Recensione Finché nozze non ci separino (2004)

La visione irriverente del film è un lungo sberleffo ai superficiali, esteso poi a volo d'uccello ad una società che agisce senza comprendere realmente l'essenza della sue azioni.

Fuga dal matrimonio

Dopo alcuni anni di serena convivenza, Lola ed Arthur sono persuasi di sposarsi, dalla decisione di alcuni amici. Non profondamente convinti di farlo, entrano presto in crisi tra le pressioni di lei, avvinta dal sogno romantico e le reticenze di lui, sfuggente alle banali formalità. Trascorso un breve periodo di allontanamento, Arthur torna sui suoi passi, persuaso di voler soddisfare ogni più piccolo desiderio della donna che ama; si lascerà travolgere dai preparativi che lo porteranno ad accettare infiniti compromessi fino al fatidico giorno. Ecco che l'idea del matrimonio sull'isola caraibica lascia il posto alla tenuta di famiglia, mentre la stretta selezione di parenti si allargherà ad una cerchia di conoscenti, patteggiata in cambio di prestiti a fondo perduto.
L'idea di rimanere fedeli ai propri ideali, senza scivolare nel grottesco alla ricerca di una coreografia da favola, è perduta e il significato della cerimonia stravolto. Lola ed Arthur perdono presto il controllo delle proprie intenzioni, dovendosi scontrare con la volontà di amici e parenti a scapito della sincerità delle loro intenzioni.

Il film di Julie Lipinski, presentato due anni fa al Film Festival Internazionale di Milano, è uno sguardo irriverente al matrimonio inteso come fenomeno di costume. Tradizioni e aspirazioni tendono a sostituirsi all'effettivo animus dell'evento. Sempre più simile ad un'esibizione di benessere ed originalità, la data nuziale perde di significato rimanendo una mera ostentazione formale alla quale ricorrere per abitudine o imitazione. La satira pungente di Finché nozze non ci separino si rivolge alle motivazioni che portano a celebrare una cerimonia che nasce come intima comunione fra due individui che si amano profondamente ma che, inserita in un meccanismo sociale, finisce per perdere identità allontanandosi sempre più dall'idea originale a seconda dell'autenticità dei sentimenti. Riecheggia spesso nel dialogo il concetto di matrimonio come atto formale e la convinzione per la quale celebrarlo in chiesa sia ridondante, a prescindere dal credo religioso. La leggerezza con la quale i personaggi si uniscono davanti a un giudice di pace, durante una festa in maschera o in una favolistica scenografia barocca, raggela tanto quanto l'idea di non sposarsi affatto. I personaggi ricorrono all'evento come panacea di tutti i mali: tradimenti, abulia o scetticismo, passano in secondo piano di fronte ad un velo bianco e ad un pomposo ricevimento, tornando poi a colpire più drammaticamente di prima. La visione irriverente del film è un lungo sberleffo ai superficiali, esteso poi a volo d'uccello ad una società che agisce senza comprendere realmente l'essenza della sue azioni. L'accusa non è diretta ai soli attori, ma alle circostanze che li risucchiano in un tira e molla di piccoli compromessi ai quali cedere per venire incontro ad amici e parenti, a loro volta schiavi delle circostanze. Un messaggio forte, dato fra le righe di una commedia dolce-amara in cui sfuggire alle circostanze diventa il vero anticonformismo e il plauso dell'autore va a dei bambini mai cresciuti che sfuggono alle regole dopo aver tentato, senza riuscirci, di rispettarle.

Il cinema francese torna divertito ad un messaggio di spontaneità senza troppe pretese autoriali.
Il cast prevalentemente teatrale, gioca un ruolo fondamentale, attribuendo sale ad una vicenda in sé non eccezionale. Le piccole sfumature del vivere quotidiano e la sottile follia che coinvolge chiunque si accosti ad un simile evento, sono suggerite da una sceneggiatura snella e fluida che sfruttando soluzioni non del tutto originali, tocca tutti i momenti clou: dalla fatidica proposta alla scelta dell'abito. L'autenticità di sentimenti è messa in crisi proprio nel giorno di consacrazione del vero amore e la macchina matrimoniale incede minacciosa costringendo gli sposi ad inevitabili forche caudine. Vagamente apocalittica la visione della regista che non lesina meschinità ed insulsaggini fra i protagonisti incarnando in ogni personaggio i più disparati aspetti fallimentari.
Poche idee, buon ritmo e qualche risata, per un film banalotto che arriva tardi nella commedia di genere ma non mancherà di far riflettere chiunque si stia accostando al grande passo e riesca a subodorare la sottile vena di follia che lo pervade.