Francesco Gasperoni: Ecco il 3D italiano fai da te

L'idea per il suo 'Parking Lot', Francesco Gasperoni l'ha trovata da Ikea, ma non sugli scaffali. Poi con un po' di ingegno e i mattoncini Lego l'ha 'completata'. A Taormina ci racconta la genesi del suo thriller.

A chi non è mai capitato di smarrire l'automobile in uno dei labirintici parcheggi dei centri commerciali? Proprio da quest'esperienza è partito Francesco Gasperoni, regista di Parking Lot, un thriller psicologico in 3D che uscirà presto in Italia in svariate sale (si parla di una casa di distribuzione grossa, sebbene ancora sconosciuta "per scaramanzia, stiamo firmando proprio in questi giorni"). Incontriamo Gasperoni al Taormina Film Fest, dove ha scelto di presentare il suo film in anteprima, sia per una questione di tempistiche ("Abbiamo finito di girare venerdì scorso"), sia per una passione personale smodata. Tanto da aver girato anche un cortometraggio su Taormina, Taormina the Beginning sempre in 3D e con la sua sceneggiatrice, attrice e musa inglese Harriet MacMasters-Green.

Ci racconta la genesi del progetto?
Risale a un anno fa: ero a Roma, all'Ikea, e stavo impazzendo, perché non trovavo più la macchina. Con Harriet ci siamo subito chiesti: cosa accadrebbe se restassimo chiusi qui dentro? Da questa scintilla, è iniziata la sceneggiatura. Poi lo abbiamo girato in quattro settimane, di notte, al parcheggio della Romanina.

Perché girarlo in 3D?
Perché è lo strumento più moderno e coinvolgente che abbiamo a disposizione. Se vuoi come effetto l'immedesimazione totale del pubblico, usare il 3D è naturale, io credo che tra poco sarà onnipresente, toglieranno persino la dicitura "3D" dalle locandine e andremo a vedere ogni tanto i film "piatti" come ora quelli in bianco e nero. Però, certo, il 3D è costoso, per ovviare al problema dei costi esagerati sul mercato siamo andati in un negozio di giocattoli e con Lego e webcam abbiamo costruito da soli il primo modello di impianto 3D. Una volta visto che poteva funzionare, siamo ricorsi a materiali veri e lo abbiamo brevettato. Pensi, abbiamo anche brevettato il primo ciak in 3D, una cosa a cui non aveva pensato neanche James Cameron!

Il momento più difficile?
Il montaggio in 3D, infatti devo ringraziare Claudio del Bravo, i tecnici e Frame by Frame che ci ha dato una mano. E' il 16mo film del mondo girato in 3D nativo, il primo italiano.
In realtà in giro per i festival ne abbiamo visti altri di 3D italiani, tipo All Inclusive a Venezia, ma quello era più un esperimento artistico, il nostro è un film commerciale che non vuole essere solo una trovata artistica, per questo l'abbiamo girato in inglese. L'importante è la storia, il 3D è solo il modo migliore per raccontarla. Pensi che la mia società, la Movie Maker, ha in cantiere ben 106 progetti, tutti rigorosamente in 3D.

Una domanda all'attrice Harriet: qual è la difficoltà maggiore che riscontra nel recitare in film in 3D?
Bisogna sempre stare assolutamente attenti a rispettare il punto di convergenza, altrimenti finisce che salti addosso agli spettatori, come effetto. Per fortuna Francesco mi ha usato come cavia mentre costruiva la macchina per il 3d e l'abbiamo potuta sperimentare passo passo, facendo ogni giorno tantissime prove. Ma ora siamo decisamente soddisfatti del risultato.