"Faraonico" è sicuramente il termine più adatto per descrivere Exodus: Dei e Re, il nuovo film di Ridley Scott in uscita nelle sale americane il 12 Dicembre (il 15 Gennaio 2015 in Italia). Per lo meno questa è l'impressione dopo aver assistito alla succulenta anteprima organizzata a Roma dalla 20th Century Fox, dove sono stati mostrati 40 minuti suddivisi in varie clip, ognuna delle quali introdotta dallo stesso regista. Faraonico evidentemente non solo per l'ambientazione, visto che film racconta l'Esodo biblico degli Ebrei in fuga dall'Egitto: ma anche per il budget e lo sforzo produttivo da kolossal messi in campo, immediatamente evidenti già da questo primo assaggio, nonostante il regista si preoccupi di ripetere prima di ogni clip che le scene sono ancora da finalizzare poiché il film è ancora in fase di postproduzione.
Dall'Impero romano all'antico Egitto
Battaglie dal sapore epico, scenografie e costumi sontuosi, deserti con guerrieri al galoppo, migliaia di comparse da moltiplicare con il crowd replication per dar vita alle folle oceaniche di schiavi impegnati nella costruzione di sfingi e piramidi: e poi le piaghe d'Egitto, tra invasioni di insetti, raccolti distrutti, morie di pesci e acque che si colorano di sangue. E ovviamente il Mar Rosso, che grazie al digitale si apre per lasciar passare Mosé e il suo popolo, pronto a richiudersi su Rhamses e l'esercito egiziano che li insegue. Storia al riparo da qualsiasi spoiler evidentemente, visto il bestseller da cui è tratta, già ripresa in versione cartoon nel 1998 dalla Dreamworks con Il principe d'Egitto. Kolossal biblico dunque, in epoca di computer graphics e di 3D, un genere che Scott spera di rilanciare così come fece all'epoca con Il gladiatore per il peplum: accostamento inevitabile, visto il dichiarato intento del regista di riportare in vita l'Egitto e la sua antica civiltà, così come aveva fatto con Roma e il suo Impero. Per l'opulenza visiva di Scott è chiaro che l'Egitto e la sua magnificenza rappresentano un immaginario eccezionale da esplorare e far rivivere, così come lo erano Roma e l'Impero con i suoi fasti.
Il lato oscuro del profeta
L'idea è probabilmente quella di dare un taglio più attuale ed avventuroso ad una storia classica, introducendo elementi di modernità riconoscibili soprattutto nei personaggi e nelle loro dinamiche. E da queste poche scene infatti, salta subito all'occhio in particolare il diverso approccio al personaggio di Mosé, interpretato da Christian Bale, che ha un piglio decisamente più bellicoso che lo fa somigliare di più al guerriero Decimo Massimo Meridio di Russell Crowe, piuttosto che all'iconica figura del profeta di Charlton Heston ne I dieci comandamenti. Mosè in versione più action dunque, condottiero eroico e battagliero, ma anche più oscuro e tormentato, riluttante e in pieno conflitto interiore rispetto alla scoperta delle sue vere origini e della profezia che lo lega alla chiamata da parte di Dio.
Un personaggio evidentemente molto nelle corde dell'attore gallese, che dopo essere stato Batman per Christopher Nolan, di azione e crisi d'identità se ne intende parecchio. Anche il rapporto con il fratellastro, il faraone Rhamses, erede al trono d'Egitto, interpretato dall'australiano Joel Edgerton, sembra assumere una connotazione diversa dai toni più aspri: già dalle prima scene, quando i due combattono ancora fianco a fianco, gli sguardi che si rivolgono lasciano presagire inquietudini profonde e sono presagio di un conflitto imminente. Quando Mosè, dopo aver accettato e confessato a Rhamses in una scena molto tesa la verità sulle sue origini, viene bandito dal regno per iniziare la sua nuova vita lontano dal regno, più che incredulità sembra esserci già ira e risentimento reciproco tra i due fratelli: e quando il primo ritorna nella città devastata dalle piaghe per riprendersi il suo popolo, il suo atteggiamento nei confronti del faraone non è quello di chi implora, ma ha i toni minacciosi di una sfida e un monito di morte.
Cast faraonico
I due protagonisti sono circondati da un cast stellare, tanto imponente quanto lo richiedono le dimensioni del film. Nelle varie scene si riconoscono tra gli altri John Turturro nei panni del faraone Seti che dona ai due fratelli due spade ognuna recante il nome dell'altro, come monito affinché non dimentichino mai il loro legame; e ancora Sigourney Weaver nei panni della regina Tuya, madre di Rhamses, l'attrice iraeliana Hiam Abbass, María Valverde e un irriconoscibile ed emaciato Aaron Paul nel ruolo di Giosué. Ben Kingsley interpreta Nun, capo della tribù degli israeliti, che rivela ad un riluttante Mosè la verità sulle sue origini e soprattutto sul suo destino legato alla chiamata da parte di Dio.
Cosa aspettarsi?
Le scene viste in anteprima lasciano pochi dubbi insomma sulla spettacolarità e sulla portata dell'impatto visivo di Exodus e sul taglio epico e avventuroso che il regista ha voluto dare al film: resta da verificare evidentemente l'aspetto drammaturgico, nella speranza di non cadere nella trappola della retorica oltre a non cedere alla tentazione di certe patinature alle quali Ridley Scott sembra essere ogni tanto avvezzo. Il rischio maggiore visto il tema trattato è di incartarsi in uno script troppo didascalico fatto di dialoghi liofilizzati, oltre che in un estetica rivolta al bello ad ogni costo: tutto talmente perfetto insomma da risultare poco credibile, tra barbe rasate, volti abbronzati e capelli sempre a posto anche in battaglia, con l'eccezione naturalmente del faraone Rhamses, la cui pelata e gli occhi bistrati sono giustificate dai dettami dell'epoca. Ci lasciano con gli egiziani che si gettano all'inseguimento tra le acque aperte del Mar Rosso, lampi e tuoni in lontananza annunciano la catastrofe imminente. Stop sul più bello. Luci in sala. Arrivederci al 15 gennaio. Un cliffhanger in piena regola; un minutino in più potevano anche concedercelo, tanto il rischio di rovinare il finale stavolta davvero non si corre...