Il ritorno del fumettista oscuro. Il fedele cappello nero, l'andatura lenta, il sorriso obliquo che assomiglia ad un ghigno compiaciuto. Ci sono persone che diventano leggende e ne assumono persino l'aspetto, perché Frank Miller sembra davvero uno dei suoi personaggi. Sinistro e inquieto, ma dall'aria affabile e posata, il grande fumettista americano è tornato al Lucca Comics & Games dopo tanti anni (e seri problemi di salute) per incontrare prima la stampa in un più ristretto "Press Café" e poi il pubblico all'interno di un Teatro del Giglio gremito e fremente. Noi siamo stati ad entrambi gli eventi e abbiamo assistito anche al fatidico momento in cui Miller ha impresso il calco delle sue mani nella Walk of Fame della manifestazione.
A 30 anni esatti dall'uscita di quel capolavoro seminale che risponde al nome de Il ritorno del Cavaliere Oscuro era impossibile non soffermarsi sulla figura del Batman fumettistico e cinematografico, per poi analizzare la radicale rivoluzione applicata da Miller all'interno dell'immaginario supereroistico. Eravamo a Lucca, ma siamo stati in tanti posti, tutte tappe fondamentali del torbido immaginario milleriano : siamo partiti dal paladino di Gotham City, approdati nel buio di Hell's Kitchen e arrivati, infine, in quel luogo senza speranza chiamato Sin City.
Batman: il cavaliere e l'oscurità
Chi è per lei Batman?
Per me esistono tre Batman. Il primo Batman è un bambino di cinque anni che assiste all'omicidio dei suoi genitori. Il secondo è un uomo pieno di soldi che crea un'altra identità, fonda il suo stesso mito, costruisce un quartier generale in una caverna, combatte il crimine con aggeggi incredibili e soprattutto guida la più bella macchina di sempre. Il terzo è un essere spaventoso, a metà strada tra Zorro e Dracula, che si nutre della paura altrui e terrorizza i criminali. Credo che Batman sia un geniale fanatico della giustizia, un terrorista dalla nostra parte.
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Qual è stato il suo approccio alla scrittura del personaggio?
Quando ho scritto Il ritorno del Cavaliere Oscuro dovevo decomporre e destrutturare il personaggio. Se ci pensate l'universo della DC Comcis è diviso in dei e in eroi. Nel Pantheon divino ci sono Superman, Wonder Woman e Batman, intesi come tre divinità. Batman però non ha poteri, e volevo focalizzarmi su questo per tornare alla sua essenza e farmi affascinare dalla sua furia.
È stato difficile convincere la DC Comics ad appoggiare questa rivoluzione?
In realtà quando mi hanno affidato Batman nessuno comprava la testata, per cui mi hanno dotato una totale e tremenda libertà. Quelli della DC hanno alzato le mani mi hanno detto: "Provaci e fai il meglio che puoi". Per me è stato come avere in mano un set di giocattoli e giocare con un mito da espandere. L'idea vincente è stata quella di sfruttare il fatto che il pubblico fosse cresciuto con Batman; era cresciuta dell'età dei lettori e bisognava far crescere anche il personaggio. Così Bruce Wayne ha smesso di essere un eterno 29enne e ha iniziato ad avere 50 anni. Finalmente anche Batman soffriva di artrosi.
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Lei sta lavorando a The Dark Knight III, nuovo fumetto su Batman co-sceneggiato assieme a Brian Azzarello. Che esperienza è scrivere a quattro mani e dove vuole portare Batman con questa saga?
Nel terzo Dark Knight il mondo si è allargato molto e i generi si mescolano molto proprio perché siamo in due a scrivere. Il Batman di Brian è molto più intelligente del mio che è sicuramente più emotivo. Devo dire che lavorare con lui è facile e divertente. Quello che mi importa del nuovo corso è la centralità dei personaggi femminili, infatti abbiamo sia Wonder Woman che Lara, la figlia di Superman, che stanno spodestando lo strapotere maschile.
Quanta politica c'è nel suo Batman?
So bene che Batman solleva delle questioni morali complesse, ma il mio lavoro non è dare risposte di questo tipo, non è dire alle persone per chi votare o cosa pensare. Io devo solo raccontare buone storie senza doveri etici e compiti politici. L'unica cosa che voglio è prendere in giro tutto ciò che di stupido esiste nel mondo. Ovviamente, leggendo i miei fumetti, è facile capire per chi voti (ride). A proposito: non parlatemi di Donald Trump, da americano mi offendete. È un pagliaccio con i capelli arancioni davvero patetico e molto pericoloso.
Il diavolo di Hell's Kitchen
A lei si deve anche la rinascita editoriale di Daredevil. Ci racconta come è avvenuta?
Beh, è stato un tipo di lavoro molto diverso da quello realizzato su Batman. Per il Cavaliere Oscuro si trattava soltanto di riportare il personaggio al suo scopo originale, invece per Devil ho dovuto togliergli di dosso un pregiudizio. Diciamolo: prima di allora era sempre stato considerato la brutta copia Spider-Man. Tra l'altro nessuno considerava il dramma della sua cecità, che non è mai stato fruttato a dovere. Daredevil è stato il primo crime che ho scritto con la cecità come tema portante della serie. È stato il primo passo verso il mio amore per l'hard boiled che poi mi ha portato a Sin City. Ecco, Daredevil per me è era un giallo senza supereroi. C'era solo un uomo in calzamaglia.
Le piacerebbe tornare a scrivere Daredevil?
Forse qualcos'altro da dire sul personaggio c'è, ma per adesso non ci penso. Quella a cui penso, invece, è Elektra.
Che ne pensa di questo personaggio?
Elektra è un personaggio molto interessante al quale sono molto legato. Rimasi molto sorpreso quando fu persino in grado di mettere in ombra Devil. Poi, però, nonostante l'affetto che provassi per lei e l'opposizione degli editor, la storia mi chiedeva di ucciderla. Si trattava di un atto di sincerità nei confronti dei lettori. Dopo averla eliminata, si creò talmente tanto clamore nel pubblico da costringermi a resuscitarla con Elektra vive ancora. Però è più forte di me: l'ho fatta morire di nuovo (ride). Elektra è una donna tormentata, quasi un villain, per cui se la vedete ancora in giro, sappiate che quella non è lei.
Il bianco, il nero, il sangue: Sin City
Tornerà tra le strade di Sin City?
Scriverei di Sin City finché avrò vita, perché è un mondo che mi permettere di dare sfogo a tutto il mio amore per l'hard boiled, un amore nato tanti anni fa leggendo The Spirit di Will Eisner e guardando tanto cinema noir. Il titolo di Sin City coincide con una città perché il contesto è fondamentale; mi ha permesso che ogni cosa potesse cambiare e che i personaggi morissero. Ad esempio è stato bello far innamorare tutti del protagonista e poi ucciderlo. Va detto che il lettori erano davvero, davvero arrabbiati...
Cosa l'ha ispirata nella descrizione della città?
Quando l'ho iniziato a scrivere ero a New York, poi mi sono trasferito a Los Angeles, in questa città dove tutto era fatto di palme, belle macchine, mattonelle sui tetti. Per cui credo che Sin City si trovi a metà strada tra queste due città. Sapete? Magari mi trasferirò qui a Lucca per scrivere una storia noir ambientata in Italia (ride).
La questione cinecomic
Cosa ne pensa di questo rapporto sempre più stretto tra cinema e fumetto?
La relazione tra fumetti e film è inevitabile e salutare, perché porta buoni risultati a tutti. Per tanto tempo i fumetti hanno rubato dal cinema, poi è semplicemente accaduto il contrario. Lo ripeto: questa osmosi fa bene ad entrambi i settori. Dobbiamo anche accettare che la traduzione di un fumetto in un film cambi il materiale originale. Alle volte cambia in meglio, altre in peggio. Ad esempio due film che hanno migliorato la loro controparte fumettistica sono stati il primo Superman, che il mio cinecomic preferito, e 300 di Zack Snyder (ride).
Le piace il recente Batman cinematografico?
Assolutamente sì. Devo dire che sia quello di Christopher Nolan che di Zack Snyder mi sono piaciuti per motivi diversi. Batman v Superman: Dawn of Justice l'ho trovato estremamente divertente perché quando irrompe Wonder Woman ruba la scena a tutti in ogni singolo istante.
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Qual è il suo film preferito?
Lei crede in Dio?
Io e Dio non ci siamo mai conosciuti.
Una chiusura in pieno stile Frank Miller. Bentornato, fumettista oscuro.