Recensione Cave of Forgotten Dreams (2010)

Nonostante siano stati in tanti a richiedere accesso al famoso complesso di grotte Chauvet per realizzare un film, è stato Werner Herzog il primo ad ottenere il permesso per farlo ed ha messo in piedi un documentario, scritto, diretto e narrato da lui, capace di trasmettere l'emozione di trovarsi al cospetto di raffigurazioni di tale importanza.

Graffiti 3D

Sono immagini suggestive e ad effetto quelle che aprono Cave of Forgotten Dreams, documentario in 3D dedicato da Werner Herzog al complesso di grotte Chauvet e presentato in concorso alla 61ma edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino. La camera del regista sorvola i luoghi che circondano la cava con movimenti lenti ma azzardati che portano lo spettatore direttamente sul posto, con un'immedesimazione ed una sensazione di vertigini che la terza dimensione contribuisce a creare.
Siamo nel sud della Francia dove nel 1994 alcuni scienziati hanno scoperto un'insenatura nella roccia che conduceva ad un complesso di grotte, ora note come Chauvet, rimasto sigillato per 20.000 anni in seguito ad un crollo che ha bloccato l'ingresso originario. All'interno gli scienziati hanno scoperto qualcosa di enorme importanza per lo studio della cultura e della storia umana: una serie di dipinti risalenti ad oltre 30.000 anni fa, il doppio dei più antichi conosciuti fino a quel momento, un periodo in cui l'uomo di Neanthal ancora calcava la superficie terrestre.

Nonostante siano stati in tanti a richiedere accesso alla cava per realizzare un film, è stato Werner Herzog il primo ad ottenere il permesso per farlo ed ha messo in piedi un documentario, scritto, diretto e narrato da lui, capace di trasmettere l'emozione di trovarsi al cospetto di raffigurazioni di tale importanza: alle prime inquadrature dei dipinti si percepisce l'importanza e la valenza di quello che stiamo osservando e l'accompagnamento fuori campo dell'autore riesce a sottolinearlo con le sue riflessioni insolitamente spirituali.
Però le immagini, seppur efficaci e capaci di mostrare la profondità della cava grazie alla terza dimensione, non sono tutto il cuore del film ed Herzog fa un passo più avanti cercando di analizzarle avvalendosi delle testimonianze di esperti: una prima fase serve allo studio dei dipinti in sè, delle caratteristiche, dell'evidente sforzo di comunicare il movimento degli animali raffigurati con una serie di ripetizioni che sembrano suggerire dinamicità, come più fotogrammi di un'animazione o le linee cinetiche dei moderni fumetti; in un momento successivo, cerca di ricostruire lo stile di vita e le caratteristiche delle popolazioni che hanno mosso i propri passi in quegli ambienti.

Quest'ultima è forse la parte meno ruscita di Cave of Forgotten Dreams, perchè passato l'iniziale senso di stupore, sia per la terza dimensione ed il suo uso interessante nel mostrare con la più moderna tecnologia qualcosa di così antico, sia per la bellezza e l'incredibile dettaglio dei dipinti murari, rischia di scivolare troppo nel tecnicismo. E' solo nell'ultima fase che l'emozione torna in primo piano, quando il regista si lascia andare ad una carrellata di queste piccole opere d'arte preistoriche accompagnate da musica solenne: un momento più che giustificato dall'importanza della scoperta che la cava ospita.
A questa fa da epilogo una riflessione dell'autore sull'ecosistema tropicale innaturalmente creato proprio alle spalle dell'area della cava, dove sorge una modernissima centrale nucleare francese. E' qui che il regista ci mostra dei "coccodrilli albini mutanti e radioattivi", come li descrive la sua stessa voce fuori campo, facendo emergere una delle ossessioni tipiche del regista e, perchè no, quello che appare un piccolo spot contro il nucleare.

Movieplayer.it

4.0/5