Gassman, Argentero e l'amore ne La donna della mia vita

Presentata a Roma la nuova commedia diretta da Luca Lucini che vede protagonisti Alessandro Gassman e Luca Argentero nei panni di due fratelli che entrano in conflitto per colpa di una donna. Nel cast anche Stefania Sandrelli, Giorgio Colangeli e la bellissima Valentina Lodovini.

Una donna, bella e procace, e Leonardo e Giorgio, due fratelli che più diversi non si può, uno single reduce da un tentato suicidio per amore e uno sposato (Luca Argentero e Alessandro Gassman), tenuti sotto controllo da mamma Alba (Stefania Sandrelli) che cerca di barcamenarsi in ogni modo in famiglia per mantenere il famoso quieto vivere, tenendo a bada marito (uno strepitoso Giorgio Colangeli) e figli. Tutto precipita però quando nella loro vita entra Sara (Valentina Lodovini), la nuova fidanzata di Leonardo che si scoprirà essere stata una delle turbolente avventure extra-coniugali del fratello Giorgio. A questo punto tutto subirà uno scossone e le relazioni familiari come quelle sentimentali saranno totalmente sconvolte. Mamma Alba, da brava chioccia, sarà costretta a intervenire per riportare l'armonia in famiglia sfoderando i suoi assi nella manica e senza far mancare i colpi di scena.
Ci racconta il gioco delle parti in amore e negli affetti familiari Luca Lucini (Amore, bugie e calcetto, Solo un padre e Oggi sposi) nel suo nuovo film La donna della mia vita, una commedia sentimentale brillante e frizzantina in cui sono confluite le forze di due società produttrici, l'italiana Cattleya e la _Universal Pictures _e che sarà nelle sale da venerdì 26 novembre distribuito proprio dalla Universal in 250 copie.
Presenti in sala dopo la proiezione per i giornalisti il regista del film Luca Lucini, i protagonisti Alessandro Gassman, Luca Argentero, Valentina Lodovini, Giorgio Colangeli e la Sandrelli (arrivata con un po' di ritardo come nella migliore tradizione delle dive), insieme alle due sceneggiatrici del film Teresa Ciabatti e Giulia Calenda che hanno scritto il film (a partire dal soggetto scritto da Cristina Comencini). A chiudere la rosa della squadra che ha presentato il film presso il cinema Adriano di Roma anche i rappresentanti delle due case di produzione coinvolte Richard Borg per Universal e Marco Chimenz per Cattleya.

Cosa ne pensate della crisi del cinema italiano e della protesta che in questi giorni sta imperversando nel paese?

Marco Chimenz: In qualità di rappresentante della società di produzione cinematografica e televisiva mi sento di esprimere a nome di tutti la nostra solidarietà a tutti coloro che in questi giorni manifestano contro i tagli del governo allo spettacolo, ci uniamo a tutti quelli che il 22 novembre daranno voce alla protesta di tutto un settore che è in grossa e profonda crisi. Vorrei anche sottolineare che il fatto che ancora non siano stati presi dei provvedimenti in merito al tax credit è una cosa inaudita, speriamo che ciò accada entro pochi giorni ma il fatto che non sia già successo ha provocato danni incalcolabili, film che erano in programmazione per un inizio riprese all'inizio dell'anno prossimo sono stati cancellati o rinviati a data da destinarsi, per non parlare della rilocalizzazione all'estero di film e fiction tv, che sta portanto un grande disagio per i giovani attori come per le maestranze. Fortunatamente noi ci siamo avvalsi di attori molto richiesti dal mercato e che non risentono della crisi in maniera pesante ma ci sentiamo solidali al 100% con i colleghi, soprattutto con tutti quei giovani registi e sceneggiatori che escono dalle scuole di cinema senza alcuna chance di iniziare una carriera. Condividiamo in toto le ragioni della protesta.
Richard Borg: In rappresentanza di una major come la Universal Pictures mi sento solidale in un periodo ricco, associarmi a questo momento così drammatico del cinema italiano, un momento che coincide con un periodo in cui escono film italiani di grande successo. Il cinema ha bisogno di crescere anche se quest'anno il cinema italiano ha totalizzato più del 30% degli incassi totali ed è assurdo che qualcuno voglia tagliargli le gambe proprio ora.

Come avete affrontato il percorso sentimentale e psicologico dei vostri personaggi?

Luca Argentero: Quello di Leonardo è un personaggio che subisce un grande cambiamento, un elemento in più di divertimento che io ho considerato sin da subito molto appetitoso, è proprio la sua trasformazione il punto critico del film, è impensabile che il nerd della prima parte del film si possa poi trasformare in un latin lover senza scrupoli. Abbiamo impiegato molto tempo per capire come rendere credibile questa mutazione.
Alessandro Gassman: Voglio fare i complimenti alle sceneggiatrici del film per aver scritto la storia di questa famiglia che alla fine del carosello sentimentale che la travolge si ritrova diversa, forse migliore di quel che era all'inizio. Ultimamente mi vengono attribuiti ruoli che incarnano sempre dei grandi figli di buona donna, ruoli per cui evidentemente sono abbastanza portato anche grazie alla faccia da schiaffi che mi ritrovo, ma questo personaggio è un po' diverso da tutto il resto e sono grato a tutti per avermi concesso l'opportunità di lavorare su corde più raffinate di sempre. E poi diciamolo, rincontrare un'attrice come Stefania Sandrelli, che è stata moglie e amante di mio padre in molti film, è stato un po' come rivedere una persona cara di famiglia dopo tanto tempo, ritrovarmela come madre è un po' come se lo fosse veramente. Ringrazio anche Luca Argentero per essersi reso odioso e perfettino, ho dovuto veramente sforzarmi poco per detestarlo (ride).

Signora Sandrelli, ci racconta il suo incontro con Alessandro Gassman alla luce anche dei rapporti che negli anni l'hanno legata a Vittorio in tanti film? Visto che lavora con Muccino, Lucini e Virzì ci fa un paragone tra la commedia di oggi e quella di ieri?

Stefania Sandrelli: Alessandro l'ho visto nascere praticamente, me lo ricordo da piccolo ma anche da grande lo conosco bene come attore, abbiamo lavorato a teatro insieme e ci siamo divertiti da morire, con lui al mio fianco mi sono sentita a mio agio. Ho fatto tanti film con Vittorio, l'ho amato tantissimo, ma Alessandro non mi fa rimpiangere come attore Vittorio, è diverso dal padre ma al contempo ha anche molto di lui, forse potrà anche riuscire ad essere migliore come attore. La commedia l'ho fatta tante volte e la amo molto, qui come nella commedia classica all'italiana c'è il dramma e la commedia allo stesso tempo, ma c'è anche qualcosa di innovativo, l'ho capito strada facendo mentre andavamo avanti con le riprese. C'è qualcosa di molto attuale in questo film, ed è bello quando il cinema prende le cose migliori del passato e va anche avanti per la sua strada.

In un'intervista Alessandro Gassman ha detto che suo padre Vittorio sin da quando era piccolo gli diceva che il cinema sarebbe presto entrato in crisi...
Alessandro Gassman: Sì, sono cresciuto sentendo mio padre che diceva "c'è la crisi, c'è la crisi!". Ora sembra essere arrivata drammaticamente, sono 45 anni che c'è la crisi ma gli attori della generazione di mio padre hanno vissuto un'industria cinematografica talmente in buona salute e in cui si capiva benissimo l'importanza della 'macchina' cinema, che non avevano minimamente idea di cosa potesse accadere. Ora il cinema viene visto come un fardello quando è altamente redditizio per chi sa farlo bene. Per colpa dei forti tagli al FUS mi sento di ribadire, in qualità di direttore di un teatro stabile, il sostegno totale alla categoria cinema in tutte le sue figure professionali, dai macchinisti alla sartoria, agli elettricisti, a tutti quelli che hanno reso grande il nostro cinema.

Come ha vissuto questa esperienza in una commedia sentimentale un'attrice giovane come Valentina Lodovini che al cinema sta spopolando con un'altra commedia come Benvenuti al Sud?

Valentina Lodovini: Per me la cosa più interessante di tutte è stato il copione, l'ho trovato molto simile a una piece teatrale, tutto basato sulle relazioni tra i personaggi e sui tempi di recitazione. La cosa ha richiesto molto lavoro di gruppo con i colleghi, un lavoro che mi ha portato a fidarmi ciecamente di tutti loro. E' stata un'esperienza molto stimolante, il comune denominatore tra tutti i personaggi è che tutti mentono a tutti e si raccontano bugie su bugie, finzioni a cui finiscono per credere anche loro stessi oltre allo spettatore, almeno fino ad un certo punto, poi la natura di ognuno viene fuori in tutto il suo cinismo. Ricordo la prima volta che l'ho letto ho pensato che fosse un testo molto femminile in cui viene fuori la grande caparbietà delle donne e anzi è il fulcro del film. C'è la figura di questa mamma maniaca del controllo che decide i destini di tutti, figli e amanti, poi proseguendo con la lettura viene fuori anche la sua fragilità e quella delle donne in generale perchè sono tutte donne che hanno paura, che non riescono a lasciarsi andare per amore, che non riescono ad essere felici e vere. Per me questo è stato l'aspetto più attraente e prezioso della storia.

Cosa ci racconta Giorgio Colangeli di questo ruolo paterno che gli calza a pennello?
Giorgio Colangeli: Ho deciso di partecipare al film con grande entusiasmo, l'ho sin da subito visto come una macchina ben oliata piena di simmetrie di rimandi interni che consentono letture a più livelli della storia, letture mai banali, le storie sono spesso complesse specialmente quelle che toccano dei temi apparentemente leggeri cercando di scavare a fondo. Aver incontrato Stefania Sandrelli è stata per me una grande emozione, rivivere grazie a lei lo spirito di un certo tipo di cinema e il ricordo di quel cinema che avevo vissuto come spettatore è stato per me quasi un premio alla carriera. L'ambiente familiare che si è creato sul set e le conseguenti relazioni tra noi attori, il tutto sotto la direzione discreta ma lungimirante di Luca Lucini hanno portato ad un risultato positivo. Non è facile avere la mano leggera e non essere invadente da parte di un regista quando si dirigono tanti attori, rispettare una certa misura è stato difficile da parte sua e gli va riconosciuto questo grande merito. Il mio personaggio mi è piaciuto subito, era divertente, complesso, un uomo che non è un uomo superficiale ma ha un rumore di fondo, nasconde un segreto. Possiamo dire che io e Stefania siamo una sorta di contrappunto senile alla vicenda dei giovani del film che poi sono i nostri figli. Poi ad un certo punto anche lui ingrana la marcia in famiglia e dall'angoletto cui era stato stretto dalla sua donna egli riacquista una sua centralità e riesce ad individuare forse per la prima volta com'è realmente fatta la sua famiglia.

Come ha affrontato Stefania Sandrelli questo ruolo di mamma e di donna così dolce e forte allo stesso tempo?
Stefania Sandrelli: La donna della mia vita è una frizzante commedia degli equivoci in cui sono capitata e mi ci sono tuffata volentieri. Ho cercato di fare qualcosa di nuovo ma allo stesso tempo di non tradire la mia indole di attrice drammatica, il cinema è fatto di persone e per quel che mi riguarda o in un cast mi ci sento a mio agio e li sento familiari oppure no. Mi sono da subito sentita a casa e la cosa mi ha facilitato moltissimo. Con i miei due ragazzi e anche con Valentina sul set è stato amore a prima vista, poi si sa che siamo tutti un po' divi, ma bisognava superare i personalismi a favore della coralità. Ci voleva una commedia nuova, che tocca temi contemporanei e molto attuali, è ora di finirla con questi film che continuano a ripetersi e che sono tutti uguali. A mio avviso quel che ha fatto la differenza sono stati gli occhi attenti e la lucidità di Luca Lucini.

Il suo film racconta le storie sentimentali di una famiglia borghese benestante, bisogna essere per forza bello e benestante per avere un'amante?

Luca Lucini: Quel che mi interessava era raccontare le dinamiche di una certa classe sociale milanese, io da milanese riconosco benissimo quel tipo di famiglie di estrazione borghese figlie di una società benestante dal passato nell'industria ancora molto presente a Milano e che della città ha fatto la storia. Volevo delineare le dinamiche interne dei sentimenti, di sofferenza ma anche di genialità, e in qualche caso di devastazione psicologica. Un bagaglio di elementi molto interessante che ho provato a rappresentare con la leggerezza della commedia in un momento in cui la società attraversa una crisi d'identità davvero straniante. La storia originale delle sceneggiatrici era ambientata proprio a Milano e l'ho sentita molto mia.

Se in Solo un padre aveva tentato una strada più personale, qui la leggerezza della commedia è forse troppo rispettosa dell'amalgama e del livello delle interpretazioni a scapito dell'autorialità. Si è posto il problema di apportare nel film qualcosa di suo e se spingere o meno sul pedale del cinismo e della cattiveria per ottenere una maggiore incisività?
Luca Lucini: Sono due film diversissimi, eppure tutti e due mi rappresentano. Credo che questa sia una cosa abbastanza singolare per i giovani cineasti italiani. La mia visione della regia è ricevere una storia, interpretarla secondo le tue caratteristiche e cercare di incontrare il gusto del pubblico in tutto questo. Trovo che sia sbagliato il concetto che va di moda oggi e cioè quello che solo l'autore della sceneggiatura può dirigere bene il film. Volevo essere meno invadente possibile, quel copione scritto da tre donne era bellissimo, equilibrato, quasi teatrale, mi ricordava certi film americani perfetti in cui la macchina da presa quasi non esisteva per gli interpreti, esistevano la scenografia, la fotografia, gli attori, i costumi. Una volta che ho deciso che atmosfera dare al film, procedo senza pensare all'autorialità. Sono molto soddisfatto del risultato che ho ottenuto, la mia è stata una scelta, non mi sono mai posto il dubbio di cosa mettere di mio, l'autorialità in questo film l'avrei trovata una cosa gratuita.