I primi 15 minuti dei nuovi episodi della serie Halo sono stupendi. Ritroviamo Master Chief, con gli immancabili casco e tuta, in grande spolvero. La CGI è migliorata, lo stesso design della tuta e del casco sono migliorati, niente preamboli o riassunti. Siamo direttamente in mezzo all'azione. Scenografia e fotografia ci catapultano in un clima di guerra, minaccioso, angosciante. È come essere in mezzo alla battaglia. Parte quindi con una dichiarazione d'intenti questa seconda stagione, che è profondamente trasformata: persi gli showrunner Kyle Killen e Steven Kane, che hanno abbandonato il progetto, il loro testimone è stato raccolto da David Wiener, già sceneggiatore di Flash and Bone e Brave New World. E la differenza è sostanziale. La recensione di Halo 2, dall'8 febbraio su Paramount+, parte quindi con entusiasmo: la vita televisiva di Master Chief ha finalmente spiccato il volo.
Sotto il casco del protagonista c'è sempre Pablo Schreiber, che dimostra una devozione totale per il personaggio: da diversi anni si dedica alla possanza fisica che il ruolo richiede, non smettendo mai di mantenere la massa muscolare. Un requisito fondamentale, visto che, correggendo uno degli aspetti che era stato meno gradito dagli appassionati del videogioco, nelle scene di lotta adesso non mostra più il volto, puntando tutto su una recitazione molto fisica. Proprio come il Mandaloriano di Pedro Pascal in The Mandalorian.
Anzi, proprio per chi non aveva apprezzato l'uso del casco nella stagione precedente, c'è un ulteriore miglioramento: Wiener e il suo team sono riusciti a dargli un ruolo importante in scrittura. L'iconico elmetto ha qui una vera funzione narrativa, diventando spesso fonte di informazioni per lo spettatore, tanto da essere un vero e proprio personaggio. La forza di questo nuovo corso però sta soprattutto nell'aver trovato il giusto equilibrio tra la componente più ludica della storia e l'umanità dei protagonisti. Proprio come accade nella migliore fantascienza.
La trama di Halo 2
La trama di Halo 2 è consequenziale ai fatti della prima stagione: dopo aver preso il controllo del corpo di Master Chief, l'intelligenza artificiale Cortana è scomparsa. Anche la dottoressa Halsey è sparita, venendo quindi sostituita da James Ackerson (Joseph Morgan, che forse ricordate per il ruolo di Klaus nella serie The Vampire Diaries), uomo dalla grande ambizione, la cui manovra di contrattacco verso gli alieni Covenant non risulta chiara. Tra i membri della Spartan, la squadra guidata da John-117, ovvero Master Chief, c'è ora anche Talia Perez (Cristina Rodlo), caporale specializzata in linguistica, di cui il protagonista conosce presto la famiglia.
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Chi è davvero Master Chief?
In uno dei loro primi scambi, John-117 e Ackerson hanno una discussione dura: il nuovo capo mette subito in chiaro come non sia disposto a essere contraddetto o messo in discussione. "Ho bisogno di Master Chief, ma alle fine si tratta semplicemente di un uomo con una tuta", questo dice quando il militare esprime delle perplessità sul suo modus operandi. E ce lo chiediamo anche noi in questi nuovi episodi: chi è davvero Master Chief? Un soldato? L'ultima speranza dell'umanità? Grazie alle relazioni con i nuovi personaggi lo capiamo sempre di più.
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Il lato umano è infatti cruciale in Halo 2: le scene d'azione, ben dosate, sono spettacolari, ma è nei rapporti tra John-117 e la sua squadra che risiede il vero cuore della storia. Grazie per esempio a Talia, che rappresenta l'importanza di comunicare, l'empatia e la fede, la serie assume tutto un nuovo significato. Wiener e soci mettono in atto la lezione della fantascienza al suo massimo: allontanarsi il più possibile dal presente per raccontarlo meglio.
Nel segno di Blade Runner e Denis Villeneuve
Halo 2 sembra aver imparato bene la lezione di Denis Villeneuve: pescare a piene mani da un immaginario iconico, che qui è sia quello del videogioco originale, ovviamente, ma anche quello di Blade Runner di Ridley Scott (che continua da 40 anni a influenzare ogni opera di fantascienza venuta dopo), riadattandolo al tempo presente. Quando Master Chief parla con Cortana sembra proprio di vedere l'Agente K di Blade Runner 2049 mentre si confronta con l'intelligenza artificiale Joi. E Talia ricorda un po' il personaggio di Amy Adams in Arrival, linguista anche lei, altro film sempre diretto da Villeneuve. Grazie a questa nuova dimensione filosofica ed esistenzialista, Halo spicca il volo, trasformando Master Chief da semplice maschera a figura iconica: con la sua ostinazione nel voler salvare il mondo dall'invasione aliena, la sua figura massiccia eppure mortale diventa incarnazione perfetta dell'incrollabile spirito di sopravvivenza degli esseri umani.
Conclusioni
Come scritto nella recensione di Halo 2, il cambio di showrunner ha dato un altro passo alla serie. David Wiener è infatti riuscito a trovare il giusto equilibrio tra spettacolo e costruzione dei personaggi, pescando a piene mani dalla migliore fantascienza, da Blade Runner di Ridley Scott all'opera di Denis Villeneuve. Il protagonista Pablo Schreiber mostra una dedizione totale al personaggio e in questo nuovo corso più filosofico ed esistenzialista riesce a dare tutto un nuovo spessore al suo Master Chief.
Perché ci piace
- Il nuovo spessore dato ai personaggi.
- L'interpretazione del protagonista Pablo Schreiber.
- Il miglioramento dell'uso dell'iconico casco.
- Il miglioramento della CGI.
Cosa non va
- Il ritmo non frenetico e il dosaggio delle scene d'azione potrebbero non piacere a chi ama sopratutto il videogioco.