Frankenstein al cinema: i 5 mostri indimenticabili

Gli adattamenti del romanzo di Mary Shelley sul grande schermo hanno accompagnato la storia del cinema fin dagli albori, dando vita ad una serie di creatura entrate nell'immaginario collettivo. Queste sono le più importanti.

Frankenstein

Per avere un'idea dell'importanza seminale di Frankenstein di Mary Shelley per il cinema bisogna tenere in considerazione due macro aspetti. Il primo è il lato commerciale, dato che il testo del 1817 è stato origine di vere e proprie ondate popolari più o meno l'intera storia della Settima Arte. Un fenomeno di massa in grado di conquistare i cuori di milioni di persone in qualche caso sorpassando per notorietà il romanzo stesso.

Frankenstein 1910
Il "Frankenstein zero" di Charles Ogle.

Il secondo riguarda più propriamente idee alla base, nonostante al cinema per alcuni non abbiano mai trovato veramente giustizia soprattutto per quanto riguarda il suo lato femminista e sovversivo nei riguardi del mito di Prometeo. Esse sono penetrate così a fondo nella testa degli autori da aver dato vita ad un numero impressionante di storie e personaggi andando oltre gli adattamenti più o meno diretti. Il suo immaginario e le sue tematiche hanno dato vita a fil rouge tra pellicole, generi, momenti storici e nomi diversi e distanti.

L'apparizione zero di Frankenstein sul grande schermo risale addirittura al 1910 con un cortometraggio di circa 13 minuti, firmato dal regista James Searle Dawley e il primo a prestare il proprio volto per interpretare la creatura fu l'attore Charles Ogle. L'aspetto pensato all'epoca è stato in un certo senso ripreso anche da Guillermo del Toro nel suo Frankenstein, giocando con il contrasto tra un aspetto selvaggio e un indole gentile, fortemente diverso da quello che è entrato nell'immaginario popolare con i mostri successivi, i più famosi e riconoscibili. Ne abbiamo selezionati cinque.

1. Boris Karloff

Il primo adattamento di Universal del romanzo fu Frankenstein del 1931 diretto da James Whale e tratto dalla pièce teatrale del 1927 "Frankenstein: an Adventure in the Macabre". Un titolo iconico che, insieme a Dracula di Todd Browning con Bela Lugosi - su cui torneremo più avanti - inaugurò la stagione degli "horror con il mostro". Ciò che però rese il film immortale fu la scelta di Boris Karloff per il ruolo della Creatura.

Frankenstein Boris Karloff
Il mostro immortale di Boris Karloff.

E pensare che Karloff non fu assolutamente una prima scelta, anzi. La sua assunzione fu originariamente un'idea niente meno del compagno di Whale, rimasto molto colpito dalla sua prova in Codice Penale di Howard Hawks. Un'indicazione felicemente accolta dal regista che iniziò subito a fantasticare sull'aspetto da dargli. Leggende vogliono di diversi disegni a proposito delle potenzialità espressive della "testa" dell'attore.

Il merito dell'aspetto è da ricercare nel lavoro di Jack Pierce, il capo del reparto trucco, che ideò una maschera modellata sull'aspetto di Boris Karloff, il quale si sottoponeva ogni volta a circa tre ore di make up e arrivò persino a farsi rimuovere un ponte dentale per tirare in dentro la guancia. Tutt'oggi la Universal detiene i diritti dell'immagine e continua ad incassare i diritti d'autore per qualsiasi tipo di riproduzione (fumetti, serie televisive). Karloff interpretò il mostro per cinque pellicole.

2. Bela Lugosi

Frankenstein Bela Lugosi
Bela Lugosi "creatura" alla fine.

Vi avevamo anticipato che avremmo riparlato di Bela Lugosi ed eccoci qua. L'interprete ungherese prestò il suo volto per interpretare il mostro verso la metà degli anni '40, dopo il declino del suo legame con il ruolo di Dracula e quando le pari per lui cominciarono sempre più a scarseggiare. Situazione che portò alla nota depressione e alla dipendenza dalla morfina, raccontata in qualche modo anche in Ed Wood di Tim Burton.

Il film in cui prestò il volto alla creatura di Shelley fu Frankenstein contro L'uomo lupo del 1943, in cui divise il set con un altro habitué degli horror della Universal, Lon Chaney Jr., grande caratterista e anche lui interprete del mostro appena l'anno prima. Entrambi riuscirono a ritagliarsi - con opposti umori - un ruolo da "turnisti" del genere, visto che prestarono il loro volto a diversi personaggi nello stesso filone produttivo e cinematografico. Lugosi fu anche Ygor, per dire.

La cosa interessante che riguarda l'attore ungherese è che lui fu anche la prima scelta per Frankenstein di Whale e che in quel caso rifiutò la parte con vigore, affermando di non fare lo spaventapasseri dopo essere diventato a fatica un interprete riconosciuto e osannato nel proprio Paese di origine. La vita a volte è strana e quella di Lugosi fu in parte una triste storia. C'è comunque di peggio, per carità.

3. Christopher Lee

Facciamo un salto in avanti di più di un decennio e arriviamo al 1957 e a La maschera di Frankenstein di Terence Fisher, ovvero il primo titolo con il quale la Hammer adattò il libro di Mary Shelley e più in generale fu fondamentale per il ritorno in auge dell'immaginario gotico in Occidente. Risultato che fu raggiunto l'anno dopo con Dracula il vampiro, sempre con Fisher alla regia e anche scritturando lo stesso attore protagonista.

Frankenstein Christopher Lee
Il primo mostro a colori con il volto di Christopher Lee.

Parliamo di sir Christopher Lee - che compì quindi il percorso inverso di Bela Lugosi -, scelto per il ruolo del mostro più che altro per la sua stazza (quasi due metri di altezza) per poi divenire immortale per la sua interpretazione del conte. Il suo aspetto differisce molto da quello di Karloff soprattutto perché la Universal non permise neanche un minimo rimando, motivo per il quale bisognò reinventare tutto da zero.

La sua creatura rinuncia al velo di orrore della sua versione progenitrice, scegliendo invece di mostrarsi in un suo lato più umano e tragico, in modo che gli fosse permesso di cercare di entrare in qualche maniera in sintonia con lo spettatore. Un protagonista positivo in una pellicola che è tutta pensata per essere una denuncia dell'umana follia di sostituirsi a Dio.

4. Peter Boyle

L'ondata di cinema horror gotico ebbe una coda lunghissima e non mancarono ovviamente i tanti revival e rifacimenti anche di carattere parodistico. Dagli anni '30 in poi ci furono decine di film su Frankenstein, compresi moglie, cugini e fratelli. Insomma, così tanti film che negli anni '70 nessuno sentiva il bisogno di vedere un altro suo parente alla lontana. Lo pensava anche Mel Brooks, almeno prima di aver sentito l'idea di Gene Wilder.

Frankenstein Peter Boyle
La reinvenzione della creatura di Peter Boyle.

I due ne parlarono sul set di Mezzogiorno e mezzo di fuoco, mentre erano intenti ad ultimare la pellicola. All'epoca il compianto attore aveva addirittura una sceneggiatura più o meno pronta, dato che era già da parecchio tempo che ronzava nella sua testa la trovata di fare un remake in chiave ironica del film del 1931, a patto che si recuperasse il suo aspetto gotico.

Queste sono le radici di Frankenstein junior del 1975, un titolo che, nonostante non racconti la storia del romanzo di Shelley, ne rilanciò l'interesse nel pubblico generalista, tant'è che molti ancora oggi lo hanno scoperto con quel film. Il mostro fu interpretato da un magistrale Peter Boyle, in grado, da interprete straordinario quale era, di riuscì a dare una caratterizzazione totale alla sua versione, a discapito del generale tono antitragico, con pochissime pennellate.

5. Robert De Niro

L'ultimo incentivo alla voglia di gotico arriva negli anni '90, quando la Tristar Pictures si rende protagonista di una tetralogia di pellicole che volevano recuperare la fedeltà all'elemento letterario delle opere di partenza, arruolando per l'impresa attori e registi di prim'ordine. Parliamo di Dracula di Bram Stoker, Wolf - La belva è fuori, Mary Reilly e Frankenstein di Mary Shelley.

Frankenstein Robert De Niro
Il volto della Natura ha i connotati di Robert De Niro.

La regia di quest'ultimo doveva essere di Francis Ford Coppola come fu per il film sul vampiro, ma in seguito il cineasta optò di rimanere in sella solo come produttore e di passare il testimone a Kenneth Branagh. Decisione che poi rimpianse a riprese iniziate, ma ormai era troppo tardi. Robert De Niro come mostro fu una delle ultime cose che Coppola scelse e nessuno ebbe particolari obiezioni da sollevare.

La sua versione ripercorre l'idea romantica che accompagna tutta la pellicola e le sue consorelle, regalando una figura in grado di rappresentare a pieno la natura, quindi capace di amare e odiare con pari foga. Un essere selvaggio, sia fragile che fortissimo e i cui sviluppi in un certo senso allontanano la voglia di destrutturazione di Shelley, ma ne esaltano la potenza emotiva.