Dopo essere stato membro della giuria lo scorso anno, Ferzan Ozpetek si mette stavolta in gioco in prima persona, portando in concorso alla Mostra del cinema di Venezia il suo primo film tratto da un romanzo, Un giorno perfetto di Melania G. Mazzucco, di cui firma la sceneggiatura insieme a Sandro Petraglia. Primo di una nutrita truppa italiana che si contenderà il Leone d'oro, il film è stato accolto stamattina, alla fine della proiezione riservata alla stampa, da un coro di fischi come non se ne sentivano da tempo in laguna, una reazione maleducata ed esagerata anche per un film irrimediabilmente brutto come quello di Ozpetek.
Un giorno perfetto racconta ventiquattro ore nella vita di due famiglie di diversa posizione sociale, vagamente collegate tra di loro, costrette ad affrontare tragedie personali più o meno grandi. Protagonisti principali sono Isabella Ferrari e Valerio Mastandrea, interpreti di una coppia di separati con i soliti due figli a carico la cui guerra personale determinerà la distruzione totale della famiglia, alla quale sopravviverà soltanto un briciolo di speranza necessario in una storia così cupa. Il film uscirà venerdì prossimo in 400 sale, distribuito da Fandango. E' probabile che quello di domani sarà "un giorno da dimenticare" per Ferzan Ozpetek, quando la reazione feroce dei critici in laguna troverà finalmente spazio nelle critiche che si preannunciano infuocate. Intanto, però, l'arrivo in conferenza stampa del cast del film è stato salutato da un caloroso applauso. Con Ozpetek, sono giunti al Lido Isabella Ferrari, Valerio Mastandrea, Monica Guerritore, Stefania Sandrelli, Nicole Grimaudo, Federico Costantini, il produttore Domenico Procacci e l'autrice del libro Melania G. Mazzucco.
Ferzan Ozpetek, nei suoi precedenti film parlava di emozioni e situazioni meno apocalittiche. Come ha vissuto il passaggio alla tragedia assoluta con Un giorno perfetto?
Ferzan Ozpetek: Mi attirava questa dimensione tragica. Quando Domenico Procacci mi ha chiesto di leggere la sceneggiatura di Un giorno perfetto, ero convinto non mi sarebbe piaciuta, perché sono abituato a dirigere storie che scrivo io. Invece, mi ha colpito molto e guardando nella mia libreria mi sono accorto di avere sullo scaffale due copie del libro della Mazzucco. L'ho letto, mi ha fatto paura e mi ha preso così tanto che non mi sono mai fermato a pensare se girare un film sarebbe stata la cosa giusta da fare. Mi sono semplicemente lasciato andare.
Come ha gestito la grande violenza che caratterizza la storia?
Ferzan Ozpetek: Rispetto al film, il romanzo è molto più violento in alcuni passaggi che ho preferito ammorbidire, perché altrimenti sarebbero diventati insopportabili da guardare. La violenza fa parte di quei personaggi e di quei luoghi. La scena del tentato stupro nel libro era ambientata in macchina, ma a me non piace girare in macchina e ho preferito fare uscire i personaggi fuori, ambientandola al Canneto, memore anche della lezione di grande autori come Visconti. Comunque, quando sei sul set e giri la scena neppure ti accorgi della violenza, io come gli attori. A un certo punto, ho chiesto a Mastandrea, in quella scena, di sputare in bocca a Isabella, ma immaginavo che lei non accettasse questa possibilità. Invece, quando le ho proposto la mia idea mi ha risposto "Geniale!".
Anche questo film, come tante sue opere precedenti, è ambientato a Roma. Come ha scelto i luoghi dove girare?
Ferzan Ozpetek: Nel romanzo originale si raccontano altri ambienti rispetto a quelli in cui si muovono i personaggi del film. Ho voluto inserire quei luoghi che mi sono cari, come il gasometro e i mercati generali, posti molto affascinanti che stanno vivendo un periodo di grande trasformazione. Mi hanno sorpreso anche i centri sociali in cui ho fatto i sopralluoghi, perché li ho trovati interessanti, ma anche ambienti molto difficili in cui vivere.
Come mai il personaggio del professore gay che c'è nel romanzo, nel suo film è diventato invece una donna?
Ferzan Ozpetek: Sarebbe stato ridicolo da parte mia censurare un personaggio gay per un motivo moralista. Semplicemente, mi sembrava più bello raccontare un rapporto tra due donne.
Melania Mazzucco, come ha vissuto questa trasformazione del suo romanzo in un film?
Melania Mazzucco: Non avrei mai voluto vedere il mio romanzo diventare un film, perché avevo paura lo stravolgessero. Il libro doveva diventare il film di Ferzan ed è giusto che sia stato adattato secondo le sue idee. C'è stato un rovesciamento di generi che ho trovato interessante, soprattutto considerando il fatto che è opera di uomini. Nel romanzo c'è trasversalità sia di genere che sociale, nel film ci sono molte più donne, che sono state scritte, dirette e prodotte da uomini.
Com'è stato per gli attori partecipare al film?
Valerio Mastandrea: Se avessi avuto figli non
so se avrei accettato di fare film. Prima e durante il film, Ferzan cercava quotidianamente di non giudicare il mio personaggio, io invece dovevo giudicarlo e condannarlo per via di un'etica e di comportamenti coi quali non ero d'accordo. A film finito ho capito che stiamo parlando della razza umana che è la cosa più difficile e affascinante da raccontare. In tutto il film c'è questa continua violenza sullo sfondo. Ho cercato di lavorare sull'incoscienza, non volevo essere risucchiato dalle dinamiche del personaggio perché altrimenti rischiavo di impazzire. Sono stato guidato benissimo da Ferzan e dagli altri attori, c'era grande rispetto e quando potevo cercavo di far ridere Isabella. Fare un film è una cosa seria, ma non così tanto, e a volte bisogna anche prendersi poco sul serio.Isabella Ferrari: Emma per me è stata un presentimento. Avevo letto il libro tempo prima e speravo che ne sarebbe stato tratto un film. Pensavo anche che mi sarebbe piaciuto interpretare il ruolo della protagonista, ma credevo fosse improbabile visto che sono fisicamente molto diversa da lei. Quando ho saputo che il film era in preparazione per la prima volta mi sono proposta per un ruolo. Ho mandato un messaggio a Ferzan in cui gli dicevo che avrebbe fatto un grande film e che mi candidavo per il ruolo di Emma, ma non ho ricevuto risposta. Quando mi è arrivata la sua telefonata l'unica cosa che mi ha chiesto è di non fare domande, di mettere da parte il lato intellettuale, perché il mio personaggio era soprattutto un corpo e uno sguardo.
Stefania Sandrelli: Io faccio cinema per passione e quando Ferzan mi ha offerto questo piccolo ruolo ho capito subito che poteva essere importante. Interpreto la madre di Emma, ed è molto interessante vedere come attraverso la figlia si capisce molto di quello che è stata sua madre. Mi sono innamorata di Ferzan e quando ho finito il film mi è mancato tanto, perciò spero che avremo ancora modo di lavorare insieme in futuro.
Monica Guerritore: Il mio ruolo è quello della professoressa della figlia di Emma. Quando incontra casualmente Emma per strada, le basta un solo sguardo per capire che questa si trova in una situazione drammatica e perciò decide di starle accanto, diventando un lago, uno specchio, in cui si riflettono i sentimenti di lei. Insomma, sono una sorta di spettatrice che accompagna questa donna lungo un intero giorno.
Nicole Grimaudo: E' stato emozionante correre il rischio di interpretare un personaggio distante anni luce da me. Mi sono innamorata di questa donna così poco coraggiosa che decide di restare intrappolata in una gabbia dorata, proprio io che nella vita privata odio le costrizioni. Ho apprezzato comunque la sua fragilità quando alla fine ha la possibilità di liberarsi dei suoi vincoli.
Federico Costantini: Ho affrontato questo personaggio come un esame, ma anche come una palestra. Di giorno in giorno ho imparato tante cose nuove: dopo cinque minuti sul set mi sono reso conto di non aver capito mai niente sul cinema, perché Ferzan aveva un modo di girare assolutamente diverso rispetto a quello con cui mi ero confrontato in precedenza, soprattutto rispetto alla tv che ha tempi diversi. Penso che Ferzan sia un genio.
Domenico Procacci, pensa che questo film possa avere una sua esportabilità all'estero?
Domenico Procacci: E' sempre difficile prevedere se un film avrà un'esposizione più o meno larga all'estero. Prima di Gomorra, il film da me prodotto meglio distribuito fuori dai nostri confini, è stato Respiro, che partiva come un film molto difficile. Oggi si cominciano a conoscere all'estero anche nuovi autori, nonostante l'eredità bella ma pesante dei grandi maestri del passato. Comunque, al festival il film verrà visto anche dai distributori esteri e vedremo se si muoverà qualcosa.