Recensione Le cose che restano (2010)

Dopo La vita che verrà e La meglio gioventù, ecco un'altra opera che parla dell'Italia di oggi, attraverso le storie di un microcosmo borghese; la morte di un figlio disgrega la famiglia Giordani, ma diventa l'occasione di una rinascita; con tutti i pregi (un ottimo gruppo di attori) e i difetti (l'eccessiva semplificazione in alcuni punti), la miniserie di Gianluca Maria Tavarelli si distacca nettamente dalla media delle fiction televisive, prodotte dalla Rai negli ultimi anni.

Fratelli d'Italia

Le cose che restano, miniserie tv in quattro puntate diretta da Gianluca Maria Tavarelli, già presentata all'ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, sbarca in prima serata su Rai Uno, a partire dal prossimo 13 dicembre. Capitolo finale di un trittico televisivo (prodotto da Rai Fiction) iniziato con La vita che verrà di Pasquale Pozzessere e La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, l'opera si avvale degli stessi sceneggiatori dei due lavori precedenti, Stefano Rulli e Sandro Petraglia. Così come nell'opera di Pozzessere erano i 'padri' a raccontare i drammi e le speranze del Dopoguerra e in quella di Giordana l'ampio arco temporale dagli anni '60 ai '90 veniva testimoniato dai figli, anche in questo caso la realtà di una società in grande e rapida trasformazione, viene descritta dai figli di oggi, gli unici in grado di capire quanto siano importanti quelli che vengono definiti gli altri, i diversi, le persone venute da lontano, la cui presenza si rivela, invece, salvifica. La storia, ricchissima di colpi di scena, parte in verità da un luogo preciso e molto 'sicuro', la grande casa romana in cui abita la famiglia Giordani, destinata a svuotarsi, nel corso delle puntate, ma in grado di attrarre tutti verso di sé.

I Giordani fanno parte del cosiddetto ceto medio produttivo (sono parole di uno dei figli, Andrea, interpretato da Claudio Santamaria); il padre, Pietro (Ennio Fantastichini), è un ingegnere di successo e Anita (Daniela Giordano), ex medico, è ormai totalmente dedita al ruolo di madre. Solo Nino (Lorenzo Balducci), laureando in architettura e figlio ribelle e pieno di rabbia nei confronti del padre, è a conoscenza che l'uomo non sia più innamorato della moglie e abbia una relazione con un'altra donna. Gli altri 'ragazzi' non hanno di questi problemi: la psicologa Nora (Paola Cortellesi) sta per dare alla luce il primo figlio, degno coronamento di un matrimonio perfetto, Andrea, impiegato al ministero degli Esteri, è sempre in viaggio per monitorare le situazioni più complesse dello scenario internazionale. Lorenzo (Alessandro Sperduti), infine, è un liceale pieno di sogni, innamorato della sua compagna di banco. La morte di quest'ultimo getta nello sconforto tutta la famiglia, ma è anche l'occasione giusta per spingere tutti i suoi membri a rivedere la propria vita. Anita, che non accetta la morte dell'ultimogenito, tenta il suicidio e chiede di essere ricoverata in una casa di cura, Pietro lascia tutti per lavorare in Iraq. Senza l'ala protettrice dei genitori, Nora, Andrea e Nino, devono trovare in sé la forza di andare avanti e riescono nell'intento grazie a nuovi rapporti sentimentali.
Andrea si innamora di Michel (Thierry Neuvic) e per lui rinuncia agli egoismi di una vita senza legami, facendosi carico di Lila, la figlia che Michel ha avuto da una precedente relazione con una tossicodipendente; Nora, innamoratasi del capitano Blasi (Enrico Roccaforte), un paziente che ha perso la memoria in guerra, inizia a porsi domande profonde sulla vita perfetta, mentre Nino si trova a scegliere tra la passione per Francesca (Antonia Liskova), moglie del suo professore e la salda amicizia di Valentina (Valentina D'Agostino). Testimone involontaria delle storie di questo nutrito gruppo di personaggi è Shaba (Farida Rahouadj), la profuga salvata da Nino, che il ragazzo porta a Roma e che con dignità e straordinaria forza morale riesce a riunire tutti i pezzi del puzzle e a ritrovare la figlia Alina (Leila Bekhti), fuggita dal suo paese per tentare fortuna in Europa e finita a fare la prostituta.
Sono anche poche quattro puntate per esporre tutti gli avvenimenti contenuti in Le cose che restano (il titolo è tratto da una poesia di Emily Dickinson), un'opera che vive di attimi, lampi, singole scene in cui il pathos si rivela in tutta la sua forza. A pagare dazio, però, è quella compiuta visione d'insieme che ci si aspetterebbe da un film tv corale del genere. Davanti alla sterminata gamma di trame e sottotrame si ricorre a semplificazioni troppo forti e alla fine le storie della famiglia Giordani finiscono per somigliare a quelle di tanti nuclei borghesi che siamo stati abituati a vedere in tv e al cinema. Detto questo, con tutti i pregi e i difetti di un'operazione del genere, il prodotto di Gianluca Maria Tavarelli si distacca nettamente dalla media delle fiction televisive prodotte dalla Rai negli ultimi anni, grazie ad una sceneggiatura che non si è fatta scrupoli di trasformare in personaggi chiave due 'outsiders' come il capitano senza memoria, alla costante ricerca delle sue cose che restano e Shaba, testimone dello sfacelo e della riunione della famiglia. Ispirata e viscerale, la regia di Tavarelli ha tratto il meglio dal gruppo di attori, su cui spicca l'intensa Farida Rahouadj.

Movieplayer.it

3.0/5