Flow, come si anima un film da Oscar: ce lo spiega il lead animator

Ospite al 24 Frame Future Film Festival Thibaut Delahaye, protagonista di un interessantissimo panel all'evento bolognese, con cui abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere.

Una scena di Flow

Più volte ci siamo stupiti della disponibilità, calore e passione degli artisti che lavorano nel campo dell'animazione, ne abbiamo avuto conferma al 24 Frame Future Film Festival 2025 chiacchierando con Thibaut Delahaye, lead animator del film premio Oscar Flow: al termine delle nostre domande, fermiamo il registratore e continuiamo a chiacchierare per almeno un'altra ora, accompagnati da quella volontà di conoscersi, fare rete e condividere di cui lo stesso evento bolognese dedicato all'animazione si fa cuore nevralgico, diventando il luogo in cui essere se ci si occupa di questo meraviglioso media.

Flow è qualcosa di speciale

Team Flow Oscar 2025
Il team di Flow agli Oscar

Ed ecco che lì, seduti sui nostri divenenti nello spazio del Dunbo di Bologna, abbiamo scelto di partire dalla fine, dai premi vinti da Flow, dai tantissimi riconoscimenti e quella meraviglia di "non aver mai letto qualcosa di negativo sul film", una rarità in questi tempi di hater pronti ad attaccare per qualunque cosa: mentre ci stavano lavorando, si erano resi conto di quanto fosse speciale? "Quando lavori a un film d'animazione, ti occupi di singole parti, di frammenti, quindi fai fatica ad avere la visione d'insieme. Sapevamo che era un progetto particolare, perché senza dialoghi, ma non avevamo un'idea esatta del risultato. Gints era l'unico ad avere la visione d'insieme." Ma sottolinea anche che il successo o meno di un film dipende da tanti fattori, "dalla comunicazione e l'advertising" e che in molti casi anche produzioni di qualità non possono avere la risposta che meritano.

Thibaut Delahaye Animatore Flow Panel 24 Frame
Un momento del panel sul dietro le quinte di Flow

Inoltre Delahaye ci ha raccontato di aver potuto vedere il film completo solo ad Annecy, quindi un mese dopo il suo primo apprezzamento in quel di Cannes e ci ha sorpresi con un aneddoto: la scorsa estate Delahaye fu invitato a partecipare a un piccolo festival sul doppiaggio nel sud della Francia, i cui organizzatori avevano visto Flow a Cannes e ne erano rimasti entusiasti. E il film ha vinto un paio di premi anche lì, film senza dialoghi in un evento dedicato al doppiaggio. Se possa influire o meno sul modo in cui si produce a Hollywood è però incerto: "può cambiare per le piccole compagnie, che ora sanno che con la giusta squadra e la corretta organizzazione possono arrivare a grandi risultati."

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Dietro le quinte di Flow

Thibaut Delahaye Animatore Flow 24 Frame
Thibaut Delahaye al 24 Frame Future Film Festival

E al 24 Frame Thibaut Delahaye ci ha portati dietro le quinte di questo fenomeno, raccontandoci il team e il processo produttivo, il lavoro coordinato da Gints Zilbalodis realizzato con tempi produttivi fuori dal comune per il media animato: se è vero che il regista è stato al lavoro sul film per circa quattro anni, è altrettanto vero che l'animazione vera e propria degli animali protagonisti è stata realizzata da maggio a novembre 2023, affidandosi a persone d'esperienza come Thibaut Delahaye, ma anche diversi junior che è stato necessario formare con lo scopo di realizzare 81 minuti di film divisi in 22 sequenza, 307 inquadrature (lunghe una media di 380 fotogrammi e 15,8 secondi). Un impegno che ha prodotto 2 secondi di film al giorno.

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Se Gints Zilbalodis per il suo primo film Away aveva lavorato da solo, per Flow è stato necessario mettere in piedi un flusso di lavoro più articolato. "Non è stato difficile perché Gints era molto consapevole. Per lui era tutto nuovo, ma l'ha gestito molto velocemente. Lui era in contatto costante con Léo Silly Pélissier, il direttore dell'animazione, con cui mi interfacciamo principalmente io." Ma il regista è stato sempre disponibile a interfacciarsi con tutti quando era a Marsiglia, dove il team di Delahaye operava. Un vero lavoro di squadra, che ha probabilmente rappresentato il vero valore aggiunto di Flow.

Il lavoro sugli animali di Flow

L'animazione è anche e soprattutto osservazione. L'ha detto e ribadito Thibaut Delahaye nel corso della sua presentazione al 24 Frame, raccontando della visita allo zoo per guardare gli animali dal vivo e del grande lavoro di ricerca di reference da usare per l'animazione, di cui ci ha mostrato diversi esempi. Ma questi riferimenti sono stati anche reali e quotidiani per molti di loro: Delahaye ha infatti un cane, Junior, lo stesso vale per il regista, mentre Léo Silly Pélissier e altri animatori hanno gatti. È importante per il loro lavoro? "Per Flow penso di sì. In generale forse no. Quello che è importante è avere l'abilità di guardare le cose correttamente: se sei sei un animatore e devi animare un gatto, devi capire come un gatto affronta la sua vita."

Flow 1
I protagonisti del film

E in questo essere a contatto con animali domestici ha sicuramente aiutato per il film vincitore dell'Oscar, perché da persone che vivono con animali abbiamo ritrovato quei comportamenti che ben conosciamo. "Sì, abbiamo fatto un buon lavoro" ci dice soddisfatto, sottolineando l'importanza dell'empatia nei confronti degli animali per animare Flow, anche se non saprebbe dire quale è stato il più difficile da animare: "ho lavorato soprattutto al gatto, all'uccello e un po' al capibara. Il più difficile è stato l'uccello, ma perché quando ho iniziato a lavorare il rig era ancora provvisorio e creava dei problemi." Torna al punto essenziale: l'importanza di saper osservare. "L'animazione non è solo muovere cose. Se devo muovere questo bicchiere da qua a là, spostarlo è semplice, quello che va capito è cosa spinge il bicchiere a spostarsi, perché decide di farlo in quel momento e cosa pensa." Un lavoro di immedesimazione che va di pari passo con quello più tecnico, che Delahaye ha illustrato in un interessante workshop a 24 Frame su come animare i quadrupedi, partendo dalle differenze biologiche agli aspetti più concreti.

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La forza del gioco

Il tema del 24 Frame di quest'anno è stato il gioco, anche in omaggio ai trent'anni di Toy Story, e casualmente anche Thibaut Delahaye si è concentrato su quanto sia importante l'aspetto ludico nel suo lavoro, sottolineando che si sente giovane nell'animo e che mentre anima ragiona come un bambino che gioca: "per me è importante ed è quello che spiego ai miei studenti. Non è l'unico modo, ma è il mio modo di farlo. Lo dico ai miei alunni della scuola in cui insegno, ma spiego anche che possono avere un punto di vista diverso. È importante che lo capiscano e che devono trovare il loro modo di lavorare, ma il mio è questo: mentre lavoro, immagino di giocare con dei pupazzi. E mi pagano per questo!"

Flow 6
Una scena del film vincitore dell'Oscar per l'animazione

Ed è dagli inizi degli anni 2000 che questo cammino nel campo dell'animazione è iniziato, da quella prima esperienza con Funky Cops che è rimasta tra le più importanti per lui: "fu speciale per me, perché eravamo una piccola squadra, in otto, per fare tutti gli aspetti della produzione. Eravamo tutti giovani, da diverse parti della Francia, e si è creato un ambiente molto positivo che ci ha uniti in modo particolare." Ed è il contesto lavorativo che cerca di ritrovare e riprodurre in ogni suo lavoro, anche se a volte ci si riesce, mentre altre occasioni sono meno gratificanti. Il caso di Flow è ovviamente tra quelle positive: "penso che Flow sia stato per i giovani animatori che hanno partecipato come fu per me la prima esperienza con Funky Cops."

Dove sta andando l'animazione?

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Una scena di Flow

E proprio per i giovani animatori le cose potrebbero diventare difficili, secondo Thibaut Delahaye. Gli abbiamo infatti chiesto in che direzione stia andando l'animazione oggi, tra l'interessante mix di tecniche diverse da una parte, ma anche l'impatto dell'intelligenza artificiale dall'altra: "è un momento complicato e sarà difficile per i giovani. Sono contento di non esserlo ora, perché c'è un tool di grande potenza come l'IA contro cui non possiamo combattere. Però per me resta uno strumento, così come lo sono i diversi software che usiamo, e sarà sempre necessario sapere come usarlo per ottenere buoni risultati."

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Uno strumento, per i quali lui non esprime preferenze: il suo lavoro è animare, va solo capito come usare un nuovo strumento per mettere in pratica il suo lavoro. Che sia con Blender, come nel caso di Flow, o 3D Studio Max che ha usato ai tempi di Appuntamento a Belleville, Maya o qualunque altro, che sia per lavorare a film, serie o videogames come quello di John Wick a cui ha lavorato. "Per mia natura, non vedo mai muri, ma lo spazio tra essi in cui poter passare." Un labirinto in cui trovare la via, una sfida da superare. "È il mio approccio" e lo riteniamo vincente.