È andato tutto bene, la recensione: il lungo addio è un affare di famiglia

La recensione di Everything Went Fine: il prolifico François Ozon torna in concorso a Cannes 2021 con un dramma familiare schietto e riuscito, capace di riflettere sull'eutanasia con grande tatto.

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É andato tutto bene: una scena del film

Da settembre ad aprile. In mezzo un autunno di dilemmi, un inverno di ricordi dolorosi e una primavera che non riesce proprio a fare rima con rinascita. Apriamo la nostra recensione di È andato tutto bene rievocando la percezione del tempo che attraversa ogni singolo minuto del nuovo film di François Ozon. In concorso a Cannes 2021, il prolifico regista francese si lascia alle spalle la nostalgia degli anni Ottanta per tuffarsi nella Parigi di oggi, nel cuore di una famiglia disgregata che si riunirà grazie al dolore. A smuovere i personaggi di È andato tutto bene (titolo agrodolce come il film stesso) è infatti un malore improvviso. L'ictus di un anziano padre di famiglia dà il via a un inarrestabile effetto domino che travolgerà figlie, mogli, amanti e parenti prima lontani. Ozon va così alla ricerca del collante che tiene ancora in piedi una famiglia. E fa riflettere notare come, per una volta, questa forza adesiva sia una forma d'amore contaminata. Dentro ci sono vecchi rancori, cose non dette, rapporti irrisolti. Tutte cose che vengono a galla quando la vita chiede il conto e la morte bussa alla porta. Tutte cose raccontate con semplicità da un Ozon misurato, capace di dipingere un dramma familiare schietto e autentico.

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É andato tutto bene: una scena del film

Anche il grigio è un colore

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É andato tutto bene : una scena del film

La piccola Emmanuelle è seduta nella bottega di sua madre, una scultrice. La donna sta realizzando un'opera plasmando materia grigia. A quel punto sua figlia le chiede come mai ami lavorare senza usare colori, e la mamma le risponde: "Anche il grigio è un colore". Rievochiamo uno dei pochi (ma significativi) flashback di È andato tutto bene perché questa frase ne incarna lo spirito, ne racchiude la morale. Perché per Ozon il dolore assomiglia a un tappo che vola via all'improvviso e fa sgorgare tutto il bello e il brutto che una famiglia si è portata dietro (e dentro per tutta la vita). Zone grigie in cui Emmanuelle troverà l'habitat ideale per riavvicinarsi a suo padre, con cui ha sempre avuto un rapporto conflittuale. La malattia invalidante del vecchio Andrè è una prova da superare per tutti, soprattutto quando l'uomo chiede a sua figlia di aiutarlo a farla finita. Un fardello pesante anche per una figlia con il cuore ferito. Nonostante la vocazione corale, che coinvolge tutta la famiglia, Everything went fine mette subito le cose in chiaro: il dilemma logorante al centro del film è un fatto tra padre e figlia. Emmanuelle e Andrè sono chiamati a guardarsi in faccia per davvero, senza filtri, senza ruggini, con l'urgenza del tempo che appiana ogni risentimento. Un percorso emotivo che Ozon mette in scena con pazienza e grande sincerità, stando vicino ai personaggi in momenti delicati eppure trattati con il giusto tatto. Senza mai essere ricattatorio, Everything went fine ha un tratto morbido, come quello di una matita che disegna persone senza mai sottolineare troppo il male che sono costrette a gestire.

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L'epifania della morte

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É andato tutto bene: una scena del film

Questo perché Ozon decide di fare una cosa semplice ma non facile: fare appello all'ironia per sdrammatizzare un tema complesso come quello dell'eutanasia. Al di là di qualche passaggio leggermente più brusco e grezzo (nei momenti iniziali), col tempo il film gestisce sempre meglio questa alternanza tra dramma e sprazzi di commedia, con un André Dussollier eccezionale nell'incarnare un anziano voglioso di morte eppure ancora capace di sarcasmo e autoironia. Al suo fianco spicca una Sophie Marceau matura, posata, abilissima nel nascondere al pubblico la sua sfera emotiva per poi lasciarci spiare dentro il suo personaggio con parsimonia. Impossibile peccare di voyerismo in Everything went fine, perché Ozon ci tiene alla larga da qualsiasi forma di morbosità. Il regista protegge i suoi personaggi, li mette a nudo poco per volta, solo quando serve. Questo perché il film ha il grande pregio di normalizzare un evento sconvolgente senza mai banalizzarlo. Merito di una scrittura asciutta, di una regia al servizio del racconto (che si concede solo qualche sprazzo d'inventiva) e soprattutto di un cast perfetto nel dare forma a questa vera e proprio epifania della morte. Un limbo sospeso tra l'inizio e la fine in cui, all'improvviso, padri e figlie ritrovano il senso di quello che sono stati e di quello che hanno vissuto. Consapevoli dei proprio errori e pronti a sorridere con le lacrime agli occhi dell'assurdità della vita.

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Conclusioni

Nella nostra recensione di Everything went fine abbiamo apprezzato il tatto con cui François Ozon è riuscito a raccontare un tema ostico come l'eutanasia. Senza mai sembrare morboso e ricattatorio, questo dramma familiare è uno spaccato di vita autentico, con il grande merito di fare appello all'ironia per gestire i dolori e i dilemmi della vita.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • La capacità di raccontare l'eutanasia senza retorica.
  • Le prova attoriali di André Dussollier e Sophie Marceau sono di grandissimo spessore.
  • Una scrittura misurata e una regia semplice rendono il film autentico.
  • La convivenza tra dramma e ironia è efficace...

Cosa non va

  • ...anche se all'inizio del film stenta a trovare la giusta sintonia tra i due toni.