Gagliardi porta al cinema il Tatanka scatenato di Saviano

Presentato a Roma il film liberamente tratto dal racconto di Roberto Saviano che racconta la storia di uno dei tanti campioni nati e cresciuti a Marcianise, feudo della camorra ma anche vivaio storico del pugilato italiano.

Lo chiamano Tatanka, il termine che nella lingua Sioux indica il bisonte maschio, ma il suo nome è Clemente Russo ed è il pugile italiano vincitore della medaglia d'oro ai mondiali del 2007 e medaglia d'argento alle Olimpiadi di Pechino 2008 con la squadra delle Fiamme Oro della Polizia di Stato che da circa un mese lo ha sospeso dal servizio senza stipendio per non esser riuscito a convincere gli autori del film a rimuovere alcune scene giudicate irrispettose nei confronti del corpo.
"Testa bassa, naso all'altezza del petto, occhi tirati su, fronte bassa e giù a picchiare", così Roberto Saviano definisce il giovane Clemente Russo nelle pagine a lui dedicate ne La bellezza e l'inferno (ed. Mondadori), la raccolta di racconti che racchiude il meglio dei suoi scritti e che nel 2010 si è aggiudicato l'European Book Prize come Miglior Libro Europeo. Ed è così che ci appare nell'opera seconda di Giuseppe Gagliardi liberamente tratta dalle pagine di Saviano, come un ragazzo che ha sfruttato la sua passione per la boxe come via d'uscita da un destino certo nelle grinfie della camorra, che nel pugilato a Marcianise, piccolo centro della provincia di Caserta, non mette le mani semplicemente perchè c'è troppo onore nello sport e girano troppi pochi soldi. "Tutti in palestra, senza distinzione di colore, testa e gusto, perchè dentro si è tutti rossi, come il sangue". Prodotto da Margherita Film e Minerva Film in collaborazione con Rai Cinema, Tatanka è un film molto italiano, nel senso più positivo del termine. E' insieme l'epica avventura di un combattente che non lotta solo per se stesso ma i suoi sono i cazzotti di un'intera generazione all'indifferenza e all'omertà.
Presenti alla conferenza stampa di presentazione tenutasi alla Casa del Cinema di Roma il regista Giuseppe Gagliardi, lo sceneggiatore Stefano Sardo in rappresentanza della squadra di sceneggiatori che ha dato vita al film, i protagonisti Clemente Russo, Giorgio Colangeli, Carmine Recano e il cantante Raiz (ex-Almamegretta) accompagnati dai rappresentanti delle società produttrici, Gianluca Curti per Minerva e Margherita Film, Paolo Del Brocco di Rai Cinema e Leandro Pesci di Bolero Film società che distribuirà il film a partire da venerdì 6 maggio con 189 copie di cui 38 solo in Campania.

Qual'è stata l'emozione più forte che ha provato durante le riprese del film e che le è rimasta nel cuore?
Giuseppe Gagliardi: La cosa più bella di questi ragazzi che si allenano nelle palestre di Marcianise è senz'altro il loro essere del tutto diversi fuori dal ring. Sono dei ragazzi disciplinati, calmi, quasi degli agnellini. E' stato molto interessante il lavoro fatto con Clemente, che era al suo esordio davanti alla macchina da presa, e con Carmine e Giorgio che essendo attori esperti lo hanno saputo guidare verso la meta. Tutti insieme siamo riusciti a costruire il bellissimo personaggio di Michele, siamo riusciti a capire qual'era la chiave giusta per fa uscire la forza di Clemente e giocare sul suo istinto, stimolarlo e far uscire fuori tutta la sua potenza.

Sin dalle prime sequenze, dall'inseguimento tra i vicoli, si capisce che siamo di fronte ad un vero film di genere, di quelli che in Italia si vedono pochissimo, come se fosse il Paese sbagliato per farli. Si aspettava una prova attoriale di questo livello da un esordiente campione di pugilato?
Giuseppe Gagliardi: Ero convinto sin dai primi provini che si sarebbe potuto fare un ottimo lavoro con lui, il fatto che sia abituato a mantenere una certa disciplina da 15 anni lo ha solo aiutato nel sostenere il lavoro intensivo e impegnativo fatto sul set per le riprese. La scorza degli atleti come lui si fa abituare in fretta a certi ritmi, poi il dialetto e l'essere nato in quei luoghi ha fatto il resto, ha conferito al film quel realismo che cercavamo.

E' stato più faticoso allenarsi ore e ore in palestra o stare ore e ore su un set cinematografico?

Clemente Russo: E' molto strano per me trovarmi ad una conferenza stampa a parlare di cinema, sono abituato a parlare solo di sport e di pugilato in particolare. Ho fatto sul set quello che mi veniva spontaneo fare, sono stato me stesso, la cosa che mi ha aiutato di più ad affrontare questa sfida è stato conoscere Giorgio e Carmine una ventina di giorni prima dell'inizio delle riprese. Mi hanno dato molte dritte, mi hanno messo sul binario giusto, ma io nasco pugile ed è quello che voglio continuare a fare ancora a lungo, ho tanti traguardi da raggiungere, fare l'attore è stata una bella esperienza collaterale ma il tempo che ho a disposizione è talmente poco con gli allenamenti e le gare che non so se mi ricapiterà mai di rifarlo.

E' chiaro che quella raccontata nel film non è la storia personale di Clemente ma l'adattamento cinematografico del racconto di Saviano ampliato per raccontare una storia di più ampio respiro sulle giovani generazioni del sud Italia che sfuggono al controllo della malavita. La tensione drammaturgica che si respira sin dalle prime scene si potrebbe paragonare alla tensione pre-incontro dei pugili?

Giuseppe Gagliardi: Abbiamo deciso di girare nelle location vere del romanzo, nelle palestre storiche di Marcianise come la Excelsior Boxe in cui è cresciuto Clemente, ed è stato per noi molto importante. In posti come quelli lo sport non significa solo mettersi di fronte ad un avversario faccia a faccia ma soprattutto prendere una strada diversa da quella 'facile' della malavita. Per non parlare del fatto di avere un vero campione del mondo sul set, è stato magnifico sentire il rumore dei suoi pugni in cuffia, abbiamo organizzato con lui ed altri atleti degli incontri veri, un'esperienza straordinaria a livello umano e professionale.
Clemente Russo: Il personaggio di Michele racchiude tanti pugili nella Campania dilaniata dalla camorra, ragazzi che cercano il proprio riscatto nello sport, nel sangue, nel sudore. Quando cresci mangiando pane e boxe sin da ragazzino e ti alleni per ore ed ore nello stesso posto alla fine si diventa tutti fratelli. Io non torno più tanto spesso a Marcianise ma solo due o tre volte all'anno, ma quando torno e i ragazzini del posto mi fermano per strada e mi dicono che vogliono diventare come me mi si riempie il cuore di gioia. La mia riposta è "voi dovete fare più di me, io sono arrivato secondo, voi provate ad arrivare primi".

Dal punto di vista della scrittura c'è stata un'attenzione particolare ai ritmi, al cambio di scenario quando ci si trasferisce in Germania, come avete lavorato su questi aspetti?
Stefano Sardo: Abbiamo cercato di salvare il più possibile la realtà, volevamo fare un film classico sulla boxe in chiave autentica rispettando i luoghi, i contesti sociali e del quotidiano, e il fatto che l'attore è veramente un boxeur di primo livello ci ha molto aiutato. Cosa rarissima nei film che parlano di pugilato in cui l'attore protagonista è quasi sempre un divo famoso poco incline ad approfondire i veri valori di questo sport. C'è voluto parecchio tempo per mettere ordine in tutto il girato, siamo partiti dal bellissimo ritratto d'ambiente di Saviano che però mancava di una storia vera e propria. Poi come per magia dallo scambio di idee tra noi sceneggiatori abbiamo trovato la chiave di lettura vincente e originale che ha aperto la strada alla realizzazione del progetto.

Com'è andata sul set il rapporto tra il maestro Colangeli e il campione Russo?

Giorgio Colangeli: Il mio allievo mi ha insegnato tutto della boxe, sport di cui io non sapevo assolutamente niente, io ho ricambiato il favore dandogli qualche suggerimento per la recitazione, anche se lui è uno che impara velocemente e da uomo di carattere e di grinta ha preso in mano la situazione con grande entusiasmo. Durante la torrida estate di Marcianise che ha fatto da sfondo alle riprese c'è stato un momento in cui mi sono dimenticato di tutto quello che c'era intorno, è stato un set apparentemente fuori controllo, non sapevo da dove mi si stava inquadrando ed è stato merito di Giuseppe se la verità è uscita fuori così prepotentemente. E' stato un periodo di continuo training con i ragazzi di Marcianise, anche a set chiuso, di sera, si continuava a lavorare e a parlare del film, è stato fuori dal ciak che sono venute fuori le cose più utili. Sono rimasto molto colpito dalla mitezza caratteriale di questi atleti che in palestra e sul ring se le danno di santa ragione e poi danno del 'maestro' al loro istruttore con un rispetto quasi religioso.

Cosa ha convinto Rai Cinema a produrre il film?
Paolo Del Brocco: Tatanka ci è apparso da subito come un film che si sarebbe inserito perfettamente nella nostra linea editoriale assai variegata, il pubblico ha tante diverse esigenze e credo che sia un dovere di Rai Cinema alimentare tutti i generi. E' una storia forte che ha avuto da subito una compagine produttiva importante, un progetto molto diverso dal solito che il servizio pubblico aveva il dovere di percorrere.

Questo film le è costato molta fatica ma anche una rischiosa punizione da parte della Polizia di Stato, com'è andata esattamente?
Clemente Russo: Quando sono stato contattato dalla produzione ho presentato la sceneggiatura alla Polizia e alle Fiamme Oro per l'autorizzazione ma dopo un po' di tempo il loro 'ok' non arrivava. Mi chiesero di proporre al regista di tagliare alcune scene in cui la Polizia veniva messa in cattiva luce ma dopo il rifiuto dei realizzatori per scelta artistica, a pochi giorni dall'inizio del film, ho deciso di mettermi in aspettativa sindacale e questo ha scatenato delle reazioni molto decise. Avevano deciso per la deplorazione definitiva poi considerati i miei successi sportivi e le qualificazioni per le Olimpiadi di Londra del 2012 hanno optato solo per una sospensione di 6 mesi senza stipendio, ma almeno potrò continuare ad allenarmi e a combattere con la squadra.

Quali erano le scene incriminate?

Giuseppe Gagliardi: La scena dell'interrogatorio in cui un ragazzo accusato ingiustamente di essere un killer viene soffocato con acqua di mare spintagli in gola con un tubo. Non era nel racconto di Saviano ma opera degli sceneggiatori perchè tratta da un fatto di cronaca realmente accaduto in Sicilia. Non volevamo rinunciarci perchè era la scena giusta che ci avrebbe permesso di raccontare il contesto in cui questa storia si svolgeva, era importante per noi farcire la prima parte del film con eventi che rappresentano la situazione di tutto il sud del nostro Paese. Non ce la siamo sentita di tagliare e di autocensurarci ma non avevo alcuna intenzione di mettere a repentaglio la carriera di Clemente.

Saviano ha visto il film?
Giuseppe Gagliardi: Sì, e gli è piaciuto molto, ci ha chiamati per dirci che si riconosce molto in questo film e che non è stata tradita l'idea di fondo che aveva mosso il suo racconto. Ci ha fatto molto piacere, non tanto per la sua sovraesposizione mediatica degli ultimi mesi ma perchè credo che personaggi come Saviano abbiano finalmente avuto la giusta collocazione in questo mondo dell'informazione un po' deviato e malsano. Siamo contenti di questo, anche se oggi non è potuto venire per motivi di sicurezza come ben potete immaginare, ma avere la sua approvazione per noi era di primaria importanza.