Schermo nero, lo sfrigolio della carne sulla griglia, campagna francese. È da qui che parte il viaggio di Franck Ribière in giro per il mondo per trovare la miglior bistecca da incoronare come regina delle carni bovine. Accompagnato dal macellaio gourmet Yves-Marie Le Bourdonnec attraversa quattro continenti dei quali cattura tradizioni e filosofie strettamente legate alla concezione dell'allevamento, della macellazione e della cottura della carne.
Con buona pace di vegetariani e vegani, che comprensibilmente faranno fatica a "digerire" il documentario, Steak (R)evolution si attesta non come brutale ed insensata fotografia di un'atrocità, il consumo di carne animale, ma come istantanea di un cambiamento irreversibile in corso, il ritorno e la scoperta di un modo nuovo di concepire ogni singolo processo legato all'allevamento.
Il documentario è disponibile già da subito per la visione su Infinity e Premium Play.
(R)evolution
Si tratta, come suggerito dal titolo stesso, sia di una rivoluzione che di un'evoluzione legate al modo di intendere il cibo, in questo caso la carne. Ribìere ci mostra angoli del mondo agli antipodi per tradizioni culinarie ma tutti accomunati da una nuova sensibilità, che in molti casi è un ritorno alle origini pre industriali, con la quale stanno cercando di cambiare il profilo dell'allevamento. In un preciso momento storico come quello che stiamo vivendo, contraddistinto da una presa di coscienza che tocca indistintamente singolo consumatore e grande produttore, Steak (R)evolution è il perfetto esempio di come una nuova strada legata all'alimentazione sia possibile e sia basata sulla consapevolezza, sia di quello che si mette in tavola sia di come ci sia arrivato. Quest'ultimo decennio ci ha visti diventare tutti esperti di cucina "grazie" al dilagare di programmi d'intrattenimento a base culinaria, dove lo chef di turno elargisce consigli o semina il terrore per uno scalogno tagliato troppo poco finemente nel talent del momento.
Tutta questa visibilità ha messo in moto una macchina per fare soldi che, tra ricettari, utensili e merchandising vario ha portato la cucina a sostare il proprio asse d'interesse dal cibo a tutta una serie di elementi collaterali perdendo di mira l'obiettivo principale, quello di educare lo spettatore/consumatore verso una presa di coscienza legata all'importanza di quello che mangiamo. Fortunatamente non tutto è perduto. Basti pensare allo chef inglese più conosciuto e amato nel mondo, Jamie Oliver. Nonostante sia un personaggio televisivo noto per i suoi programmi e libri di cucina che l'hanno reso una celebrità, Oliver ha sposato una battaglia che da anni lo vede in prima linea contro il cibo industriale, i fast food e gli stili alimentari sbilanciati verso una povertà di contenuti. Con la sua campagna Food Revolution, Oliver sta cercando di cambiare il profilo delle mense scolastiche inglesi, battendosi per far abolire pietanze surgelate e prive di varietà in favore di pasti completi, ricchi di verdure e che permettano ai giovani studenti di iniziare un percorso che li porti a diventare adulti consapevoli.
Questa attenzione a quello che si mette in tavola e alla storia di un determinato alimento è alla base della ricerca di Ribìere che ci mostra le eccellenze del modo legate alla produzione e consumazione di carne bovina. Dalla steakhouse di Pert Luger a Brooklin, passando per Argentina e Brasile, fino ad arrivare in Giappone, attraversando Scozia, Canada ed Italia, il regista non si limita ad assaggiare bistecche alle quali assegnare un voto, ma ci fa conoscere i diversi modi di intendere la carne in giro per il mondo. Se Francia e Giappone sono paesi ai poli diametralmente opposti in un'ipotetica scala di concezione della carne bovina, disdegnando il grasso il primo ed esaltando la carne marmorizzata il secondo, quello che Ribìere ci riporta è, invece, un comune sentire che si esplicità nel bisogno di tornare ad una modalità di allevamento più attenta e naturale.
Se, ad esempio, in Fast Food Nation, pellicola del 2006 diretta da Richard Linklater, il processo industriale della carne ci lasciava turbati, con immagini forti che attestavano una totale noncuranza e mancanza di rispetto verso l'animale, il suo allevamento e la sua uccisione, in Steak (R)evolution si avverte, invece, un'attenzione ed un riguardo per l'animale, la cui fine sarà sempre la stessa ovviamente, che lo accompagna dalla sua nascita fino, può sembrare paradossale, al piatto. In ogni angolo del mondo visitato dal regista l'obiettivo principale di allevatori e macellai è ritornare ad una dimensione più attenta all'animale, rispettato ed allevato con riguardo. Non c'è spazio per allevamenti intensivi o produzioni industriali, per mix di cereali che li fanno crescere in modo innaturale. Il documentario parla di piccole fattorie, di animali allevati all'aperto che si cibano di sola erba, di allevatori che fanno ascoltare Mozart al loro bestiame, di un'attenzione che prosegue anche nella macellazione e conservazione della carne, di un ritorno alle origini che si fa innovazione.
Food generation
Tra così tante realtà legate al cibo e spesso distanti per filosofie, il documentario, è l'esempio lampante di come stia nascendo in consumatori e produttori la necessità di trovare una nuova strada legata al cibo. Se da una parte vengono spesi milioni per realtà come Expo che richiamano miriadi di persone da ogni parte del globo per assistere a qualcosa che ha più il sapore di un grande show, o nascono idee come Eataly, tripudio dell'eccellenza italiana che a guardare da vicino assomiglia più ad un centro commerciale culinario, Steak (R)evolution racconta l'altro lato del cibo. Si tratta di un aspetto più vicino a realtà come Slow Food, dove ogni singolo processo assume contorni più "umani". Nonostante un'eccessiva lunghezza che porta a qualche momento di disattenzione, il documentario, grazie anche ad uno stile dinamico dovuto alla sua stessa natura on the road, ci fa conoscere aspetti spesso lasciati sullo sfondo, installando in chi guarda una curiosità e una volontà di approfondimento. La sua forza sta nella capacità di dare un messaggio forte, senza che chi guardi ne sia subito conscio, realizzando lentamente la portata rivoluzionaria, ma al tempo stesso semplicissima, del gruppo di allevatori e macellai incontrati che, con la loro tenacia e passione, possono contribuire alla creazione di una nuova generazione di consumatori attenti e a ciò che mettono in tavola.
In un contesto come quello nel quale ci muoviamo, continuamente bombardati da realtà declinate al consumo vorace, inconsapevole, privo di riflessione e basato su quantità, Steak (R)evolution ci riporta ad una dimensione equilibrata e cosciente.
Movieplayer.it
3.0/5