The Electric State: 5 film con buffi robot da vedere dopo il film dei fratelli Russo

Il kolossal sci-fi di Netflix è pieno zeppo di robot stravaganti e sui generis. E se vi è piaciuto, ecco qualche altra pellicola di questo genere...

MIllie Bobby Brown in The Electric State

The Electric State è l'ultima fatica dei fratelli Russo. La pellicola dei registi di Avengers: Infinity War ed Endgame è disponibile in esclusiva streaming su Netflix e già prima del suo debutto ha fatto parlare di sé per l'importante cast guidato da Millie Bobby Brown e Chris Pratt ma, soprattutto, per via dell'imponente budget. Parliamo di 320 milioni di dollari, una spesa che lo mette in linea con i blockbuster che i due filmmaker hanno realizzato per i Marvel Studios. Va detto che essendo una pellicola concepita per lo streaming, buona parte dell'importo è sicuramente andato a coprire i compensi dei vari talent coinvolti davanti e dietro alla macchina da presa.

The Electric State Millie Bobby Brown Chris Pratt Immagine
I due protagonisti di The Electric State

Considerato però che il film è pieno zeppo di robot che prendono vita grazie a un mix di visual effect e animatronic, sicuramente parliamo di qualcosa di non propriamente economico che ha sicuramente contribuito ad alzare il cartellino del prezzo. Ed era giusto che fosse così perché al netto di quanto siano noti i componenti del cast, i veri protagonisti sono proprio i robot di The Electric State, con il loro look bizzarro, giocattoloso, colorato. Il loro design non pare concepito da una multinazionale di prodotto tecnologici o di automotive. È quello dei parchi Disney degli anni sessanta perché, nella timeline alternativa di questa pellicola, è stato proprio Zio Walt a inventarli.

Non si tratta della prima volta che Hollywood ci propone dei robot "buffi" e per tale ragione, a margine dell'arrivo in streaming su Netflix di The Electric State, vi proponiamo un percorso di visione di cinque lungometraggi popolati da dei robot con un'estetica che all'interno di un Apple store stonerebbe alquanto.

1. Robots (2005, di Chris Wedge)

Una scena di Robots
Robots

Nell'ambito della filmografia dei defunti Blue Sky Studios, noti chiaramente per il franchise de L'era glaciale, ma anche per Rio e Snoopy & friends - il film dei Peanuts, Robots di Chris Wedge è forse uno dei film meno citati. C'è chi, magari, se lo ricorda perché uscito in anni in cui le divisioni italiane delle major americane, in questo caso la fu 20Th Century Fox, stavano iniziando a fare scelte discutibili in fase di adattamento e doppiaggio. Accenti regionali piazzati a caso, voice talent imbarazzanti che spaziavano da calciatori a personaggi della TV.

Oggi si fa anche di peggio con influencer immeritatamente stra-pagati scelti solo sulla base di un criterio numerico di follower posseduti che per effettive doti. Ripensare oggi a come, nel 2005, un personaggio doppiato in originale da Ewan McGregor avesse in italiano la voce di Francesco Facchinetti AKA Dj Francesco fa quasi sorridere (anche perché poi la sua performance fu, tutto sommato, accettabile). Ecco, in tema di robot buffi, questo Robots è popolato da una fauna di personaggi incredibilmente variopinta e variegata che trova la sua forza proprio nel divertimento offerto da questo ensamble. Non sarà un classico fra i classici, ma merita comunque una chance.

2. Il gigante di ferro (1999, di Brad Bird)

Una sequenza del film d'animazione Il gigante di ferro
Il gigante di ferro

Dal primo Shrek in poi ci siamo abituati a veder il lento e costante sgretolarsi dello strapotere Disney (e Pixar) in materia di lungometraggi animati. Ma per lungo tempo chi si metteva in testa di competere con la Disney in materia di cartoni animati per il cinema era destinato al fallimento commerciale su tutta la linea. Il pubblico era troppo abituato ad associare un certo tipo di prodotto con una data azienda. E lo sa bene uno come Brad Bird che dalla Disney è stato formato. Parliamo di uno che, poco più che quattordicenne, si è ritrovato a fare un tirocinio dai leggendari Nine Old Man dopo aver impressionato la major col suo primissimo corto e che poi, successivamente, avrebbe studiato al CalArts.

Il caso Millie Bobby Brown: qualcuno salvi le giovani donne dal mito della purezza Il caso Millie Bobby Brown: qualcuno salvi le giovani donne dal mito della purezza

Il suo Il gigante di ferro venne realizzato dalla Warner con un budget di circa 50 milioni e, in tutto il mondo, ne incassò poco più di 30. Una delicatissima storia di amicizia fra un bambino e un robot costruito da chissà chi e arrivato da chissà dove, alto 30 metri (doppiato in originale da un Vin Diesel pre fama planetaria di Fast & Furious) ambientata in America nel 1957, in piena Guerra Fredda. Il tempo, in maniera sacrosanta, lo ha trasformato in un amatissimo cult tanto che Steven Spielberg lo ha celebrato nel suo Ready Player One in una scena molto toccante e citzionista.

3. A.I. - Intelligenza artificiale (2001, di Steven Spielberg)

A.I. Intelligenza artificiale: Jude Law e Haley Joel Osment in una scena
A.I. - Intelligenza artificiale

Un progetto iniziato e inseguito da Stanley Kubrick e portato poi a termine da Steven Spielberg meriterebbe già attenzione di per sé. Se normalmente basterebbe uno solo dei nomi citati qua a generare elevata curiosità, in un modo o nell'altro, sono presenti entrambi. Kubrick e Spielberg, due registi lontani anni luce per modo di fare e raccontare il cinema, che si sono sempre reciprocamente stimati. "Insieme" hanno dato forma a un lungometraggio che è un oggetto anomalo e affascinante, forse fra quelli più incompresi di sempre nel novero della filmografia del papà di E.T. nel suo essere, per certi versi, ibrido.

Questa versione aggiornata al futuro di Pinocchio in cui l'Haley Joel Osment del Sesto senso interpreta il "burattino meccanico" David in cui i mecha dimostrano di essere "più umani degli umani" per citare lo slogan della Tyrell corporation di Blade Runner, ci regala un passaggio, quello della fiera della carne, che è un tripudio d'inventiva robotica.

Corto circuito (1986, di John Badham)

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Numero 5 in Corto Circuito

Nel 1985 il mondo faceva la conoscenza con Astoria, una piccola cittadina nello stato americano dell'Oregon in cui un gruppo di ragazzini noti come I Goonies viveva l'avventura di una vita. L'anno successivo il pubblico di tutto il mondo sarebbe tornato da quelle parti con una buddy comedy robotica in cui la Ally Sheedy di Breakfast Club si ritrova ad essere al centro di una rocambolesca vicenda per via di Numero 5, un robot costruito dalla NOVA Robotics per l'esercito americano. Colpito dal fulmine di un temporale mentre era in carica, il buffo robot acquisisce vita propria (e un notevole quantitativo di curiosità per ciò che lo circonda), scappa dal laboratorio e finisce per imbattersi proprio nell'ecologa interpretata da Sheedy. Che com'è giusto che sia, d'altronde erano gli anni di E.T. ed Incontri ravvicinati, inizialmente lo scambia per un alieno! Qua siamo di diritto in zona classico.

Rocky IV (1985, di Sylvester Stallone)

I wanted a sports car, not no walking trash can! Questa l'esclamazione di Paulie nello scoprire il regalo, un robot, che i Balboa gli fanno in Rocky 4, la pellicola dello scontro fra l'Italian Stallion allenato a suon di corse nella neve e tronchi trascinati contro il robotico Ivan Drago e la sua algida preparazione comunista.

E sì, il quarto film dell'amatissima saga è sicuramente ricordato per momenti come "Ti spiezzo in due" o il traning montage alternato dei due pugili. Ma ci regala anche uno dei momenti più amabilmente trash grazie alla presenza di Sico il Robot, un robot che esisteva davvero in quegli anni come ausilio all'interazione di persone con autismo ed era anche un membro della Screen Actors Guild. Tanto che quando Sly ha deciso di toglierlo dalla recente riedizione della pellicola, il suo creatore, Robert Doornick, non l'ha presa benissimo. Non per ragioni ideologiche, ma pratiche: gli assegni dei residuali destinati a Sico non venivano di certo incassati dal robot.