Affascinante, intellettuale, invidiato per aver messo su famiglia con una delle donne più belle del mondo (la sua musa Marion Cotillard), Guillaume Canet presenta fuori concorso a Cannes il suo primo film da regista in lingua inglese. Il transalpino Canet sceglie di internazionalizzare la sua produzione per avere la possibilità di interagire con un universo più ampio e la ricchezza del cast di Blood Ties indica che la via intrapresa è quella giusta. Per raccontare la storia di due fratelli nella Brooklyn degli anni '70, trasponendo la storia originale di Bruno e Michel Papet, ambientata in Francia, Canet si è trovato addirittura a scrivere la sceneggiatura insieme a James Gray, curiosamente presente anche lui a Cannes in concorso con The Immigrant, interpretato proprio da Marion Cotillard. Intrecci curiosi che ci riportano al confronto tra due fratelli (Clive Owen e Billy Crudup) ai due lati opposti della barricata, l'uno (Crudup) agente di polizia, l'altro (Owen) criminale da poco uscito di galera. Insieme ai due attori protagonisti e al regista Canet sfilano sulla Croisette le primedonne Zoe Saldana, Marion Cotillard, Lily Taylor, e il veterano James Caan.
Guillaume, come è nato il progetto? Avevi ancora un conto aperto con la storia di Blood Ties?Guillaume Canet: Dopo il successo americano di Ne le dis à personne molti studios mi hanno contattato per propormi dei progetti e così mi è venuta voglia di lavorare negli USA, ma non mi sentivo a mio agio all'idea di subire la pressione di uno studio così ho rifiutato queste offerte e ho cercato di portare avanti un progetto personale. Quando ho leto la sceneggiatura di Blood Ties l'ho amata subito e ho capito che era adatta per essere trasportata nell'America degli anni '70.
Da dove è nato il tuo amore per il cinema americano anni '70?
Guillaume Canet: Sono cresciuto con i film di Scorsese, Cassavetes, Sidney Lumet e fare un film in inglese mi ha permesso di entrare in questo universo.
L'ambientazione e le atmosfere del film riproducono l'epoca che racconti in modo molto accurato. E' stato difficile calarsi in una realtà così diversa dalla tua?
Guillaume Canet: In un certo senso è stato come ripartire da zero. Questo film è completamente diverso dai tre che avevo girato prima perciò mi sono dovuto preparare a lungo e ho dovuto capire il funzionamento dell'industria americana. In Francia sono abituato a lavorare con la stessa troupe, ma non potevo portarsi tutti negli USA con me.
Quale è stato il contributo di James Gray al progetto?
Guillaume Canet: Sono stato molto fortunato a riuscire a collaborare con James. Ci siamo conosciuti negli USA e poi ci siamo incontrati di nuovo qui a Cannes. Cercavo un co-sceneggiatore e lui ha accettato con entusiasmo. E' venuto a Parigi due settimane e abbiamo lavorato alla struttura del film, poi è stato il mio turno di andare a Los Angeles con il mio inglese incerto per continuare il lavoro. James mi ha aiutato molto con le scene che non funzionavano e infine è stata la volta di scegliere gli attori.
Marion Cotillard: E' la seconda volta che Guillaume mi dirige. Io adoro lavorare con lui e anche stavolta ho trovato lo stesso entusiasmo, la stessa passione. E' facile lavorare con lui perché ha un enorme rispetto per gli attori. La difficoltà principale è stata quella di mantenere lo stesso passo di Guillaume. Lui riversa in ogni suo progetto una quantità di energia incredibile e gli altri ci hanno messo un po' ad abituarsi.
Guillaume Canet: Dovevo conquistare la fiducia di un cast e di una troupe che non mi conoscevano e sono grato perché sono stati tutti così generosi con me, anche "Jimmy the Dream" (Canet indica James Caan, ndr)
Perché lo chiami così?
Guillaume Canet: Perché quando l'ho chiamato al telefono per fissare le prove lui mi ha risposto: "Io non provo. Dimmi il giorno in cui iniziamo a girare e io ci sarò".
James Caan: La verità è che non capivo una parola di ciò che Guillaume mi diceva, ma il soprannome mi piace.
Voi cosa ci raccontate della vostra esperienza con Canet?
Billy Crudup: E' un regista molto articolato, che ti aiuta a comprendere ogni aspetto del processo. E' molto generoso. Mi ha aiutato a trovare il tono del mio personaggio guidandomi, ma lasciandomi anche libero.
Zoe Saldana: Spesso i registi non hanno la capacità di mettersi nei panni di un attore, ma con Guillaume è stato diverso. E' cresciuto in Francia perciò conosce bene l'origine della storia, per lui è facile immergersi nel racconto, ma conosce bene anche il mestiere dell'attore.
Clive Owen: Ho fatto un lungo percorso con Guillaume partito proprio dalla sceneggiatura che mi è piaciuta immediatamente. Amo i lati oscuri del mio personaggio, il fatto che non è mai ovvio, ma per comprendere a fondo ogni suo aspetto ci ho messo un po' di tempo.
Nel film molto è espresso attraverso lunghi silenzi.
Marion Cotillard: Guillaume è bravo a filmare i silenzi, a creare un'atmosfera di tensione usando pochi elementi. Il mio, in particolare, è personaggio che parla poco, è una donna che subisce una situazione di sofferenza e lo esprime con un'assenza di parole. Questa, per un attore e per un regista, è la sfida più bella.
James, com'è stata la tua esperienza?
James Caan: Ho lavorato con moltissimi registi, ma è difficile trovare qualcuno che rispetti il mestiere dell'attore più di Guillaume. In più è stato capace di creare un'atmosfera bellissima sul set, distesa, giocosa, dove ognuno si sentiva libero di esprimere idee o chiedere consigli.
Tu sei un'icona cinematografica. Cosa pensi della direzione in cui sta andando l'industria?
James Caan: Se parlassi del presente sarei molto negative perciò posso ritenermi fortunato di aver trovato un regista che mi ha fatto recitare in un film anni '70, epoca in cui ritengo ci fossero i migliori registi e le migliori storie.
Guillaume Canet: Il sistema americano è molto diverso da quello europeo. A New York trovi molti tecnici che lavorano a più progetti nello stesso momento e il tempo si restringe. Sono professionisti eccezionali, ma avendo poco tempo per conoscerci da principio è stato difficile. Le regole, in generale, sono molto più rigide. Il regista non può parlare con le comparse, cosa che fa solo il primo assistente. In Francia puoi parlare con chiunque, c'è molta più libertà. Non potendo dirigere le comparse, a volte mi sono sentito in trappola.
Clive, tu e Guillaume come vi siete incontrati?
Clive Owen: Credo che il primo a parlarmi di Guillaume sia stato Alfonso Cuaron, che mi ha diretto ne I figli degli uomini. Quando ha saputo che Canet mi aveva cercato per un film mi ha chiamato e mi ha detto: "Prendilo sul serio. E' un grande artista e un bravo ragazzo". Dopo aver letto la sceneggiatura e aver incontrato Canet a Londra, ho accettato quasi subito di recitare nel film perché mi ha colpito la sua energia.
Guillaume, che cosa rappresenta per te la città di New York?
Guillaume Canet: Amo New York, la sua energia e la sua follia. Sono tutti impegnati, è una città elettrica e volevo riscoprirne un aspetto dimenticato così ho fatto ricerca suglli anni '70 concentrandomi sui lati oscuri, sulla sporcizia, su Brooklyn. Era la prima volta che giravo un period movie e, come temevo, è molto complicato, ma ho cercato di dare giustizia all'epoca che narro.
Marion, nella tua esperienza di attrice quali differenze hai trovato lavorando negli USA rispetto alla Francia?
Marion Cotillard: E' un po' difficile rispondere a questa domanda. E' vero che ci sono delle differenze logistiche, ma in realtà ogni film è una storia unica, è impossibile fare i confronti.
Come hai creato il look visivo del film? Anche in questo caso ti ha aiutato James Gray?
Guillaume Canet: Al momento delle riprese James era impegnato con il suo film perciò non poteva essere presente, ma mi sono affidato ai miei collaboratori spiegandogli il risultato che volevo ottenere. Ho fatto vedere a tutti Main Street e Re per una notte, ma uno dei film a cui sono più legato, e che mi ha influenzato moltissimo per atmosfera e colori, è Panico a Needle Park di Jerry Schatzberg.
Marion Cotillard: E' un sollievo e un piacere sentire che il mio accento funziona. Quando creo un personaggio cerco di arricchirmi con le sue caratteristiche, ma l'accento italiano è molto difficile. Avevo tentato di impararlo in passato, ma non ci ero riuscita. Stavolta però era necessario che il mio personaggio fosse italiano e ce l'ho messa tutta, ma è stato molto stressante.
Clive, per interpretare un uomo che ha difficoltà nelle relazioni familiari hai attinto a qualche tua esperienza personale?
Clive Owen: No, in realtà sono partito dalla sceneggiatura. La cosa che ho amato di più è la complessità delle relazioni tra i personaggi che trovano difficoltà nel separarsi, ma ugualmente non riescono a stare insieme perché sono diversi tra loro.
Blood Ties è un film sul tradimento, sulla difficoltà di mantenere la parola data. Guillaume, per te è difficile mantenere una promessa?
Guillaume Canet: Ho tanti difetti, ma se c'è una qualità che ho è la lealtà. Mantengo sempre la parola. In questo caso il personaggio di Billy Crudup si trova di fronte a una difficoltà enorme, il sangue. Qualsiasi cosa accada, un fratello rimane sempre un fratello e non si cessa di amarlo anche se ha un carattere complicato. Nella scena in cui Billy riporta il fratello in prigione c'era qualche battuta di dialogo, ma gli attori mi hanno suggerito di eliminarlo. Il loro dramma si consuma nel silenzio perché a volte non si possono trovare le parole.