario.

E così, come sottolineeremo in questa recensione di Hit Man, quello creato da Richard Linklater è un gioco meta-artistico, dove la potenza della parola creatrice viene affidata al talento di attori che modellano personaggi chiamati a loro volta a farsi creatori interni di altrettante storie di uomini e donne che recitano, dissimulano, interpretano parti affidate loro dal fato. Una galleria di esistenze che si scambiano, di personalità che mutano, privata del multiverso, perché ancorata a una realtà verosimile di natura biografica, entro la quale la penna di Linklater si inserisce con ironica fermezza, offrendo in dono una commedia tanto semplice, quanto impattante.

Hit Man: la trama

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Hit Man: Glen Powell, Adria Arjona in un'immagine

Gary Johnson è il killer professionista più richiesto di New Orleans. Per i suoi clienti è come se fosse uscito da un film: il misterioso sicario da ingaggiare. Ma se lo si assolda per fare fuori un marito infedele o un boss violento, è bene stare in guardia, perché lui lavora per la polizia. Quando infrange il protocollo per aiutare una donna disperata che cerca di scappare da un fidanzato violento, si ritrova ad assumere una delle sue false identità: si innamorerà della donna e accarezzerà l'idea di diventare lui stesso un criminale.

Spara, recita, ama

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Hit Man: Glen Powell, Adria Arjona in una scena del film

È stato un prestigiatore del tempo che passa, che cambia, che muta esistenze e punti di vista, Richard Linklater. In un contesto storico in cui anche un punto fermo come lo scorrere del tempo viene messo in discussione, perdendo di certezza, il regista si allontana dal suo lento modellare relazioni e sguardi, parole e sentimenti, per recuperare una joie de vivre nascosta negli inframezzi di un altro cambiamento interno agli esseri umani come quello della concezione di se stessi, e delle proprie sicurezze psico-caratteriali. Un saggio filosofico ripiegato su battute lanciate come bombe a mano, atte a colpire con mira millimetrica i propri bersagli spettatoriali, cullandoli in una risata liberatoria e da una quotidianità messa per un attimo in pausa.

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Creature di parole in corpi attoriali di magico talento

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Hit Man: Richard Linklater a Venezia 2023

C'è il cuore del Richard Linklater di School of Rock e di Tutti vogliono qualcosa a battere nel corpo del sicario di Hit Man. La commedia scanzonata, intrisa di umorismo mai superficiale, o aleatorio, ma generato in seno a un'arguzia di ingegno, e a un'attenta lettura della realtà circostante, incontra la tematica profonda dell'insoddisfazione personale, e dell'aspirazione individuale a vivere altre vite, a vestirsi di abiti differenti da quelli ordinari, auspicando qualcosa di lontano dalla propria versione consolidata di sé. Quella di Hit Man è dunque una struttura narrativa che non può non richiamare il complesso lavoro dell'attore in scena, senza il quale la forza creatrice - o distruttrice - di parole in attesa di farsi sostanza, rimarrebbe imprigionata tra i contorni di pagine scarabocchiate di nero. E quelli di Linklater sono davvero scultori umani di tangibili sensazioni; impegnati sullo schermo a stabilire rapporti interpersonali tra propri personaggi che nascono da un tempo pre-esistente del tutto inesistente, ci fanno dimenticare della loro natura fittizia.

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Hit Man: Glen Powell, Adria Arjona in una foto del film

Gary, Madison, e gli altri protagonisti di Hit Man pur provenendo dalle file di una storia vissuta, e da una biografia tanto assurda da risultare reale, sono riflessi della percezione fantastica di Linklater; sono figure tratteggiate dall'inchiostro dell'autore, infuse di vita dalla luce della cinepresa, e rese umane dalla performance dei propri interpreti. Ma a dominare la scena è un Glen Powell camaleonte delle emozioni; nei panni di Gary, quella indossata dall'attore è una maschera mutevole, capace di cambiare forma tante volte quanti sono i sicari assoldati da disperati traditi, stanchi, delusi e dallo stesso protagonista ricreati ogni volta ex-novo.
Scatola cinese dove ogni performance rivela al suo interno un ulteriore atto performativo, Hit Man fa danzare insieme la freschezza delle parole con un'espressività mai marcata, ma perfettamente coesa e contenuta dei propri attori, rendendo così reale, una storia su una professione che reale non è.

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Fiumi di parole e risate

Ellar Coltrane in una scena del film drammatico Boyhood
Ellar Coltrane in una scena del film drammatico Boyhood

È soprattutto un film di parole, Hit Man. La sua forza risiede lì, nello spazio di battute mai prevedibili o banali, ma capaci di stuzzicare la risata, solleticare l'umore. Inserendo i propri personaggi in spazi ampi di un teatro della commedia e degli inganni, Linklater fa un passo indietro rispetto alla propria potenza di registrazione della realtà cinematografia, per vestire il proprio sguardo di semplicità. Solo così può lasciare che il comparto visivo si adegui a quello narrativo, senza contrasti, o conflitti. La sua regia vive in funzione della potenza del racconto; è un corpo che si lascia cullare dalla forza trainante del proprio umorismo, per sognare altre vite, auspicare ad altre esistenze senza interdire mai con quelle onde verbali lasciate andare da bocche che si muovono e sguardi che, attenti, recepiscono e muti rispondono. Dottor Frankenstein della commedia, Richard Linklater crea nel suo laboratorio creature di inchiostro a cui dare corpo grazie ad attori pienamente in parte, e infondere loro vita per mezzo di una luce unica, nata dall'inchiostro di una regia nascosta, ma viva, e un montaggio dinamico, serrato, a tratti cinefilo e citazionistico grazie a una raccolta di sequenze prese in prestito da quel bacino filmico a cui lo stesso regista è entrato a far parte di diritto.

Non è un'opera dal sapore dolce-amaro come quello che riveste Boyhood, Before Midnight, o Last Flag Flying, ma in Hit Man batte un cuore potente, sincero, lo stesso che anima e smuove l'animo di Gary, segnandone il percorso di vita privato e professionale, e che colpisce con la mira di un esperto sicario il proprio pubblico lasciandolo al tappeto tra risate e buoni sentimenti; un sicario professionista, preciso, ma soprattutto, questa volta, reale.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Hit Man sottolineando come il nuovo film di Richard Linklater riesca a sfruttare appieno ogni frammento di potente ironia, dando vita a una commedia irresistibile sulla potenza della parola, e dell'arte della performance recitativa.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • La performance di Glen Powell.
  • L'ironia irresistibile.
  • La potenza di una sceneggiatura impeccabile.
  • Il ritorno di un Linklater in gran spolvero.

Cosa non va

  • La regia che per quanto al servizio della sceneggiatura poteva osare di più.
  • Certi passaggi romantici un po' troppo dilatati.