His Three Daughters, recensione: un'opera semplice che esplora (in profondità) il dolore di chi resta

Il film di Azazel Jacobs è molto più che un semplice dramma famigliare: è un saggio sull'accettazione della morte di un padre, e sul difficile recupero di legami andati perduti. In streaming su Netflix.

His Three Daughters, le protagoniste di Carrie Coon, Elizabeth Olsen e Natasha Lyonne

Un respiro leggero, quasi impercettibile, che potrebbe essere l'ultimo. Un corpo fragile, debole, che ha combattuto per troppo tempo e che adesso ammette la propria sconfitta. Ma in His Three Daughters di Azazel Jacobs (presentato al Toronto Film Festival nel 2023 e ora disponibile su Netflix) non è la figura del papà malato Vincent al centro dell'opera, quanto quella delle sue tre figlie, Katie (Carrie Coon), Rachel (Natasha Lyonne) e Christina (Elizabeth Olsen). Una focalizzazione narrativa sottolineata dal titolo stesso di un'opera che parla di tre figlie, piuttosto che di semplici sorelle.

His Three Daughters Carrie Coon Natasha Lyonne Elixabeth Olsen
His Three Daughters: Elizabeth Olsen, Natasha Lyonne e Carrie Coon in una scena

È un dolore, quello della morte imminente del padre, che nel mondo ideato e diretto da Jacobs abbraccia un'incapacità di comunicazione che rende le tre sorelle pianeti lontani. E se le parole fuoriescono, lo fanno sotto forma di ordini e recriminazioni (vedi Katie che obbliga Rachel a fumare le sue canne fuori casa, o che si lamenta del frigo vuoto con solo tre buste di mele marce), di continui aneddoti sulla propria famiglia (Christina e l'ossessione per il nome della figlia Mirabella) e di calcoli matematici su scommesse perse in partenza.

Le protagoniste Carrie Coon, Elizabeth Olsen e Natasha Lyonne

His Three Daughters Natasha Lyonne Rachel
Natasha Lyonne in una scena del film

Katie, Rachel e Christina sono figlie, ma faticano a essere sorelle. Tra loro si ergono muri invisibili che vanno ad aggiungersi alla planimetria di un appartamento che le riunisce separandole. Tre donne così diverse, eppure così identiche nell'incapacità di esprimere ciò che sentono, e nello sforzo condiviso di risultare accondiscendenti alle necessità altrui. Un'assertività perfettamente incarnata dalla Rachel di Elizabeth Olsen e da quel gesto reiterato di tenere la mano sul petto, quasi a voler trattenere la paura, e comprimere una rabbia pronta a essere vomitata con fiumi di parole cariche di recriminazioni.

His Three Daughters e l'ombra del dolore paterno

His Three Daughters Scena Sorelle
Le tre attrici protagoniste del film di Jacobs

Vivono in punta di piedi, sapendo di cadere ben presto nel baratro del dolore, le tre sorelle di Jacobs. Tre come le sorelle di Cechov; tre come le moire; tre come le streghe di Macbeth, attratte dall'ombra di una figura paterna lasciata nello spazio di un fuori campo. "Respira ancora"; "ha aperto gli occhi"; "ha provato a parlare": del padre, di quell'elemento che fa da minimo comune denominatore alle tre protagoniste, abbiamo solo sprazzi di gesti e descrizioni di attimi fugaci. Il resto è un qualcosa di aleatorio, invisibile, di una paura tenuta a debita distanza da occhi indiscreti.

Isole sorelle

His Three Daughters Elizabeth Olsen
Elizabeth Olsen nei panni di Christina

Sostenuto da un'impostazione teatrale, e con uno stile aggraziato, ma mai lezioso, Jacobs sfrutta la potenza di piani medi e primi piani che tagliano e isolano le tre sorelle nello spazio da condividere. Sono isole distanti in un mare in tempesta; baluardi apparentemente inespugnabili e inaccessibili, che solo l'ultimo rantolo paterno unirà in un abbraccio catartico. Perché His Three Daughters più che un dramma sulla morte, è un dramma sulle incomprensioni famigliari, sugli scarti emotivi di chi credeva di conoscersi, per poi scoprirsi completamente estraneo.

Un film sulla prigione delle responsabilità

His Three Daughters Carrie Coon Scena
Carrie Coon nei panni di Katie

Tutto sa di stantio in His Three Daughters; tutto puzza di chiuso in un ambiente in cui anche i toni caldi di una fotografia soffusa più che a riscaldare, fanno quasi sudare, rendendo claustrofobico uno spazio apparentemente senza via di uscita. Vittime e prigioniere di un ruolo che sapevano dover svolgere, ma che per anni hanno posticipato, Katie e Christina sono rinchiuse in un appartamento che le isola e imprigiona. E non è un caso allora se le poche scene girate all'esterno siano destinate proprio a chi, come Rachel, il ruolo di figlia lo ha eseguito a menadito.

His Three Daughters: lo specchio delicato della dolorosa realtà

Angel Katie E Christina His Three Daughters
His Three Daughters, una scena del film

Per mano di Elizabeth Olsen, Carrie Coon e Natasha Lyonne le tre sorelle di Jacobs diventano reali, trittico umano di ritratti subliminali di memorie rimosse e rabbia repressa. Grazie all'interpretazione naturale delle tre attrici, ci dimentichiamo per un attimo che quello a cui stiamo assistendo è frutto di pura fantasia. Tutto ci appare così vero, così dolorosamente reale, un history in the making su un campionario umano di un'esistenza nel suo compiersi e nel suo essere vissuta. Con His three daughters torna il tema dell'accompagnamento alla morte, delle cure palliative, e del testamento biologico, argomenti sfiorati negli anni al cinema (si pensi a Bella addormentata di Bellocchio e Mare Dentro di Amenábar) e più recentemente riproposti da film come Blackbird e La stanza accanto di Pedro Almodóvar. Ma qui non è il malato al centro dell'opera, bensì le sue figlie; è il dolore di chi resta, di chi c'è sempre stata pur non essendo figlia biologica (Rachel), e di chi ha vissuto sulla scorta della propria ambizione, creandosi un proprio nucleo famigliare il cuore del film.

His Three Daughters Natasha Lyonne
Rachel, interpretata da Natasha Lyonne

His Three Daughters è un'opera semplice, ma non per questo vuota o banale. Rimembrante nello stile altre pellicole indipendenti, dove lo spazio si fa raccoglitore di famiglie disfunzionali, il film di Jacobs si fa scrutatore di possibili realtà. Le sue non sono solo figlie di Vincent, ma anche di opere come quelle di Baumbach; sono sorelle di personaggi nati dalla mente dei fratelli Duplass, di Lynn Shelton o di Jonathan Dayton e Valerie Faris. Sono squarci di vita così toccanti perché reali, possibili, e fallacemente umani. Sono testimoni di un tempo che scorre tra chi ha perso tempo; di chi vorrebbe parlare, ma non riesce a trovare le parole, di chi vorrebbe ricordare, ma è incapace di imprimere ricordi nello spazio di un necrologio.

Conclusioni

His Three Daughters può sembrare un film semplice, in cui nulla accade quando in realtà tutto succede. Carrie Coon, Natasha Lyonne ed Elizabeth Olsen non solo danno vita alle tre figlie del titolo del film di Jacobs, ma donano una psicologia e un carattere ben preciso ai propri personaggi tali da rendere imminente e automatica l'immedesimazione spettatoriale. La scelta di lasciare nello spazio del fuori campo il padre malato fomenta il senso di oppressione e dolorosa angoscia che si vive nello spazio di quell'appartamento di New York. Tutto è concepito e costruito affinché le emozioni trapelino con naturalezza, investendo lo spettatore di commozione.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • L'impianto teatrale da kammerspiel..
  • La fotografia tenue, di colori caldi che rendono ancora più opprimente lo spazio di azione.
  • La performance delle tre attrici.
  • La scelta di non mostrare il padre.

Cosa non va

  • Il climax che può destare qualche dubbio e calo di tensione.
  • Il fatto di sembrare così reale da far male. Che non è un difetto, ma dovevamo pur trovare un qualcosa da segnalare.