Dalla penna di Giorgia Lepore, enfatizzata dalla sceneggiatura di Donatella Diamanti e Sofia Assirelli, ecco (finalmente) il nuovo detective della serialità Rai. Ci pensano direttamente le note di produzione ad introdurre il personaggio: occhi profondi, capelli neri corvino, tono solitario, amante delle donne (senza essere donnaiolo). A rendere tangibili i romanzi della Lepore c'è Giulio Beranek, un perfetto ispettore Gregorio Esposito.

È lui il protagonista di Gerri, fiction diretta da Giuseppe Bonito in onda dal 5 maggio su Rai1. "Un poliziesco atipico", spiega il regista, presentando la serie. "È vero che Gerri ha gli ingredienti del genere, con un personaggio che si trova a risolvere i vari casi, episodio dopo episodio. Però, compie anche un'indagine su di sé. E spero che lo spettatore trovi tanti punti di interesse".
Gerri: intervista a Giulio Beranek e Valentina Romani

Oltre gli schemi e oltre una certa rigidità, Gerri è il detective perfetto per essere declinato in tv. Di origine rom, l'ispettore si muove sotto il sole della Puglia. Un racconto corale, in cui si alternano vari personaggi: l'ispettrice Annalisa Righi interpretata da Cristina Cappelli; la PM con il volto di Carlotta Natoli; il capo della mobile Santeramo interpretato da Massimo Wertmuller, oltre a Fabrizio Ferracane nel ruolo del capo di Gerri. Protagonista femminile, invece, Valentina Romani. L'attrice è Lea Coen, viceispettrice che, nonostante le differenze, si legherà all'emotività inafferrabile (e inaffidabile) di Gerri.
Uno dei temi di Gerri è il pregiudizio. Un pregiudizio frettoloso, superficiale, fuorviante. Da questo spunto, iniziamo l'intervista a Giulio Beranek e Valentina Romani, chiedendo loro se, in qualche modo, il lavoro dell'attore fosse bersaglio dei preconcetti. "Spesso mi sono rapportato con gente che non conosce perfettamente il mestiere, magari lo può banalizzare, ma io credo di fare uno dei lavori più belli del mondo", ci dice Beranek.
La forza dell'identità
Per Valentina Romani, invece, "Il tema è molto curioso. Ho amiche che non fanno cinema e che mi chiedo uno spesso di venire sul set, per esempio, perché immaginano di vedere tutta la macchina che c'è dietro. È affascinante per chi non lo conosce. Ho un rapporto strano con il giudizio. Siamo noi a volte ad avere dei pregiudizi rispetto ai pregiudizi che possono avere gli altri".

Altro tema della serie è l'identità. Ma oggi è un concetto ancora rilevante? "Siamo arrivati ad un punto limite di sopportazione verso tutti questi stimoli che ci mettono in difficoltà", spiega Romani. "Stiamo tornando ad una ricerca della vera identità. Forse perché ci siamo accorgendo che ciò che è veramente identitario è ascoltare noi stessi". Per Beranek: "Siamo passati da un estremo all'altro: abbiamo avuto un picco in cui c'era una ricerca di omologazione, anche dovuto al mondo social, che ti spinge ad assomigliare a qualcun altro. Adesso c'è una ricerca dell'unicità, siamo all'inizio di un nuovo percorso"_.
Sfidare le regole
Nemmeno a dirlo, il modus operandi di Gerri, nel risolvere i casi, è tutt'altro che canonico. In qualche modo c'è una rottura delle regole, e un'uscita dalla solita pressione sociale. "Le regole non devono intaccare la libertà, che sia umana o creativa. Ogni tanto rompere gli schemi fa bene. Per esempio sul set: mi permetto di masticare le battute in modo diverso, riproponendole, tirando fuori una certa unicità".
Una questione di limiti, secondo Valentina Romani. "Siamo noi i primi nemici di noi stessi, nel senso che siamo noi, a volte, a porci dei limiti, pensando di non poterli superare, quando in realtà poi il bello è proprio andare oltre quello che noi crediamo possibile. È assolutamente necessario rompere un po' la regola che ci siamo dati. Come dice Giulio le regole vanno seguite finché non intaccano la libertà e la creatività".