Fallout 2 è fra noi, ma prima del debutto di questa attesissima seconda stagione della serie Prime Video, abbiamo potuto parlare con parte degli interpreti e realizzatori. Dopo la chiacchierata fatta con Walton Goggins (il Ghoul) e Justin Theroux (Robert House), adesso tocca a quella con la co-showrunner Geneva Robertson-Dworet e il co-protagonista Aaron Moten, interprete di Maximus. Un'intervista che si è articolata in due fasi dato che abbiamo preso parte sia al junket tv che a una roundtable, nel quale siamo stati gli unici ad avere l'opportunità di fare due domande nei circa 15 minuti concessi alla stampa presente.
Le patch note della stagione 2 di Fallout
Con Walton Goggins e Justin Theroux ci siamo divertiti con una domanda che aveva a che fare con i loro glitch nella vita reale visto che alla base di Fallout c'è una IP videoludica. A Geneva Robertson-Dworet e Aaron Moten abbiamo invece chiesto di descrivere questo nuovo appuntamento con l'adattamento televisivo della saga Bethesda con delle patch note.
"Ah, con le patch note! Bella questa" esordisce Moten "La patch note sarebbe di certo 'un'espansione completa della prima stagione'. Finisco sempre per fare questa analogia, ma sai, la nostra prima stagione è stata davvero un buon inizio, pareva quasi una ouverture. La seconda va davvero a espandere certe dinamiche e situazioni in maniera più completa. Cosa che, naturalmente, continueremo a fare andando avanti". La showrunner si fa una risata per poi dire "Non mi sento di aggiungere nulla! Copierò quello che hai detto".
Scendendo nello specifico di ciò che accadrà ad Aaron Moten e al suo Maximus, l'attore ci spiega che la storia del suo personaggio "rispecchia perfettamente quello che i giovani vivono oggi a livello globale, ina situazione in cui non c'è la possibilità di crescere attraverso riti di passaggio. La cosa che mi ha fatto innamorare della storia di Maximus ideata da Geneva e Graham è che questa persona del tutto priva di superpoteri - a parte questa sua bontà intrinseca verso cui sembra sempre tendere e perseverare".
Fallout 2: la nostra intervista a Geneva Robertson-Dworet e Aaron Moten
Con la showrunner abbiamo invece voluto parlare della casualità di come due serie come Fallout e IT: Welcome to Derry si basino, in maniera chiaramente differente, sull'iconografia americana degli anni '50 e '60. Eravamo curiosi di conoscere il suo punto di vista sul perché, di tutto il secolo scorso, proprio quelle due decadi abbiano ancora oggi una così forte presa sulle persone.
"È una domanda molto bella. Credo che, da un lato, andrebbe fatta anche a Tim Cain e agli ideatori del gioco, perché quell'estetica abbia avuto una così forte presa su di loro. La mia ipotesi di giocatrice e fan è che quello è stato il culmine dell'ottimismo americano, di quella specie di arroganza, di pomposità che derivava dall'essere usciti vincitori dalla seconda guerra mondiale. L'estetica degli anni '50 che troviamo nel futuro alternativo di tutti questi giochi è presente nel mondo pre-bellico di Fallout perché rappresenta l'America un po' al culmine del proprio sentimento di grandezza. L'ironia del tutto è che porta anche alla sua autodistruzione. È una sorta di monito su come l'eccessiva sicurezza di un paese, un commento sull'arroganza. Per lo meno io l'ho sempre vista così".
Cosa differenzia Fallout da The Last of Us
La prima stagione di The Last of Us e la prima di Fallout sono arrivate a circa un anno di distanza e sono state entrambe acclamate da critica e pubblico. Le rispettive seconde stagioni sono separate da una manciata di mesi, ma questa volta The Last of Us, cercando di adattare in maniera più letterale il gioco, è riuscita decisamente meno bene.
Con Fallout 2 non pare esserci questo problema e, a Geneva Robertson-Dworet, abbiamo domandato se questo non sia un beneficio che nasce dal non dover adattare nulla di specifico. "Nel nostro team siamo tutti grandi fan di The Last of Us" ci svela la showrunner "ma parlando nei termini del nostro approccio creativo diciamo che ha molto a che fare con la natura stessa dei videogame sui quali stavamo e stiamo lavorando rispetto a quello che è avvenuto con la serie HBO. Quando giochi a Fallout, fai delle scelte diverse che creano storie sempre differenti. Ogni giocatore ha un'esperienza differente dall'altro.
Anzi: proprio non ci sarebbe stato modo di fare un adattamento letterale di un qualche Fallout proprio in virtù di ciò che ho appena detto. La maniera più adatta di approcciarsi a una serie di Fallout era quella di ideare una storia inedita tutta nostra che non avesse la pretesa di adattare un titolo specifico creando un adattamento che andava bene per un giocatore, ma non per tutti gli altri. Certo, abbiamo cercato di stare il più possibile attenti a onorare i vari finali canonici. Motivo per cui abbiamo intenzionalmente scelto di ambientare la nostra produzione dopo quella dei videogame. La storia della Zona contaminata non è stata scritta su carta e ti permette di sfruttare la cosa a tuo vantaggio. Anzi semmai ti consente di giocare su come semmai la storia sia stata scritta dalle varie fazioni esistenti. Ognuna di queste è convinta di aver vinto e c'è una visione estremamente soggettiva di come siano andate le cose".
La strada verso Oz
Dato che ultimamente Il mago di Oz è tornato di moda con i due Wicked, ci chiedevamo anche se le similitudini fra Fallout e l'opera di L. Frank Baum siano casuali o volute.
"È molto interessante perché la prima volta che siamo entrati nell'attico... sarò onesta, non è che io abbia pensato in maniera particolare al Mago di Oz, però entrando in quel set, vedendo quell'enorme faccia verde... è stato davvero come incontrare il Mago di Oz. Poi sai, Robert House è uno dei personaggi del gioco che preferisco ed è bellissimo poter avere a che fare con lui in questa stagione. È una figura molto rilevante anche se messa in riferimento al presente, ai veri tecnocrati di oggi. Sembra che lui voglia proteggere il mondo ma sta anche facendo cose che potrebbero contribuire alla sua distruzione. Immagino che si possa dire che è quello che sta accadendo anche nel mondo vero, quantomeno in termini ipotetici. Lui è ossessionato col futuro e ha questo mainframe che utilizza per elaborare quest'algoritmo predittivo... cerca continuamente di prevedere il futuro, per lui è un'autentica ossessione. Sarà interessante vedere ed esplorare le ripercussioni di questa sua fissazione".