Recensione Le roi de l'évasion (2009)

Se si riescono a mettere da parte i ricorsi pretenziosi e posticci del plot, Le Roi de l'évasion resta un film evasivo, seppure poco persuasivo, e senza troppe reticenze che annacqua le sue numerose tematiche con sketch divertenti e corrosivi, che provano in tutti in modi a oltrepassare i tabù piuttosto che a discuterli.

Fuga d'amore

Spregiudicato ma non volgare, dissacrante ma non sardonico Le Roi de l'évasion del francese Alain Guiraudie è una commedia rosa in cui la femminilità e il femminino vengono però soppalcati dall'universo gay. Sospeso tra una sessualità goffa e poco sensuale e un'idea dell'amore anomala e "trans-partes", il terzo lungometraggio di Guiraudie prova a divertire con una variazione sul tema erotico condita da gag umoristiche ben congegnate e velata da un'amarezza che eclissa talvolta l'intrattenimento. Attraverso questo meccanismo di induzione alla distanza, il regista racconta una storia talmente esagerata da sembrare surreale, eppure la sviluppa in una quotidianità che anela a una quieta normalità.

La trama di Le Roi de l'évasion si concentra sulle avventure e sulle disavventure del protagonista, il laido e pingue Armand, quarantatreenne venditore di macchine agricole che, preso dagli eventi, decide da un giorno all'altro di cambiar vita. Omosessuale libertino, Armand si ritrova attorcigliato a una sedicenne che crede di essersi innamorata perdutamente di lui. Anche se l'omone panciuto non prova gli stessi sentimenti per la ragazzina, decide di assecondarla e la segue in una lunga fuga tra le campagne. Inseguita dalla polizia e dalla famiglia di lei, la strana coppia riuscirà a sfuggire agli 'adulti' anche grazie all'uso di un misterioso tartufo, seminato da alcuni uomini del villaggio, che sembra abbia gli stessi effetti delle anfetamine e del viagra.
Parecchi gli elementi bizzarri che il regista inserisce in un racconto poco originale per destabilizzare un ordine precostituito delle cose, perfettamente en pendant con il sud di una Francia agreste e provinciale in cui è ambientata la storia. Tra questi spicca il faccione dell'attore protagonista Ludovic Berthillot, che con un sorriso ingenuotto e un corpaccio ingombrante attira le simpatie del pubblico, al quale ammicca con battute sulla libertà individuale (l'evasione del titolo si riferisce a una battuta amara di Armand) e fa superare quasi furtivamente l'estetica del cattivo gusto in cui scivolano spesso le insistite immagini. Se si riescono a mettere da parte i ricorsi pretenziosi e posticci del plot, Le Roi de l'évasion resta un film evasivo, seppure poco persuasivo, e senza troppe reticenze che annacqua le sue numerose tematiche (omosessualità, pedofilia, crisi della mezza età etc...) con sketch divertenti e corrosivi, che provano in tutti in modi a oltrepassare i tabù piuttosto che a discuterli.