Era il 2012 quando Girls, la serie della HBO creata da Lena Dunham e prodotta, tra gli altri, dalla Apatow Productions Label, fece il suo debutto sul piccolo schermo, sancendo l'inizio di un'acclamata, discussa, criticata nuova comedy-drama declinata al femminile. Con Wedding Day, episodio andato in onda nei giorni scorsi sul network statunitense, si apre ufficialmente, invece, la fase conclusiva della creazione targata Dunham che vede la premiere della quinta stagione fare da punto di snodo tra una vecchia e una nuova fase, rimanendo però sempre fedele, nel bene e nel male, allo stile narrativo che ha caratterizzato i capitoli precedenti.
Attenzione, l'articolo contiene Spoiler su Girls 5!
La quarta stagione, dopo il rifiuto di Hannah all'idea di un riavvicinamento con Adam (Adam Driver) e la decisione di Shoshanna (Zosia Mamet) di accettare la proposta di lavoro in Giappone, si era chiusa con un flashforward di sei mesi nel quale il personaggio interpretato dalla Dunham passeggiava mano nella mano con Fran (Jake Lacy), il giovane insegnante conosciuto tra i banchi della scuola nella quale entrambi lavorano. A sei mesi da quella passeggiata romantica ritroviamo tutti i protagonisti di Girls, volenti o nolenti, sotto lo stesso tetto per il matrimonio di Marnie (Allison Williams) e Desi (Ebon Moss-Bachrach), il musicista con il quale sogna di condividere una vita professionale e privata unita dalla reciproca passione per le sette note, schivando e tralasciando tutti gli indizi necessari a capire l'errore sotto gli occhi di tutti. Una nuova cerimonia, dunque, dopo quella improvvisa e segreta tra Jessa (Jemima Kirke) e Thomas (Chris O'Dowd) celebrata e conclusasi nel corso della seconda stagione, che assume però una valenza ben diversa.
Dal romanzo alla serie di formazione il passo è breve e la scelta di iniziare la quinta stagione con un matrimonio è del tutto coerente con l'economia narrativa che la serie sta intraprendendo, mostrandoci le ragazze diventare, passaggio dopo passaggio, delle giovani donne che continuano ad avanzare a tastoni verso la strada che hanno (in)consapevolmente intrapreso. Il grande giorno di Marnie, inoltre, mostra, condensate nell'arco di un'unica puntata, le complesse e sfaccettate dinamiche che legano le quattro amiche, tra gelosie e supporto, e accenna alle nuovesottotrame che caratterizzeranno l'evolversi delle prossime puntate. Scritto e diretto dalla stessa Dunham, Wedding Day, dà il via a quella fase di transizione che traghetterà la serie verso il suo episodio conclusivo con il quale le quattro ragazze si congederanno dal piccolo schermo nell'ultima stagione prevista per il 2017.
30 anni in un secondo
Con tre Golden Globes alle spalle e un successo altalenante come l'andamento stesso delle stagioni realizzate, è innegabile però la rivoluzione apportata dal lavoro di Lena Dunham nel tracciare un nuovo ritratto femminile che, attraverso le storie dei co-protagonisti, ha esteso anche alla generazione di spettatori cresciuta insieme alle quattro ragazze. I suoi personaggi, ambiziosi, narcisisti, insicuri, e diciamocelo, anche antipatici, non necessariamente ci rappresentano nella loro totalità, spesso estremizzata, ma è altresì vero che è facile rispecchiarsi in situazioni o sentimenti nei quali ci siamo imbattuti in prima persona. Dal terrore post universitario alla dantesca ricerca del lavoro, dalle prime relazioni "mature" alla scoperta di una sessualità più consapevole passando per le aspettative disilluse e la paura di fallire. Le quattro protagoniste hanno racchiuso, ognuna distinta da contorni ben definiti, tutto lo spettro delle emozioni che dal timido ingresso nel mondo degli adulti porta, accompagnato da svariati errori e passi falsi, ad una maggiore coscienza di sé. Il tutto perfettamente calato nel contesto socio-culturale nei quale i suoi personaggi agiscono e interagiscono, tra tweet criptici, conversazioni su Skype o imbarazzanti video caricati su Youtube.
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Da Sex and The City a Girls, due modi diversi di raccontare personaggi femminili
Se le "girls" di Lena Dunham raccontano personaggi femminili figli degli anni 2000, sempre sulla HBO, nel 1998, faceva il suo debutto un'altra serie destinata a rivoluzionare il ruolo della donna sul piccolo schermo. Si tratta ovviamente di Sex and the City, la creazione di Darren Star nata dall'adattamento dell'omonimo romanzo di Candace Bushnell, con protagoniste altrettante quattro donne, capeggiate da Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker). Se, però, Carrie, Miranda (Cynthia Nixon), Charlotte (Kristin Davis) e Samantha (Kim Cattrall) erano tutte figure realizzate, con lavori appaganti, sicurezze economiche più o meno stabili e relazioni sentimentali indirizzate verso un'idea di famiglia, con Girls, la Dunham, ci mostra il "prima", ambientando le sue storie in una New York diversa da quella dei locali lussuosi o dei quartieri alla moda, mostrandoci, invece, le sue ragazze finire in feste clandestine, "sopravvivere" con lavori saltuari e alle prese con le spese dell'affitto da coprire. Una dimensione più reale, sebbene sempre trasfigurata dalla finzione narrativa, che ha permesso alla showrunner di raccontare l'altra faccia di Sex and The City, innegabile punto di riferimento dal quale è partita la giovane autrice per delineare le sue ragazze.
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One Woman Show
Tutto è iniziato nel 2010 quando Lena Dunham ha scritto, diretto e interpretato l'indipendente Tiny Furniture, la pellicola dai contorni autobiografici (i cui temi sono stati ripresi abbondantemente in Girls) con la quale ha vinto il premio per il miglior lungometraggio al South By Southwest, il celebre festival musicale/cinematografico di Austin. Da lì l'HBO prima e Judd Apatow poi si sono interessati al lavoro di questa giovane ragazza che ha portato alla prima stagione di Girls. Il debutto sul canale via cavo ha dato vita, oltre ad un'ottima accoglienza, a svariate critiche e controversie dovute, nella quasi totalità dei casi, alla considerevole presenza di scene di nudo della protagonista che hanno continuato ad avvicendarsi anche nel corso delle stagioni successive. Proprio l'ostentazione del suo corpo, così imperfetto secondo i canoni sociali e televisivi, è senza dubbio uno dei punti di maggiore rottura apportati della Dunham. Una "lotta" portata avanti anche fuori dal set, attraverso i post sui suoi canali social, copertine di riviste patinate o nelle interviste nelle quali ha sempre sottolineato il lento processo che l'ha portata all'accettazione del suo corpo fino ad assumere i contorni di moderna icona femminista attraverso le sue opinioni politiche (sostenitrice della campagna elettorale di Barack Obama prima e Hillary Clinton ora) o parlando apertamente dei suoi disturbi ossessivo-compulsivi, aprendosi in modo schietto ed autentico nella convinzione di poter essere d'esempio per chi invece è schiavo del giudizio altrui.
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Movieplayer.it
3.0/5