Ci sono dei film che nascono dalla realtà, da incontri importanti, e poi prendono una vita loro. Nella recensione di Futura, il film di Lamberto Sanfelice in uscita al cinema il 17 giugno, vi parliamo proprio di uno di questi casi. Il regista ha davvero incontrato un musicista, lo ha scoperto guidato dal suono di tromba che suonava jazz. A suonare era un tassista, seduto al posto di guida nel suo taxi, fermo al parcheggio dove sostano le vetture in attesa dei clienti. Da qui sono nate una serie di domande, quelle domande che, chi fa cinema, chi scrive storie, è bravissimo a farsi. E a darsi delle risposte per farne un racconto. Così è nata Futura la storia un jazzista che ha buttato via i suoi sogni e vive una vita sospesa, una vita notturna fatta di spaccio di droghe, una vita che sente come una prigione, da cui è troppo stanco per scappare. Futura è un film molto particolare, fatto di musica, che vive sull'onda delle note, e di immagini notturne dalla bellezza abbagliante. Quella di Lamberto Sanfelice è una narrazione rarefatta, a volte troppo, fatta di sensazioni che non sempre riescono a farsi racconto, a tirare dentro la storia, a creare empatia.
Un viaggio nella città della notte
Louis (Niels Schneider) è un jazzista di talento, ma ha rinunciato ai suoi sogni e alla musica: la vita da trombettista, da subito, non è stata facile. Come i musicisti, anche lui lavora la notte. Ma gira la città, la nuova Milano dei grattacieli, guidando il suo taxi e accompagnando Lucya (Daniela Vega), una transessuale cilena, spacciando cocaina per strada, in parcheggi sotterranei, o in discoteche rimbombanti di musica techno. Ha una moglie, Valentina (Matilde Gioli) e una figlia, Anita (Aurora Onofri) che lo aspettano, ma per cui sembra non esserci mai. La sua è una vita sospesa, non vissuta, frustrata. E nel suo passato c'è una relazione irrisolta con la figura paterna, il sassofonista Max Perri. Niko (Stefano Di Battista) un amico del padre, gli propone di suonare insieme. Louis è consapevole che potrebbe essere l'occasione della sua vita. Ma lasciare la sua vita di oggi non è facile.
Futura, clip esclusiva del film di Lamberto Sanfelice
Un film notturno
Futura è un film decisamente notturno. Si apre con un assolo di tromba avvolto dalle luci di un club. E continua, lungo le strade illuminate, con le luci al neon che si riverberano sui vetri di una macchina. Ci sono le luci più violente, accompagnate dalla musica techno, nei passaggi nelle discoteche, e quelle più soffuse, calde, avvolgenti, dei club dove si suona il jazz. Sono due mondi distinti, lo spaccio e lo sballo, l'arte e il cibo per l'anima, distinti e incompatibili, ma che vivono uno accanto all'altro, contemporaneamente. Luis è un'anima divisa in due, tra la sua vita attuale, frustrante e anaffettiva, e la sua vita precedente, carica di sogni e speranze.
Luca Bigazzi, maestro della fotografia
Il regista, da un lato, riesce a mostrarci tutto questo in maniera mirabile, con un senso degli spazi e dell'inquadratura davvero notevole, e un senso pittorico seducente e riuscito, grazie anche alla fotografia di un maestro come Luca Bigazzi, qui a livelli altissimi. Futura è, prima di tutto, un film elegante, avvolgente, atmosferico. A questo effetto contribuisce ovviamente la musica. La colonna sonora jazz, scritta da Stefano Di Battista ed Enrico Rava, con il primo che è anche uno dei personaggi della storia, è raffinata e di alto livello. Anche Sarà perché ti amo, dei Ricchi e poveri, in versione jazz, acquista eleganza.
Damien Chazelle e The Eddy
Quello che, però, in Futura sembra non funzionare è l'empatia con i personaggi. Sin dal primo monologo di Lucya, sembriamo allontanarci dal film. É il tono della recitazione, un po' distante, etereo, che non rende i personaggi reali, palpabili. Inoltre, se i numeri musicali, come detto, danno al film un tono alto, avvolgente, e che in un certo senso sono narrazione, ne fanno parte, dall'altro lato rallentano la storia, la fermano spesso. Quella di Futura è una storia che sembra stare a lungo ferma e, se a un certo punto ci sono delle svolte, che arrivano verso la fine, non bastano a scuotere un racconto che è stato spesso inerme. Il rischio è che la musica sovrasti una storia che non sembra in grado mai di spiccare il volo. Pensiamo a un altro prodotto che, in un certo senso, mescolava la brutalità della vita all'elevazione dell'arte, e viveva su questo scontro, la serie The Eddy di Damien Chazelle, o allo stesso Whiplash, sempre dell'autore di La La Land. Pur lasciando molto spazio alla musica l'azione era vibrante, i personaggi disegnati a tutto tondo, approfonditi, viscerali nelle loro interpretazioni. Qui sono state fatte ovviamente altre scelte, Ma il rischio, appunto è che storie e personaggi non arrivino allo spettatore.
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La musica che gira intorno
In Futura tutto gira intorno alla musica, la musica funge da tramite tra i personaggi e ne definisce il mondo. La musica techno è la vita notturna di Louis e Lucya. Il jazz è il mondo di Louis, il suo legame con il padre (ispirato a Massimo Urbani, un grande jazzista del passato, a cui sono ispirate anche le musiche del film, composte e suonate da due grandi del jazz come Enrico Rava e Stefano Di Battista). La lirica è il mondo di Lucya, che canta la Madama Butterfly di Puccini su base trip-hop in un locale notturno. Valentina, la moglie di Louis, ha un passato rock. E la piccola Anita è più cose in una, come deve essere una ragazzina della sua età. È il pianoforte, la musica classica, ma anche la musica pop. Per quello che è un film elegante, affascinante, ma imperfetto, una cosa va detta. Se vi va di abbandonarvi a suoni, immagini, sensazioni e melodie, questo sì - oggi che si dibatte spesso su cosa va visto in sala e cosa va visto a casa - che è un film da vedere al cinema, per farsi avvolgere dai suoni e abbagliare dalle immagini.
Conclusioni
Nella recensione di Futura vi parliamo di un film molto particolare, fatto di musica, che vive sull'onda delle note, e di immagini notturne dalla bellezza abbagliante. Quella di Lamberto Sanfelice è una narrazione rarefatta, a volte troppo, fatta di sensazioni che non sempre riescono a farsi racconto, a tirare dentro la storia, a creare empatia.
Perché ci piace
- Il senso del regista per gli spazi e per l'inquadratura.
- La fotografia abbagliante di Luca Bigazzi.
- La musica, filo conduttore e vera protagonista del film...
Cosa non va
- ..che però in qualche modo ferma il racconto.
- La recitazione, distante, rarefatta, rende i personaggi distanti, non crea empatia.
- L'insieme fa sì che quello di Futura non riesca mai ad essere un racconto compiuto.