Ci sono serie che nascono e vivono sotto i migliori auspici, osannate e sostenute sempre e comunque, seguite con maniacale attenzione o totale partecipazione emotiva. Altre invece vengono bollate quasi subito, abbandonate, confinate in un angolo del piccolo schermo dove vivacchiano sempre sull'orlo della cancellazione.
E' questo secondo il caso di Fringe, attesa serie sci-fi firmata J.J. Abrams che pur al suo debutto nel 2009 aveva mantenuto una buona media di dieci milioni di spettatori per tutta la sua prima stagione. Una partenza lanciata che non ha retto la prova della lunga distanza: già dopo la premiere della stagione successiva, gli spettatori erano praticamente dimezzati, costringendo la Fox e gli autori a riflessioni e decisioni continue, fino all'episodio finale andato in onda lo scorso gennaio in USA (in Italia il 12 Maggio 2013 su Premium Action).
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Quelli che sono rimasti hanno subito l'inevitabile pathos che ha accompagnato ogni rinnovo della serie, fino all'ultimo per una quinta stagione ridotta: costantemente sull'orlo della cancellazione, Fringe ha sempre creato problemi decisionali alla Fox, che, conscia del valore del prodotto e dei sempre positivi dati di ascolto nei sette giorni successivi alla messa in onda, si è limitata al solo spostamento nella serata del venerdì, per la quale i tre milioni scarsi di spettatori delle ultime stagioni erano più che sufficienti.
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Proprio quest'ultimo è stato lo spunto che ha funzionato da premessa per l'ultima stagione, ambientata nel 2036 in un mondo ormai governato dagli Osservatori in cui un manipolo di ribelli cerca di tener testa ai pelati invasori dal futuro. Ribelli ai quali si alleano ovviamente gli eroi dello show: Peter (Joshua Jackson), Olivia (Anna Torv) e Walter (John Noble), accanto alla giovane Etta, già vista per la prima volta proprio nell'episodio Lettere di transito, il diciannovesimo della stagione 4.
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Tredici episodi che hanno consentito alla serie di raggiungere l'importante traguardo dei 100 totali, un lungo cammino caratterizzato da puntate di qualità eccelsa, qualche inevitabile calo e, va detto, almeno un paio di passi falsi: pensiamo all'agente FBI introdotta ad inizio stagione 2 e poi lasciata cadere nel dimenticatoio; e soprattutto alla frettolosa scelta della cancellazione di Peter nel finale della terza stagione, una scelta di cui gli stessi autori si sono pentiti e che ha creato non pochi problemi all'inizio della successiva, il momento più confuso e meno riuscito dell'intera serie.
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L'effetto è straniante, ma meritevole di plauso. Se non altro per aver provato ancora una volta a stupire ed a creare qualcosa di nuovo e diverso, a cambiare per dare nuova linfa vitale ad una serie già in dirittura d'arrivo.