Da Trainspotting a Star Wars, da Moulin Rouge a Young Adam, passando ancora per L'uomo nell'ombra e il recentissimo Il traditore tipo, lo scozzese Ewan McGregor è un volto ricorrente e prezioso nel cinema di lingua inglese degli ultimi vent'anni. Ha lavorato con registi del calibro di Danny Boyle, Tim Burton, Baz Luhrmann, George Lucas e Woody Allen, recitando in ruoli che vanno dal drammatico al comico passando per il grottesco. Quest'anno ha fatto il salto di qualità debuttando nella regia con American Pastoral, adattamento atteso a lungo - Jennifer Connelly, che interpreta la protagonista femminile, era stata contattata per una precedente versione cinematografica dieci anni fa - del celebre romanzo di Philip Roth. Dopo la prima mondiale al Festival di Toronto e l'anteprima europea a San Sebastián, l'attore-regista ha fatto tappa al Festival di Zurigo per promuovere il film (la prossima settimana sarà a Roma), e per l'occasione ha conversato con il pubblico grazie all'iniziativa ZFF Masters.
Un progetto complicato
La prima domanda, inevitabile, riguarda il motivo per cui abbia scelto un testo tutt'altro che facile per esordire dietro la macchina da presa. "Dovevo farlo come attore, ero sotto contratto da circa quattro anni. Sono quasi vent'anni che volevo fare il regista, ma solo a patto che ci fosse una storia che volevo veramente raccontare. Questo progetto ha rischiato di naufragare per l'ennesima volta, e avevo talmente tanta voglia di interpretare Swede che mi sono offerto per firmare la regia." Gli viene quindi chiesto se, una volta ingaggiato come regista, abbia preso in considerazione di affidare il ruolo principale a qualcun altro. "Non avevo nessuna intenzione di sostituire me stesso come interprete, e non ho mai pensato alla dualità attore-regista come due lavori diversi."
Si passa quindi al suo rapporto con la prosa di Roth, notoriamente difficile da portare sullo schermo. "Mi sono innamorato della sceneggiatura prima di leggere il romanzo, poi mi sono immerso nel mondo di Philip Roth. Ho ascoltato ripetutamente una versione audio narrata da Ron Silver. Non è possibile portare sullo schermo tutte le sfumature del libro, e secondo me la sceneggiatura rispetta il cuore dell'opera di Roth."
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Metodi di regia
L'attore sorride quando gli viene chiesto cosa ha imparato dai diversi registi dai quali è stato diretto. "Come attore ho il privilegio di lavorare con molti registi, e ho imparato sia da quelli con cui ho avuto un buon rapporto professionale che da quelli che hanno metodi meno efficaci. Non c'è un "modo giusto" per fare il regista, nel mio caso ho voluto dirigere il film in un modo che mi darebbe soddisfazione anche solo come interprete. Ho un buon rapporto con gli attori, dato il mio background, ma anche la collaborazione con i tecnici ha dato buoni risultati. Ovviamente, in quanto regista esordiente, si sente la pressione dei produttori per quanto concerne la durata delle riprese e il budget, ma lo stress può colpire anche i veterani. Per fare un esempio, Roman Polanski solitamente fa così (mette la testa tra le mani, n.d.r.) quando gli viene fatta una domanda sul set, che sia da parte di un attore o del direttore della fotografia."
Il progetto è stato impegnativo e complicato, ma McGregor si ritiene soddisfatto del risultato finale. "Sono fiero di molte cose relative al film. A livello estetico volevo che l'epoca rappresentata fosse verosimile, ma non ostentata. Ho avuto un ottimo rapporto con il mio direttore della fotografia, e mi è capitato di vedere altri registi esordienti che non vanno d'accordo con il direttore della fotografia, il che può rendere l'atmosfera sul set molto tesa. Sono molto soddisfatto del cast: Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David Strathairn, Uzo Aduba, Peter Riegert che è stato un mio eroe personale sin da quando ha recitato con mio zio - l'attore Denis Lawson, n.d.r. - Mi piace molto che in questa industria molto maschile ci sia un film come questo, con sei ruoli femminili importantissimi."
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Prima delle riprese, svela il neo-regista, ha chiesto consigli ad una persona in particolare. "Mia moglie. Due giorni prima che arrivassero gli attori ho cominciato a mettere in dubbio le mie capacità, e lei mi ha rassicurato. Ho parlato anche con alcuni registi con i quali ho lavorato, ma in realtà tutti mi hanno dato dei consigli, anche il mio giardiniere. Mi fu suggerito di pianificare ogni scena nei minimi dettagli prima dell'arrivo degli attori sul set, ma io ho preferito non farlo perché essendo io stesso un attore mi piace avere molta libertà quando mi preparo con il regista. Danny Boyle lavora in questo modo, e ho usato un approccio simile: i movimenti di macchina erano pianificati in anticipo, ma con gli attori abbiamo fatto prove in assoluta libertà per decidere come fare del nostro meglio a livello di interpretazioni."
L'industria che cambia
Accantonato l'argomento specifico del film, si passa alle trasformazioni di un sistema lavorativo che lui conosce bene da oltre vent'anni. "Il cambiamento più notevole è che non si gira quasi più con la pellicola. Con il digitale è cambiato il ritmo delle riprese, non c'è più il limite legato alla quantità di pellicola disponibile per una singola scena. Per me l'esperienza rimane la stessa, o almeno mi avvicino all'esperienza con la stessa mentalità di quando ho iniziato a recitare, anche perché la responsabilità in quanto attore non cambia con l'età." L'unica lamentela parziale riguarda un certo modo di fare cinema: "Io tendevo a privilegiare drammi umani dal budget medio, ed è quel tipo di film che sta un po' sparendo, oggi quelle storie si raccontano soprattutto in televisione." Guarda caso, il prossimo anno lo vedremo proprio sul piccolo schermo, nella terza stagione di Fargo.
Per quanto concerne la sua filmografia in generale, McGregor è visibilmente contento quando uno spettatore gli fa una domanda su Sogni e delitti, film di Woody Allen che non ha avuto un grande successo né a livello di critica né in sala. "Mi piace molto Sogni e delitti, ma sono in pochi a pensarla come me. Ho visto un documentario su Woody Allen, era su HBO o Netflix, e quel film non viene proprio menzionato! Forse verrà riscoperto, chissà."
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Infine, la classica domanda: che consiglio darebbe a un attore o un'attrice che sta iniziando la propria carriera? "Per citare Mick Jagger, non andare a letto col produttore (ride, n.d.r.). Battute a parte, ripensando alla mia prima esperienza, nella miniserie televisiva Lipstick on Your Collar, direi che l'importante è rassicurare i giovani quando hanno dei dubbi. Nel mio caso, fecero numerosi ciak di una scena e cominciai a pensare che fosse dovuto alla mia performance. Un mio amico mi tranquillizzò: "Non è colpa tua, è una sequenza complicata dal punto di vista tecnico."