Continua ad essere altalenante negli ascolti la seconda stagione di Fringe, ma l'annuncio del rinnovo della serie per l'anno prossimo sembra indicare che la Fox continua a credere nel progetto e sa che, in fondo, dipende un po' anche dalle decisioni prese riguardo la sua messa in onda, a cominciare da una serata poco felice e carica di concorrenza, fino alla poca continuità nella programmazione.
Peter, sedicesimo episodio della stagione 2, arriva infatti sugli schermi americani a quasi due mesi di distanza dal precedente Jacksonville, ed evidentemente il cliffhanger che li lega non è stato abbastanza forte da mantenere alta l'attenzione del pubblico, subendo un calo dagli oltre sette milioni del winter finale ai meno di sei della nuova puntata, per la quale sono tornati alla sceneggiatura Jeff Pinkner, J.H. Wyman e Josh Singer, avvalendosi del debutto dietro la macchina da presa dello show, ma con provata esperienza sul set di Dr House - Medical Division ed altre serie di successo, di David Straiton.
Il legale tra i due episodi, come dicevamo, è forte ed è relativo all'origine di Peter (da cui arriva il titolo dell'episodio), intuita proprio nel finale del bellissimo Jacksonville da Olivia. Inevitabile, dopo quanto accaduto, una spiegazione da parte di Walter Bishop - a noi come all'agente Dunham - e gli autori di Fringe ce la forniscono con un espediente narrativo interessante ed efficace, iniziando il nuovo episodio come se fosse una puntata di una serie parallela ambientata negli anni '80: l'incipit ci mostra un giovane Walter Bishop che mostra agli ufficiali dell'esercito per cui lavora quello che ci appare come un cellulare. Non si tratta di un'invenzione realizzata da lui è William Bell, ma di un oggetto copiato da un altro universo, parallelo al nostro ma più avanzato. Un altro universo che lo scienziato è in grado di osservare attraverso quella che è la vera invenzione da mostrare ai suoi superiori. Sul terrazzo dell'edificio la dimostrazione è rapida quanto sorprendente: l'invenzione di Bishop è lettarlamente una finestra sull'altro mondo, una cornice che, una volta attivata, mostra al suo interno quanto c'è dall'altra parte, un mondo uguale al nostro, se non in piccole differenze.
E' quando Walternate riesce a trovare la cura ma senza rendersene conto, sotto gli occhi impotenti di Bishop che lo osserva dall'altra parte della sua invenzione, che lo scienziato decide di fare il passo che ha sempre negato fosse possibile, conscio delle conseguenze: andare di persona nell'altro universo per somministrare alla replica del figlio la cura che è riuscito a replicare. Non tutto va come sperato, ovviamente, e Walter è costretto a portare l'altro Peter indietro con sè per poterlo curare direttamente. Ma come riportarlo indietro dopo averlo riavuto con sè? Come portarlo via nuovamente alla moglie dopo aver visto il suo sguardo mentre lo accoglieva?
E' quindi un episodio che fa luce su un momento chiave della storia alla base di Fringe, ricollegandosi a quanto già sapevamo sul salvataggio dei due Bishop da parte dell'Osservatore dopo la caduta nel ghiaccio, che scopriamo essersi verificata proprio al rientro nel nostro universo. Ma lo fa con cura dei particolari, a cominciare dai titoli di testa adattati ad un Fringe anni '80, con grafica d'epoca e termini scientifici adattati al periodo ("realtà virtuale", "tecnologia stealth", "chirurgia laser"), fino ai dettagli che differenziano il mondo di Walternate rispetto al nostro (in una sequenza compare un cinema che ha in programmazione Ritorno al futuro, ma con protagonista Eric Stoltz, attore che in origine avrebbe dovuto vestire il ruolo che è stato poi di Michael J. Fox).
La natura dell'importanza di Peter ci è ancora sconosciuta, ma ci verrà illustrata negli ultimi episodi prima della fine di questa stagione, che a detta degli autori e di Abrams in persona è più sorprendente di quella della precedente. Il tutto in attesa della prossima, che la Fox ha già rinnovato nel corso del periodo di pausa della serie.
Movieplayer.it
4.0/5