Pizzetto incolto, sguardo dolce e cadenti orecchie a punta. Molti lo hanno scoperto così, e lo ricordano con le curiose fattezze del gentile fauno che dava il benvenuto alla piccola protagonista de Le cronache di Narnia: il Leone, la Strega e l'Armadio. Da quel timido e rispettoso Mr. Tumnus di tempo ne è passato eccome. Un tempo che James McAvoy ha sfruttato come si deve, facendo della molteplicità un marchio di fabbrica. Basta dare un rapido sguardo alla sua filmografia per notare il dramma in costume al fianco di storie drammatiche, romantiche, d'azione e persino steampunk. E anche dentro film tutt'altro che eccellenti, McAvoy ha sempre carpito lo sguardo del pubblico, con un magnetismo e un carisma fuori dal comune.
La varietà come obiettivo e il talento come guida, almeno sino a quando M. Night Shyamalan intravede in lui le potenzialità per accogliere una folle sfida: un personaggio mellifluo, sfuggente, dannatamente instabile, ispirato dalla vera storia di un criminale americano (Billy Milligan). Con Split McAvoy fa della varietà e del talento una necessità, perché vestire i molteplici panni di Kevin è stata una prova d'attore estrema: impersonare un uomo affetto da un disturbo dissociativo dell'identità, un uomo frammentato in 23 personalità distinte, ognuna con un proprio modo di esprimersi, vestire, camminare, gesticolare. Il tutto senza mai sfiorare il grottesco o l'inverosimile.
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Come uno specchio rotto
Dopo pellicole a dir poco claudicanti, Shyamalan sembra aver recuperato il suo stile migliore, fatto di spazi ristretti, atmosfere impregnate di tensione e personaggi indecifrabili. Eppure, nonostante la conferma dell'enigmatica Anya Taylor-Joy, mai come in questo caso ha deciso di affidare un film intero sulle spalle di un solo attore. McAvoy questa sfida la accoglie e la vince; lo fa lavorando sul copione assieme al regista, confrontandosi con il costumista, entrando in maniera fluida in tanti aspetti di Split. Un film che ha messo il buon James davanti ad una curiosa legge del contrappasso: se con Charles Xavier, senza dubbio il suo ruolo più noto al grande pubblico, McAvoy ha dovuto mettere in scena una menomazione fisica di un uomo dall'enorme potere mentale, in Split accade l'esatto contrario. Ogni declinazione cerebrale di Kevin, infatti, si specchia in una precisa dimensione corporea, ogni sinapsi risponde a smorfie, posture, gesti. Sfumature che James McAvoy riesce persino a farci vedere. Una per una, sino ad arrivare a ventiquattro.