Nella prima stagione la sua faccia dai lineamenti delicati aveva tratto tutti in inganno: Ciro L'Immortale, nonostante le motivazioni iniziali, che potevano farlo sembrare vittima di un sistema da cui non riesce a uscire pur volendo, pian piano si è rivelato per quello che è realmente, un freddo calcolatore, una mente criminale geniale e spietata, disposto a tutto pur di ottenere il potere. La rivalità con Genny (Salvatore Esposito), l'invidia per Don Pietro Savastano (Fortunato Cerlino), il doppio, triplo e quadruplo gioco effettuato con tutti, avversari, amici e persone care, fanno di Ciro il personaggio forse più shakespeariano della serie di Stefano Sollima e Roberto Saviano, un personaggio affascinante quanto inquietante, che, come direbbe Scianel (Cristina Donadio) "puzza di morte" in ogni momento.
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In questa seconda stagione abbiamo visto un Ciro ancora più riflessivo, chiamato a confrontarsi con le sue scelte, che persegue a testa bassa e nonostante tutto, come ci ha detto il suo interprete, Marco D'Amore, che dimostra ancora una volta di essere uno dei maggiori talenti del panorama cinematografico italiano: "Ciro è come uno scalatore che, nonostante la mancanza d'aria, è disposto a sacrificare tutto pur di salire, anche solo di un centimetro in più, sulla vetta del potere".
La fame di potere di Ciro lo ha portato in una situazione di pericolo e angoscia continua, in cui viene avviluppato sempre di più, fino al climax del finale: le nuove allenze che si formeranno per la terza e quarta stagione sono ancora fumose, ma sicuramente, ancora una volta, Ciro si è guadagnato il titolo di "Immortale".
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