Se pensiamo a un cinema italiano dal respiro internazionale, viene subito in mente uno dei suoi grandi protagonisti, un mattatore capace di interpretare alla perfezione personaggi drammatici e di fornire spessore a quelli comici. Giancarlo Giannini ha lavorato con i grandi autori del cinema europeo, è stato premiato a Cannes nel 1973 con Film d'amore e d'anarchia e ha ricevuto una nomination all'Oscar nel 1977 con Pasqualino Settebellezze.
A Locarno Giannini è uno degli ospiti della ricca retrospettiva Titanus, che ha fornito al pubblico l'occasione di vedere al festival pellicole come la commedia musicale Non stuzzicate la zanzara o il drammatico La prima notte di quiete, da lui interpretate.
Il giorno dopo la morte di Robin Williams, Giancarlo Giannini sente di voler condividere un ricordo del grande comico americano. "Non sono in molti a sapere che sono stato io a ideare la giacca polifunzionale di Toys - giocattoli. Robin Williams è stato un grande attore che io conoscevo molto bene. Robin sapeva che io avevo creato una giacca, chiamata _music jacket, che avevo brevettato. Era un giubbotto che produce suoni col movimento. Robin mi ha voluto incontrare a Roma e mi ha chiesto di costruire una giacca per lui in cui si dovevano vedere i meccanismi perché nella pellicola interpreta un inventore. Mi sono chiuso nella mia casa in campagna per sei giorni e l'ho finita. Quando il film è uscito prima delle ospitate negli show americani mi telefonava per chiedermi il funzionamento dei congegni nella giacca. Credo che se la sia tenuta come ricordo"_.
La bellezza della tecnologia
Giancarlo Giannini svela un aspetto inedito di sé, la passione per le nuove tecnologie che ha spesso fatto confluire nel suo mestiere . "La mia formazione è stata l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico, una delle scuole per l'attore più antiche del mondo. Per molti anni ho fatto teatro in modo esclusivo, come un monaco. Il mio obiettivo era migliorare, andare oltre e concentrarmi sui vari personaggi. Oggi insegno al Centro Sperimentale e consiglio sempre ai miei studenti di guardare con attenzione gli attori del passato per capire cosa li ha reso speciali. In questo senso l'elettronica aiuta molti, permette di catalogare e conservare. Io sono sempre stato appassionato di elettronica e anche se da anni non realizzo più congegni, seguo con interesse i cambiamenti tecnologici, specialmente quelli che coinvolgono l'industria cinematografica. La rivoluzione digitale è solo all'inizio. Per ora conosciamo solo il 10% di ciò che è possibile fare con il digitale. Credo che nel futuro avremo sorprese per quanto riguarda l'immagine, il racconto, il tempo dell'immagine e la capacità di interloquire con l'immagine. Di recente ho doppiato un videogame. Io non sono molto pratico e pensavo che fosse un lavoro di nicchia, ma mi è stato spiegato che il rapporto di incassi tra un blockbuster e un videogame e di uno a miliardo e visto che lo scopo dell'industria è fare soldi in futuro saremo sempre più coinvolti in questo tipo di lavori. Anni fa Fellini mi parlava della morte del cinema. Aveva già capito tutto".
Un precursore ante litteram
Tra i meriti di Giancarlo Giannini vi è quello di aver reinventato insieme a Lina Wertmüller, da cui è stato diretto in nove film, un nuovo tipo di commedia all'italiana che è andato tamponare la crisi che stava vivendo il genere comico. Pensando a quella collaborazione, Giancarlo racconta: "Allora il cinema veniva prodotto in modo più artigianale. Passavamo nottate a scrivere e leggere sceneggiature, facevamo i provini con i costumi e il trucco per inventare l'immagine giusta, che è poi l'essenza vera del cinema. I miei personaggi per Lina sono tutti fisicamente diversi. Quando insegno dico sempre ai miei allievi che meno fai più fai. Non siamo noi a recitare, ma è il pubblico che recita per noi".
Pensando alle sue interpretazioni nei film della Wertmuller viene in mente lo straordinario finale di Pasqualino Settebellezze. "Il film, che è molto difficile perché è ispirato a una storia vera, termina un lungo sguardo verso il pubblico del protagonista, mentre un'ombra si allunga sul suo volto. Quella è la prima scena che ho girato, è stato il mio primo giorno sul set e ancor prima di girare il film dovevo rendere l'emozione del finale. Non è stato facile. I personaggi che affronto sono sempre qualcosa di nuovo. Non penso all'esperienza o ai premi, ma cerco di conoscere a fondo il loro mondo. Con Lina ho cercato di creare personaggi che avevano uno stile diverso, ma non stati capiti. Film d'amore e d'anarchia è stato il traino che ha portato tutti gli altri miei film in America, ma gli italiani, come al solito lo hanno massacrato. La critica ci ha stroncato, mi ha dato della marionetta. Ma il cinema non è realtà, è finzione. Il bello è raccontare la favola e per farla bene occorre ispirarsi ai grandi, a Nicholas Ray, a Kubrick.".
Il doppiaggio? Una mostruosità
Giancarlo Giannini dimostra di non amare particolarmente il cinema realista, che si ispira al documentario, ma anche la critica viene colpita dai suoi strali. "Un tempo c'erano Contini e De Santis che erano macigni. Oggi i critici si sono moltiplicati e attaccano un'industria dove si fa fatica. Non sono contro le critiche, ma per farle occorre essere preparati, approfondire il discorso. Non attaccare per il gusto di farlo". Anche gli attori di metodo non sembrano convincere più di tanto uno dei più grandi interpreti italiani. "I registi che dicono all'attore di vivere il personaggio mi fanno ridere. La recitazione è finzione, è tecnica. Ho fatto Romeo e Giulietta per tre anni a teatro, ma quando devo prendere il veleno fingo. Io sono un plagiatore, mi devo divertire a fare questo mestiere. Posso vivere il momento da attore, ma la mia vita non è quella dei personaggi. Quella è solo una fantasia che il pubblico desidera vedere".
Giannini è un fiume in piena. Dopo che la sua vena polemica è stata stuzzicata, non risparmia neppure di fornire un'opinione sul recente dibattito scatenato da Gabriele Muccino sui social network nei riguardi del doppiaggio. Paradossalmente uno dei più celebri doppiatori italiani, che ha dato voce a un mostro sacro come Al Pacino, si schiera dalla parte di Muccino. "Il doppiaggio è una mostruosità. Ha ragione Muccino. Prendi grandi attori come Laurence Olivier, Jack Nicholson, Ian McKellen, Dustin Hoffman e gli dai un'altra voce e un altro ritmo. Sembra un progetto di Frankenstein. Il doppiaggio fa parte del cinema e siccome noi italiani siamo bravi facciamo anche quello. Va fatto e cerchiamo di farlo al meglio, ma anche un grande attore può non essere capace, però l'unica chiave del doppiaggio è farsi dimenticare. La gente non deve pensare a me, ma al personaggio".