Il film più personale di Alfonso Cuarón è ambientato nella spazio. Una storia di perdita, speranza, sconfitta e redenzione. Un percorso intimo sublimato in un'opera spettacolare che sfodera una tecnologia stereoscopica di altissimo livello. Gravity è un dialogo a due tra star. George Clooney e Sandra Bullock sono protagonisti assoluti di un'avventura spaziale mozzafiato nei panni di un astronauta esperto e di una dottoressa alla prima missione, rimasti soli nello spazio dopo che un'improvvisa pioggia di detriti danneggia la loro stazione spaziale e li isola dalla base di Houston. Alberto Barbera ha deciso di puntare sulla meraviglia inaugurando la 70° Mostra di Venezia con un film che coniuga elevato potenziale commerciale e autorialità visto che a firmarlo è proprio l'acclamato messicano Cuarón, che ha firmato lo script insieme al figlio Jonas Cuarón. Ed è proprio Cuarón a spiegare perché ha scelto di fuggire nello spazio per raccontarci qualcosa di sé. Quanto allo scanzonato Clooney e alla bellissima Sandra Bullock, la loro presenza al Lido garantisce il giusto tasso di glamour in questa prima giornata di festival.
Da dove è nata l'idea alla base di Gravity?
Alfonso Cuarón: Jonas e io abbiamo scritto la sceneggiatura in seguito a una serie di avversità. Quando stavamo per dare il via alle riprese sono finiti i soldi perciò abbiamo deciso di rimandare. Tutti nella vita ci troviamo di fronte a difficoltà e il modo in cui le affrontiamo ci definisce. Per universalizzare l'esperienza abbiamo deciso di semplificare la storia, passando dal particolare al generale.
Jonas Cuaron: Lo spazio è il luogo più terrificante che possiamo immaginare, perciò abbiamo creato un racconto di suspence ambientandolo proprio nello spazio.
George Clooney: Io e Sandra abbiamo fatto tanto yoga insieme. In realtà lei ha avuto la parte difficile. Io per prepararmi ho solo bevuto tanto.
Sandra Bullock: Le attrezzature usate, l'ambientazione... tutto era nuovo per noi. Dal momento che volevo rafforzare il fisico per il ruolo ho fatto tanto allenamento. Volevo che il mio personaggio assumesse un aspetto fisico particolare, puntavo a eliminare l'aspetto materno in me come spesso accade in seguito a una perdita.
George, tu che sei popolare tra le donne, ti sei davvero sentito solo nell'universo mentre giravi il film?
George Clooney: No, avevo intorno a me la troupe. Era difficile sentirsi soli. Stavolta Alfonso ha utilizzato una macchina che serviva per illuminare la scena, la scatola di luce, e ogni volta che ci veniva addosso dovevamo stare concentrarti e far finta di niente.
Quanto ti sei preoccupato della veridicità dei comportamenti dei personaggi nello spazio?
Alfonso Cuarón: Non volevamo fare un documentario. Ci siamo presi delle libertà, ma l'idea di base era partire dalla situazione di assenza di gravità. Il cervello umano è sintonizzato sull'idea di peso e senza gravità le sue reazioni mutano. Perciò ho cercato di indicare la via da seguire agli attori, chiedendo loro di recitare in modo astratto. Sono molto grato a George e Sandra per la loro perfomance che ha superato ogni aspettativa.
George, cosa hai provato quando Cuaron ti ha chiesto di interpretare un personaggio molti simile a te, soprattutto nel sense of humor?
George Clooney: Per tutta la mia carriera ho cercato sempre di scegliere sceneggiature di qualità. Non credo che il personaggio di Gravity sia davvero simile a me, ma ho accettato la sfida. Gli elementi alla base di un buon film sono la sceneggiatura, il regista e gli attori. Se uno di questi elementi viene meno il film può collassare, ma in questo caso mi sono trovato a lavorare con persone straordinarie e non ho avuto dubbi.
Una domanda d'attualità politica. Cosa pensi della volontà di Obama di intervenire in Siria?
George Clooney: Pensavo che mi chiedesse cosa ne penso di Ben Affleck che fa Batman.
Alfonso Cuarón: Abbiamo avuto molti consulenti tecnici che lavorano nello spazio, astronauti, ma che fisici. I consulenti hanno cercato di spiegarci la reazione degli oggetti e dei corpi nello spazio. Di solito gli attori agiscono in modo intuitivo, ma stavolta occorreva costruire da zero azioni, comportamenti e reazioni in un ambiente sconosciuto perciò è servita una notevole precisione.
Sandra, è vero che ti sei rivolta a un astronauta per prepararti al film?
Sandra Bullock: Si, è vero. Ho parlato con alcuni astronauti che lavoravano sulle basi spaziali. Uno di loro, conoscente di mio fratello, mi ha telefonato dallo spazio e mi ha descritto le reazioni fisiche aiutandomi moltissimo. Mi ha fatto anche capire il motivo per cui fa quel tipo di lavoro. Gli astronauti hanno una passione enorme per la vita e sono così preoccupati del futuro degli uomini da decidere di partecipare a missioni di ricerca, pur consapevoli dei rischi che corrono.
Stavolta la tecnologia si lega alla poesia. Dietro la grandiosità del 3D c'è un valore metaforico.
Alfonso Cuarón: Dal momento in cui abbiamo deciso di fare un film sullo spazio era chiaro che il valore metaforico del tutto era altissimo. Parliamo di difficoltà, di esperienze drammatiche e di rinascita. Ovviamente una parte di questa rinascita è legata al senso della morte. L'obiettivo più alto di ogni essere umano è l'accettazione della morte. Il personaggio di Sandra vive in una bolla, ha bisogno di lasciarsi alle spalle il passato, deve cambiare pelle e ripartire. Il riferimento nella scena finale è un chiaro accenno alla storia evolutiva dell'uomo che è anche l'evoluzione della protagonista del film.
I vostri personaggi reagiscono in modo piuttosto controllato a una situazione di estremo pericolo. Ma voi nella vita come vi comportate di fronte alle difficoltà?
George Clooney: Cerco di essere calmo. Ogni tanto amo le avversità, sono un buon test. E' facile essere bravi e calmi quando tutto va bene, ma mettendosi alla prova emerge la vera forza d'animo.
Sandra Bullock: Sono certa che il futuro mi riserva molte avversità e molte ne ho vissute in passato. Sono orgogliosa di come ho reagito, perché in quei momenti ho capito cosa conta davvero nella vita. Però non sono razionale come il mio personaggio. Lei è estremamente tecnica e lucida perché è competente nel suo lavoro, inoltre la sua calma deriva dalla consapevolezza di aver perso ciò a cui più teneva nella vita.
George Clooney: Abbiamo acquistato un satellite in Sudan perché volevamo controllare le atrocità che accadono in quell'area. E' una cosa che ha avuto molto successo.
L'ironia presente nel film era già nello script o è un contributo degli interpreti?
Jonas Cuarón: In realtà molte cose erano già presenti nello script che è estremamente dettagliato, anche se avere George e Sandra è stato un privilegio.
Sandra, per gran parte del film sei sola. Quale è stato l'aspetto più difficile della tua performance, quello fisico o quello mentale?
Sandra Bullock: In questo caso entrambi. Nei momenti in cui giravo le scene in cui sono sola nello spazio con me avevo solo Alfonso, la musica e la mia mente. Sono stata spesso chiusa dentro una scatola o legata ai cavi, mentre sono stata poco tempo insieme a George. Però mi bastava sentire la sua voce o vedere una parte del suo corpo per sentirmi meglio. A volte un contatto umano ti aiuta moltissimo sia nel lavoro che nella vita.