Exploitation da schiaffi
Tre ragazze nel bel mezzo del deserto, in fuga. Un delinquente legato e chiuso nel portabagagli. Un tesoro in diamanti di cui non si conosce l'esatta locazione. L'ombra di una figura di gangster terribile e mitica, capace di sgominare da sola un intero esercito. E poi botte, botti, battaglie con l'acqua a evidenziare le procaci forme delle protagoniste, giapponesi psicopatiche e sadomaso con yo-yo letali che sembrano la versione splatter di quello de Il fantastico mondo di Paul, catfighting a go-go con tanto di miagolii in sottofondo, flashback kitsch e pieni zeppi di green screen a cercare di dare una struttura narrativa interessante al tutto, con i personaggi che cambiano volto, scopo e alleanze più volte.
C'è l'effetto-Grindhouse innescato da Quentin Tarantino e Robert Rodriguez qualche anno fa, il recupero dell'exploitation e dei b-movie anni '70, il culto per un regista come Russ Meyer e per le sue superdotate, insieme a un modo di fare cinema "basso" e di genere che pareva ormai sparito: tutto ciò, e non è poco, sta dietro a questo Bitch Slap - Le superdotate, film datato 2009 e arrivato sui nostri schermi con due anni di ritardo, a tappare i buchi, come spesso accade, della languente programmazione estiva.
L'onda lunga dell'operazione (non semplicemente nostalgica) che fu portata avanti da Tarantino e Rodriguez continua quindi a far sentire i suoi effetti sul cinema americano, anche in prodotti come questo che si rivelano meno teorici, e più sanamente fracassoni, rispetto all'esperimento dei due registi citati. Gli elementi di questo divertissment di Rick Jacobson (già regista di b-movie negli anni '90, in seguito approdato in televisione con la regia di alcuni episodi di serie come Xena Principessa guerriera e Spartacus: sangue e sabbia) sono sostanzialmente quelli che abbiamo elencato in apertura, e riassumono con buona approssimazione l'essenza del film. Jacobson non ci tiene troppo a prendersi sul serio, e inanella una serie di citazioni che spaziano dai film del già citato Meyer, con riferimento particolare a cult come Faster, Pussycat! Kill! Kill!, alla sexploitation e ai prison movie in voga qualche decennio fa, per arrivare persino a un classico più recente come I soliti sospetti e all'impasto pulp e ammiccante di un regista come Zack Snyder (Sucker Punch sarebbe arrivato due anni dopo, ma al di là della dimensione produttiva si notano diversi elementi in comune tra le due pellicole). Un gusto citazionista che certo non presenta la consapevolezza, e la capacità di proiezione nel cinema attuale, dei film di Tarantino, e neanche l'aderenza filologica ai prototipi originali che troviamo nel cinema, più recente, di Rodriguez. La sceneggiatura cerca di dare al film una struttura narrativa originale scegliendo la strada del racconto non consequenziale, con continui salti indietro nel tempo a ricostruire le origini, e a prefigurare l'evoluzione, della vicenda: paradossalmente, però, l'espediente sembra qui piuttosto gratuito, quasi un tentativo di conferire al film uno spessore autoriale che le sue immagini e la sua stessa estetica, fin dall'inizio, negano. L'uso insistito del flashback non trova una giustificazione nella narrazione di una vicenda in sé abbastanza semplice, e anche le varie evoluzioni dei personaggi (tutti sopra le righe e volutamente caricaturali) si rivelano in fondo piuttosto prevedibili, twist finale compreso. Una scelta narrativa che stride un po' con il carattere artigianale e sanamente grezzo dell'intera operazione, così come l'uso di un digitale che spesso dà al tutto un'aura kitsch che, probabilmente, non sempre era voluta. Resta il fatto che Jacobson regala agli spettatori ottime dosi degli elementi che caratterizzano il genere, con una profusione di dialoghi turpiloquianti e trash, di azione fracassona e spesso sfociante nello splatter, di canzoni hard rock ad accompagnare scazzottate, mitragliate e colpi di katana, tali da non deludere lo spettatore che entra in sala aspettandosi questa miscela. I limiti di Bitch Slap - Le superdotate stanno semmai, da una parte, nella natura dell'operazione (inevitabilmente nostalgica e un po' fine a se stessa), dall'altra nell'aver voluto inserire nel film elementi poco in linea con i suoi obiettivi e col pubblico a cui si rivolge, finendo per annacquarne un po' l'impronta simpaticamente trash. Ma, in fondo, quando si è presi dal vortice degli eccessi e delle divertenti trovate del film, si finisce per sorridere e per non accorgersene più di tanto.
Movieplayer.it
3.0/5